Il neuroblastoma è il tumore infantile più frequente dopo i tumori del cervello, e colpisce soprattutto sotto i 5 anni di età. È la prima causa di morte per malattia dopo le leucemie in età prescolare. Ogni anno vengono formulate 130-140 nuove diagnosi in Italia, non così tante da smuovere interessi potenti da parte delle case farmaceutiche. Anche per questo la ricerca prosegue tra molte difficoltà.
Questo tumore si manifesta a livello delle ghiandole surrenali, che si trovano sopra i reni, nei gangli nervosi (agglomerati di cellule nervose) a livello dell’addome, oppure nei gangli lungo la colonna vertebrale nella zona del collo, del torace o del bacino.
Novità nella diagnosi: la biopsia liquida
La ricerca scientifica è l’unica reale speranza di vita per i bambini con neuroblastoma, a partire dalla diagnosi. Oggi sembra che un aiuto possa arrivare dalla cosiddetta biopsia liquida, un esame per nulla invasivo che eviterebbe ai bambini inutili sofferenze e si rivelerebbe poi importante per la terapia. Si tratta di un semplice prelievo di sangue che consente di individuare molecole provenienti da un tumore. «La biopsia liquida è la nuova frontiera per la diagnosi oncologica perché utilizza liquidi biologici facilmente reperibili, cioè sangue, lacrime, saliva. Si evitano così al bambino procedure dolorose come l’esame istologico» spiega la dottoressa Alessandra Eva, Direttore del Laboratorio di Biologia Molecolare dell’Ospedale Giannina Gaslini di Genova, un’eccellenza nella cura di questo tipo di tumore. «Ogni tumore rilascia nel sangue molecole particolari (esosomi) che danno informazioni sulla genetica della malattia: possono contenere Dna, Rna e proteine, preziosi indicatori della condizione della cellula malata, utili per la diagnosi ma anche, in futuro, per la terapia. In pratica, si può già riconoscere in questa fase di che tipo di tumore si tratta. Sono in corso infatti studi per identificare nuovi marcatori molecolari in grado di prevedere la resistenza del tumore al trattamento, e indicatori di suscettibilità ai singoli farmaci che permettano di selezionare i più efficaci, in modo da escludere quelli potenzialmente inefficaci o dannosi per gli effetti collaterali». Un bell’aiuto, quindi, per la diagnosi ma anche per terapie più mirate.
Novità nella terapia: i farmaci “intelligenti”
Potrebbe quindi aprirsi una nuova strada nella cura di questo tumore, perché diventerebbe possibile seguire l’evoluzione della malattia di ciascun paziente in tempo reale e in maniera non invasiva. La medicina personalizzata, insomma, potrebbe essere un obiettivo raggiungibile anche nel caso del neuroblastoma. «La medicina convenzionale anti tumorale prevede l’uso di farmaci registrati per l’adulto e le cui dosi sono modulate sul paziente pediatrico. Non esistono chemioterapici per bambini e in tale direzione non ci sono molti farmaci nuovi purtroppo» prosegue la dottoressa Eva. «La medicina personalizzata invece vuole studiare particolari caratteristiche genetiche del tumore da utilizzare come bersaglio terapeutico. Punta cioè sulla possibilità di creare in laboratorio un farmaco specifico per uno o più tumori che presentino una specifica anomalia. Quindi non più un farmaco per tutti i tumori ma a ciascun tumore il suo farmaco».
Si tratta dei farmaci “intelligenti”, che potrebbero sbarcare anche in ambito pediatrico. «I cosiddetti farmaci biologici intelligenti sono ormai molti nel mondo dell’adulto e hanno cambiato la prognosi di tumori in cui la chemioterapia ha mostrato di avere molti limiti. Lo stesso sta avvenendo in ambito pediatrico; la chemioterapia non sempre funziona, bisogna studiare l’assetto genetico del tumore e costruire in laboratorio farmaci in grado di attaccare la cellula tumorale risparmiando le cellule normali. Così si ottiene una maggior efficacia contro la malattia e una minor tossicità per la persona».
La terapia del dolore anche per i bambini
Oltre a una diagnosi più precisa e meno invasiva, la medicina sta puntando alla “gestione del dolore”. Il dolore è una componente importante nel processo di cura. «Oggi il dolore non è più accettato in ambito ospedaliero; esiste un progetto del Ministero della Salute chiamato “Ospedale senza dolore”, che individua una serie di strategie da mettere in atto sul paziente per ridurre al minimo il problema» spiega il dottor Massimo Conte, pediatra oncologo presso il Dipartimento di Emato-Oncologia Pediatrica. «All’ospedale Gaslini ad esempio esistono due team: uno per la cura del dolore acuto peri-procedurale, cioè dopo un intervento o una biopsia, e un team dedicato al dolore cronico, cioè quello legato al tumore o a patologie croniche pediatriche (per esempio muscolari o reumatiche)». Per questo l’ospedale ha ottenuto la prestigiosa certificazione internazionale di “Ospedale di qualità”, una marchio ottenuto sulla base di standard internazionali previsti dalla Joint Commission, uno degli enti accreditanti più grandi e importanti al mondo in ambito sanitario.
