Anche se tu non conoscessi il significato esatto di co-viewing, io sarei pronta a scommettere che con buona probabilità lo hai praticato settimana scorsa. Perché il Festival di Sanremo rientra a pieno titolo tra quei programmi televisivi che vanno guardati in compagnia affinché ne venga attivata l’aurea aggregativa di intrattenimento, socialità e dialogo. Si dai, un po’ come Temptation Island, la Champions League e Quo Vado. Il co-viewing, letteralmente “co-visione”, è la tendenza soprattutto familiare a condividere la fruizione di uno stesso programma. Insomma, di guardare la TV insieme, condividendo uno spazio fisico e triangolandosi verso un contenuto che contribuisce a plasmare le modalità di relazione tra i componenti del nucleo familiare. Ma oggi – Sanremo a parte – con la moltiplicazione di schermi, contenuti e interessi, la (smart) tv sa essere ancora un focolare domestico, veicolo di un modo unico di stare insieme? In altre parole: il co-viewing esiste ancora? Se sì, quali forme assume? E che valore acquisisce per figli e genitori?

Presentazione ricerca co-viewing Netflix CeRTA (1)
Il giornalista Paolo Armelli con Tinny Andreatta, Vice Presidente per i contenuti italiani di Netflix, e Anna
Sfardini, Responsabile ricerche C.e.R.T.A. Foto: Alessi

Ho trovato risposta alle mie domande lo scorso 20 febbraio, quando Netflix e C.e.R.T.A. (il Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi dell’Università Cattolica di Milano) hanno presentato la ricerca TVgether. Dallo schermo al dialogo (e viceversa): le famiglie italiane e il co-viewing. Lo studio indaga le nuove e vecchie abitudini delle famiglie italiane di fronte agli schermi, attraverso interviste, focus group e questionari. «Siamo partiti dalla constatazione che in questi ultimi dieci anni c’è stata una crescita vertiginosa nell’offerta dell’audiovisivo, con una ricchezza e varietà di contenuti che il pubblico, grazie allo streaming, può fruire nei tempi e nei modi che preferisce. Ci siamo allora chiesti: in tutto questo, come sta il co-viewing? Le famiglie guardano ancora insieme il televisore? E lo streaming che ruolo gioca nella co-visione?», ha detto Tinny Andreatta, Vice Presidente per i contenuti italiani di Netflix. E Anna Sfardini, Responsabile ricerche C.e.R.T.A., ha aggiunto: «Oggi si discute tanto di individualizzazione della fruizione e moltiplicazione degli schermi, dunque tornare a parlare di co-visione era un po’ una sfida. E invece nelle famiglie abbiamo trovato una ricchezza di pratiche e motivazioni». Ho preso nota delle evidenze quantitative e qualitative della ricerca che più mi hanno colpita: te le racconto qui sotto, dando uno sguardo a ciò che accade nelle nostre case prima e dopo il famosissimo Tu-dum.

1. Luoghi e occasioni: le abitudine di co-viewing delle famiglie italiane

In una settimana tipo, i genitori dichiarano di dedicare alla co-visione familiare in media quasi 8 ore, soprattutto tramite la smart TV che, con il 57% delle preferenze, è lo schermo che funziona da booster della visione condivisa.

In media ogni famiglia italiana possiede 5 schermi (tv tradizionale, smart tv, tablet, smartphone, computer, etc.)

A dispetto di questa moltiplicazione degli schermi, però, quando si parla di co-visione ci sono luoghi che diventano più speciali di altri. È il caso del salotto, che secondo la ricerca rimane il “dove” privilegiato per una fruizione dei contenuti condivisa, partecipata, commentata e in molti casi anche ritualizzata. E forse anche il luogo compatibile con l’intersecazione delle agende piene che rendono più complessa la sincronizzazione della vita familiare. Non a caso il co-viewing è un’attività legata alla quotidianità, a completamento della routine giornaliera: il 67% delle famiglie lo pratica nei giorni feriali e l’86% nel fine settimana.

2. Cosa si intende per retro-watching?

La ricerca non ha esplorato solo il “quando” e il “dove”, ma anche il “cosa”, cioè i contenuti più guardati dalle famiglie riunite di fronte allo schermo della smart tv. Oltre agli appuntamenti quotidiani (come il TG, il quiz del preserale, etc.) e agli eventi occasionali (come il Sanremo citato a inizio articolo), il genere che più fa da collante nella pratica della co-visione è il programma di intrattenimento unscripted, cioè che non si affida a una trama prestabilita. Come LOL – Chi ride è fuori, Pechino Express, Masterchef, 4 Ristoranti e così via. E poi c’è anche l’elemento nostalgia.

Quasi 1 famiglia su 2 sceglie di guardare film meno recenti o classici: per il 59% del campione, i contenuti più datati non solo rafforzano i legami, ma contribuiscono anche a costruire la storia familiare

È qui che entra il gioco il fenomeno del cosiddetto retro-watching, la pratica dei genitori di introdurre ai figli film e serie TV del proprio passato (menzionata dal 45% degli intervistati), considerandoli parte di un patrimonio culturale ed emotivo da condividere, tramandare e su cui riflettere insieme. Mary Poppins, Ritorno al futuro o Jurassic Park diventano così il pretesto per stabilire punti di contatto con i figli, per trasportare nel loro presente i sentimenti del passato, per confrontare i valori di ieri e di oggi.

