Dopo la fine del lockdown ancora in molti a lavorano da remoto. A fine giugno, dicono i dati Istat, il 5,3% della forza lavoro era in smart working e lo sarà almeno fino alla conclusione dell’estate. Ma, per chi è già rientrato in ufficio il tema della sicurezza è prioritario. La salute passa anche dal ripensamento degli spazi adibiti al ristoro, dove l’uso della mascherina è inevitabilmente limitato. Così le aziende si stanno attrezzando.
Cos’è la mensa “diffusa”
Grazie alle nuove tecnologie si ordina il pranzo via app e ci si alza dalla scrivania solo per ritirarlo. Sono molte le startup nate per assicurare questo servizio. Come Foorban, leader nel campo della ristorazione aziendale con clienti come Enel e Bending Spoons: le sue office canteen sono spazi sprovvisti di cucina ma attrezzati con frigoriferi pick-up dove si recupera quanto prenotato online. «Un’opzione valida che potrebbe essere replicata in molte aziende. L’importante, però, è che il pasto sia confezionato al momento e preveda piatti a base di ingredienti freschi, semplici e naturali, che assicurino tutti i nutrienti indispensabili. No ai cibi precotti, surgelati o pieni di conservanti modello lunch box dell’aereo», commenta la dottoressa Cinzia Longobucco, biologa nutrizionista a Bari.
Convenzioni con i ristoranti della zona
L’alternativa sono le convezioni con i ristoranti di quartiere. La startup PerPranzo, per esempio, ha messo a punto una piattaforma utilizzata da diverse aziende come Hike Up Consulting e Forfirm. Tutto accade via app: il dipendente prenota, mangia e, poi, la piattaforma salda il conto utilizzando il credito aziendale, un po’ come si faceva con i vecchi buoni pasto. Nessun ricorso al contante o a ticket cartacei, potenziali veicoli di contagio. «Questa soluzione, oltre che sicura, perché i ristoranti si sono già da tempo adeguati alle nuove normative previste per il Covid, può anche essere molto sana: l’importante è che, nell’ambito dei locali convenzionati, si opti per quelli più attenti alla qualità del cibo, con menù che prevedano piatti genuini, ricette della tradizione e un’ampia offerta di verdure fresche» raccomanda l’esperta.
Nelle mense tradizionali distanziamento e niente self-service
Le aziende che, invece, continuano ad affidarsi alla mensa tradizionale hanno lavorato su distanziamento e igiene dei pasti. Cirfood, cooperativa attiva nella ristorazione aziendale con clienti come Assicurazioni Generali, per esempio, ha riorganizzato le proprie mense segnando sul pavimento le postazioni individuali e i percorsi di entrata e uscita. I tavoli sono stati distanziati e le sedute ridotte. Alcune grandi aziende come la Rai, hanno optato per barriere in plexiglass fra un commensale e l’altro. La Banca d’Italia ha ridotto il numero dei posti per distanziare gli avventori, la Ducati ha cambiato il layout della sala con sedute sfalsate e ha aumentato i turni. «Per garantire piena sicurezza, poi, è obbligatorio igienizzarsi le mani all’ingresso con le apposite soluzioni alcoliche. Infine molte mense hanno eliminato la modalità self-service: i vassoi vengono consegnati personalmente da un addetto, insieme alle posate, generalmente usa e getta o preconfezionate. I dispenser dei condimenti sono stati sostituiti da confezioni monodose e sono sparite le isole a buffet: niente più insalate o macedonie da comporre in autonomia perché solo il personale della cucina può entrare in contatto con il cibo» conclude la dottoressa Longobucco.