Come sostenere la ricerca
Solo un terzo dei bambini sopravvive alla forma più aggressiva di neuroblastoma, quella che si presenta con metastasi a scheletro e midollo. Un’opportunità per la ricerca contro il neuroblastoma dipende anche dal sostegno all’Associazione Italiana per la lotta al Neuroblastoma Onlus, fondata nel 1993 da genitori e oncologi con l’obiettivo di sostenere la ricerca su questa e altre forme di tumori pediatrici.
Le iniziative a cui partecipare
In cammino sui sentieri liguri
Maurizio e Alessandra hanno perso la piccola Agata quattro anni fa per un neuroblastoma, diagnosticato quando aveva 21 mesi. «Dopo aver lottato per due lunghissimi anni subendo terapie (chemio, radio) e due lunghi interventi chirurgici di asportazione della massa, la medicina si è arresa: gli ultimi due mesi ci siamo goduti la nostra piccina a casa e dopo una breve terapia del dolore Agata ci ha lasciato» racconta Maurizio. Qualche mese dopo, raccolte le poche forze, la coppia ha fondato l’associazione TuttiperAtta (Atta era il nomignolo di Agata) e organizzato nel 2015 una marcia per famiglie sui monti di Arenzano (cittadina in provincia di Genova), l’Attatrail, con l’intento di aiutare i bambini malati, le loro famiglie e la ricerca.
La marcia è giunta alla quinta edizione e il ricavato, come gli anni precedenti, viene devoluto all’Associazione Maruzza Liguria che si occupa dell’assistenza dei bambini malati inguaribili. Quest’anno si svolge il 14 settembre 2019 con due percorsi, da percorrere entrambi – volendo – in compagnia del proprio cane: un family walking di circa 7 chilometri e un percorso più lungo, di 13 chilometri circa. Un progetto bellissimo che sta crescendo grazie all’impegno e alla voglia di tante persone, vicine alla famiglia ma non solo, di aiutare i bambini ammalati. Per crescere, ha bisogno dell’aiuto di tutti. «Il nostro scopo è organizzare eventi e manifestazioni per devolvere gli incassi a favore dell’assistenza dei piccoli pazienti» dice Alessandra. «Vogliamo che la forza con cui la nostra Atta ha lottato contro la malattia non si perda e serva da spinta per aiutare gli altri bambini che soffrono e la ricerca scientifica».
Informazioni e iscrizioni sulla pagina Facebook Attatrail 2019.
La scommessa sull’Irondad
La piccola Guia ora sta bene, ha quasi quattro anni ma quando aveva pochi mesi le è stato diagnosticato un neuroblastoma al quarto stadio, il più avanzato. Per i genitori e i due fratellini è iniziato un incubo di chemioterapie, trapianto di cellule, radioterapie. Ora le cure sembra abbiano avuto effetto ma il papà Filippo da quel giorno ha deciso di aiutare le famiglie e i piccoli ammalati perché quel lungo periodo in ospedale ha lasciato nella sua vita un segno indelebile: «Hai tra le braccia la tua piccola che piange e tu non puoi far nulla… ti senti vuoto, inutile. E la sensazione era la medesima quando sentivo il pianto degli altri bambini, perché in questi casi non c’è un io o un voi, c’è solo un Noi. Ho deciso che dovevo fare qualcosa per contribuire a fermare questa malattia, e il modo più efficace era aiutare l’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma a sostenere i progetti di ricerca scientifica, che sono l’unica arma a nostra disposizione: la ricerca, infatti, aveva salvato mia figlia».
Così Filippo comincia a raccogliere fondi organizzando eventi di ogni tipo, finché matura l’idea, da runner, di partecipare a un IronMan: un triathlon che prevede 3,8 km di nuoto, 180 km in bicicletta e 42,195 km, la classica maratona, di corsa. Un’impresa che non aveva mai compiuto ma che termina con un tempo ottimo (quasi 11 ore) in Francia nel 2017, raccogliendo 80 mila euro per la ricerca. Ora IronDad, come viene chiamato oggi, ci riprova. Il 21 settembre lo aspetta a Cervia l’IronMan Italy Emilia Romagna. «Il mio obiettivo è duplice: battere il mio record ma soprattutto raccogliere ancora più risorse per i progetti di ricerca sostenuti da Associazione NB. tutti possono aiutarci, basta “scommettere” su di me!».
Tutte le informazioni sul sito dell’Associazione Italiana per la lotta al Neuroblastoma Onlus.