3. Dallo schermo al dialogo (e viceversa)

L’indagine Tvgether evidenzia anche come la scelta dei contenuti da co-fruire vada ben oltre il semplice intrattenimento, diventando un’opportunità per rafforzare i legami affettivi, rilassarsi insieme e trasmettere valori importanti. Tra i più trattati: il confronto e il rispetto delle regole (56%), ecologia, sostenibilità e cambiamento climatico (48%), tematiche come il bullismo (41%), le relazioni affettive e sentimentali (40%), il razzismo (35%) e il ruolo della donna nella società (34%). Là dove parlare con i propri famigliari, specie con i figli, si fa più complicato, la televisione offre un catalogo di pretesti e spunti per instaurare in modo più o meno prestabilito un confronto, per attivare conversazioni su ciò che si sta guardando insieme e per discutere di tematiche che magari non sarebbero altrimenti entrate nei discorsi famigliari. Come specifica lo studio, “il co-viewing è un’occasione per convogliare l’interessamento dei figli verso la trasmissione di valori e principi, per stimolarli all’apertura e al dialogo, come magari non avviene in altri momenti delle giornate sempre piene e frenetiche”.

Per il 75% degli adulti e l’88% dei ragazzi, la co-visione stimola lo scambio di opinioni e riflessioni

«La ricerca realizzata con Netflix è stata un’occasione importante per studiare le famiglie contemporanee, il loro rapporto con gli schermi, le dinamiche di visione che accendono il dialogo tra genitori e figli. Sullo sfondo di quelle pratiche di consumo individuali e frammentate, sempre più diffuse, la co-visione supportata dalle smart TV e dai servizi di streaming on demand rappresenta un modo di essere e fare famiglia: i contenuti visti insieme si trasformano in occasioni per affrontare temi difficili o complessi, coltivare passioni comuni, rivelare i propri interessi e scoprire quelli degli altri componenti della famiglia, addirittura programmare insieme gite fuori porta facendosi invogliare dalle location viste sullo schermo. La ricerca, insomma, ha mostrato il lato sinergico, affatto scontato, del rapporto tra media e famiglie italiane» ha sintetizzato Anna Sfardini.

4. Tanti modi di essere famiglia

Un altro punto della ricerca che mi ha colpito è l’approfondimento sui meccanismi di scelta che si configurano di fronte alla tv. In altre parole: chi decide quali contenuti guardare e quali discorsi intraprendere? Top down, dai genitori ai figli, o bottom up, dai figli ai genitori? Non c’è naturalmente una sola risposta, perché i tratti del co-viewing rispecchiano le modalità che ciascuna famiglia adotta nell’approccio reciproco e nella condivisione delle scelte. In TVgether emergono quattro modalità di co-viewing: quello spontaneo quotidiano, che si integra nella routine; quello programmato, che diventa un appuntamento atteso; il co-viewing rituale e festivo, tipico delle occasioni speciali; e infine il selettivo di gruppo, focalizzato su contenuti che stimolano conversazioni e connessioni. Parlare di ciò che si è visto insieme segue invece due principali modelli: il media frame, che ruota attorno al tema del contenuto, e il family frame, che nasce all’interno del nucleo familiare. In entrambi i casi, il contenuto diventa un mezzo di comprensione reciproca e di connessione più profonda.

5. Il ruolo di Netflix nel co-viewing

Una delle domande iniziali della ricerca era: qual è stato l’impatto dei servizi di streaming come Netflix sulla pratica della co-visione? L’hanno penalizzata o rafforzata? Risponde Tinny Andreatta: «Lo streaming non ha per nulla eliminato l’abitudine del co-viewing, anzi ne ha creato dei momenti particolari legati alla possibilità per la famiglia di scegliere cosa vedere e quando. E Netflix in particolare è stato indicato da 1 genitore su 3 come l’opzione migliore per la co-visione famigliare». La N rossa che abbiamo accolto in casa dieci anni fa (sì, già dieci!), è emersa come un punto di riferimento nelle dinamiche di condivisione familiare – sulla scia di quello che la televisione più tradizionale ha da sempre rappresentato per gli italiani – e serbatoio inesauribile di spunti per attivare il dialogo all’interno delle famiglie.

Insomma, tra Netflix, Sanremo e un buon vecchio retro-watching, la TV in famiglia non è ancora in crisi, ma si reinventa. Mentre i genitori rivedono Jurassic Park con gli occhi lucidi e i figli si chiedono perché tutto quel verde fosse così pericoloso, l’importante è che la co-visione non rimanga solo un passatempo, ma si configuri come un’opportunità per ritrovarsi, ridere e, perché no, anche riflettere su quel che ci accade intorno. Stretti su un divano come non capita quasi mai, facendo il punto sulle proprie vite di fronte a Mare Fuori, continuando a condividersi quando le schermo si spegne.