in principio fu il mito. Quel giovane bellissimo che si innamorò del proprio viso riflesso dalla superficie di un lago e morì cadendo nell’acqua. Com’è andata a finire tutti più o meno lo ricordiamo, è come è iniziata che spesso dimentichiamo: Narciso rifiutò sprezzante l’amore di Eco e per questo fu punito dalla dea Nemesi. Ed è da qui che conviene partire per comprendere quel narcisismo che sempre più abita le nostre conversazioni e le nostre relazioni, tanto da essere diventato una metafora della contemporaneità. O, quantomeno, una chiave di lettura.

Non narcisismo, ma narcisismi

Non vanità o superficialità, con cui spesso lo confondiamo. Né egocentrismo o arroganza, a cui altrettanto spesso lo associamo. «Finché cercheremo di rinchiudere il narcisismo nella gabbia di una sola definizione, non riusciremo a comprenderlo» mette in guardia Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicanalista, che, dopo averlo analizzato nel saggio Arcipelago N. Variazioni sul narcisismo (Einaudi), lo esplora al FestivalFilosofia di Modena (vedi box) durante la lezione in piazza intitolata L’arcipelago del narcisismo. Sano, fragile, arrogante, maligno.

Perché parla di arcipelago del narcisismo?

«Perché narcisismo è una parola che contiene molti mondi. Appartiene al mito, alla psicoanalisi e alla psichiatria, alla cultura sociale. E anche al linguaggio quotidiano. Una parola così ampia può essere affrontata solo costruendo itinerari a partire dalle sue diverse manifestazioni. Dunque il narcisismo, anzi i narcisismi vanno studiati come un arcipelago. Al centro c’è il cosiddetto narcisismo “sano”, comunque non esente da complessità. Tutt’attorno si dispongono le configurazioni del narcisismo “patologico”, come quelle che elenco nel sottotitolo del mio intervento».

Narcisismo sano e narcisismo malato

Esiste il narcisismo “sano”?

«Sì. Lo descriverei come una consapevolezza, capace di autocritica, del proprio valore; un amor proprio che ci sostiene senza spingerci a rivalità o invidia; la capacità di gioire delle nostre fortune ma anche di quelle degli altri; il saper dare importanza allo sguardo altrui senza dipenderne sempre. È il saper provare gratitudine, capacità che al narcisista più problematico manca».

Invece quando il narcisismo è “patologico”?

«Le due forme cliniche più rilevanti sono quelle che, usando una vecchia distinzione psicoanalitica, chiamerei “a pelle spessa” e “a pelle sottile”. Volendo semplificare molto: complesso di superiorità nel primo caso, complesso di inferiorità nel secondo. Anche se, con pesi diversi, le due dinamiche finiscono per intrecciarsi nella stessa persona. Il narcisista “grandioso” ha un’immagine troppo positiva di sé, che si accompagna ad atteggiamenti svalutanti, mancanza di empatia, tendenza alla manipolazione. Nella forma che definiamo maligna questi tratti possono impennarsi fino a forme psicopatiche. Invece il narcisista “fragile” ha un’immagine negativa di sé, con sentimenti di indegnità e impotenza: è silenzioso, vulnerabile alla critica, pieno di vergogna e di un’invidia spesso distruttiva, quella che desidera il fallimento degli altri».

Lo specchio della società

Narciso nasce nel mito, ma nel suo libro lei lo incontra anche nella letteratura e nel cinema. «Navigare nell’arcipelago del narcisismo significa fare scalo in tante isole. Oltre alle storie di persone vere, il mio viaggio si è alimentato di molti atlanti: il mito, la letteratura, il cinema. Ho cercato di trovare un film per ogni tipologia: il narcisismo fragile di I sogni segreti di Walter Mitty, diretto e interpretato da Ben Stiller; il narcisismo grandioso di Charles Foster Kane, protagonista di Quarto potere di Orson Welles. Se poi ricorda l’efferatezza con cui Catherine Deneuve persegue i suoi piani in La mia droga si chiama Julie di François Truffaut, sarà più facile mettere a fuoco cosa si intende per narcisista maligno. Mi conceda un ultimo esempio dalla letteratura: un breve scritto di Elsa Morante apparso sulla rivista Il Mondo nel 1950. Il titolo? I tre Narcisi, che l’autrice, dando prova del potere diagnostico della letteratura, distingue in Narciso felice, Narciso furioso, Narciso infelice».

Cosa l’ha spinta ad approfondire questo tema?

«Le ragioni sono molte. Prima di tutto, il mio lavoro di psicoanalista: i temi narcisistici riguardano tutti noi. Ho detto temi narcisistici, non disturbi, che sono la versione clinica e grave. Inoltre mi sembra che narcisismo sia una parola che rispecchia buona parte della vita contemporanea. In modo molto sintetico, ricondurrei il narcisismo sociale dentro cui galleggiamo a tre dinamiche principali: paura delle relazioni, che si manifesta nella mancanza di riconoscimento reciproco, nei conflitti tra autonomia e dipendenza, nell’esasperazione delle relazioni virtuali; banalizzazione della politica, attraverso il presenzialismo e manipolazione dell’elettorato; mistificazione del corpo, con la negazione della fragilità e dell’invecchiamento. Non che sia un male coltivare l’autostima e concentrarsi su di sé. Lo spartiacque è se questa ricerca viene fatta con gli altri o a loro discapito. Infine spesso mi capita di vedere persone, più spesso donne, prigioniere di relazioni con un partner narcisista».

Quando il partner è un narcisista

Si tende a collegare il narcisismo soprattutto ai rapporti di coppia. Abita tutte le relazioni? «Sicuramente sì. Sono proprio le dimensioni relazionali a darci i “segnali”, nell’amicizia come nel lavoro. Segnali che riguardano l’autenticità dell’altro, la sua capacità di ascolto oppure il bisogno seduttivo di colpirci o usarci. Venendo alla coppia, purtroppo molti casi di violenza presentano temi comuni: la relazione come luogo di dominio per l’uomo, la donna come suo possesso, l’ossessione del controllo che diventa atto di forza, l’essere respinti come esperienza inconcepibile di fallimento che chiede vendetta. Alle spalle, quasi sempre un uomo con un disturbo narcisistico di personalità: cioè mancanza di empatia, sentimenti di onnipotenza per contrastare il senso di inferiorità, incapacità di godere della felicità altrui, costante bisogno di ammirazione. I problemi esplodono quando la donna rivendica la sua identità, quella che il partner nel suo finto amore narcisista non vede. Questo è il punto: nella mente narcisistica non c’è spazio per i bisogni e i desideri dell’altro. Per dei semplici “Come stai?”, “Cosa posso fare per te?”, “Sono felice per te”».

Sono più narcisisti gli uomini o le donne?

«Venendo da una cultura dove affermazione e successo sono valori interiorizzati più dagli uomini, mentre alle donne sono state tradizionalmente inculcate remissività e dipendenza, direi che il narcisismo a pelle spessa è più frequente nei primi, quello a pelle sottile nelle seconde».

Più gli adulti o i giovani?

«Anche qui contano i condizionamenti sociali e culturali. La generazione più giovane, cresciuta in un mondo in cui la visibilità e la performance sono così importanti, non può non esserne influenzata».

Gli insospettabili

I narcisisti fanno stare male gli altri. Ma loro vivono bene?

«La mia esperienza mi spinge a pensare che, anche quando non se ne accorgono, come il primo dei tre narcisi di Morante, sono infelici perché non riescono mai a provare un vero piacere per quello che fanno. Ho avuto una paziente che scriveva brillanti saggi di critica letteraria, ma li considerava dilettanteschi: non riusciva ad amare il suo talento ed era così anche con i suoi sentimenti, che maltrattava regolarmente. Il lavoro con un altro paziente mi ha fatto capire che certe forme squisite di gentilezza nascono dal timore narcisistico di non essere apprezzati. Ovvio, non tutte le persone premurose sono narcisiste, ma alcune sì. Lo si percepisce da qualche sfumatura masochistica o rabbiosa. Come se la ragione della loro cortesia non fosse far star bene gli altri, ma rassicurare se stessi».

Oggi siamo dunque tutti narcisisti?

«Ciascuno a modo suo, ma lo siamo inevitabilmente tutti: il narcisismo è un insieme di tratti costitutivi della personalità. Non tutti però abbiamo un disturbo narcisistico, che si verifica quando questi tratti diventano rigidi e immodificabili, pervadendo tutta la vita personale e lavorativa».

Se ne parla al FestivalFilosofia

Si parlerà di “Psiche” nei 200 incontri gratuiti del FestivalFilosofia, in programma dal 13 al 15 settembre a Modena, Carpi e Sassuolo. Partendo dalla parte di noi che siamo soliti chiamare anima si spazierà dalla scienza all’etica, dalla psicanalisi alla politica (il programma completo su www.festivalfilosofia.it). Tra le 52 lezioni in piazza, quella di Vittorio Lingiardi intitolata L’arcipelago del narcisismo. Sano, fragile, arrogante, maligno, il 15 settembre alle 17,30 in Piazza Grande a Modena. Professore ordinario di Psicologia dinamica alla Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza di Roma e autore, tra gli altri, di Arcipelago N. Variazioni sul narcisismo, pubblicherà a ottobre il nuovo libro Corpo, umano (Einaudi, come il precedente): «Un viaggio tra medicina, psicoanalisi, arte e contemporaneità» anticipa «per sottrarre il corpo a un’idea falsificata e virtualizzata e ritrovarne la dimensione vera».