In Italia il turismo invernale è in crisi. Quest’inverno ha nevicato troppo poco. Per non rinunciare alla stagione sciistica si è cercato di sopperire con i “cannoni”, ma la neve artificiale costa parecchio, non è affatto una strada ecologica e contribuisce a sperperare soldi pubblici. Numeri e temi sul tappeto sono contenuti nel rapporto “Nevediversa 2023” pubblicato di recente da Legambiente.

Siccità e poca neve

Il 2022 è stato l’anno più caldo e secco in oltre due secoli in Italia, il secondo più caldo in Europa. La siccità sta attanagliando buona parte del Bel Paese. Sulle Alpi e gli Appennini, a causa dei mutamenti climatici, la neve è sempre più rara. E quando arriva, a causa del caldo, ha breve durata: sulle Alpi, infatti, le temperature stanno crescendo a una velocità doppia rispetto alla media globale.

Innevamento artificiale a gogò

Ormai da anni, le stazioni sciistiche si sono attrezzate con l’innevamento artificiale per garantire gli impianti aperti nella stagione invernale. L’Italia è fra i Paesi che maggiormente utilizzano i cannoni, tanto che – come rende noto Legambiente – il 90% delle piste del nostro Paese è innevato artificialmente. Siamo fra i Paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale. Ci seguono l’Austria (70% delle piste innevate artificialmente), Svizzera (50%), Francia (39%). La percentuale più bassa di utilizzo di neve artificiale è in Germania, con il 25% delle piste.

cannone da neve

Neve artificiale: scelta non ecologica

Per Legambiente il sistema di innevamento artificiale non è una pratica sostenibile, “dato che comporta consistenti consumi di acqua, energia e suolo in territori di grande pregio”. In particolare, l’associazione ha fatto la seguente stima: considerando che in Italia il 90% delle piste è dotato di impianti di innevamento artificiale, il consumo annuo di acqua già ora potrebbe raggiungere 96.840.000 metri cubi, che corrispondono al consumo idrico annuo di circa una città da un milione di abitanti.

Costi sempre più alti

L’innevamento artificiale, rileva Legambiente, “richiede sempre maggiori investimenti per nuove tecnologie ed enormi oneri a carico della pubblica amministrazione. Senza contare che il costo della produzione di neve artificiale sta anche lievitando, passando dai 2 euro circa a metro cubo del 2021-2022, ai 3-7 euro al metro cubo nella stagione 2022-2023”.

142 bacini idrici per garantire la neve

Per garantire l’innevamento artificiale ci vuole acqua, tanta acqua. Ecco perché, nei pressi dei comprensori sciistici è stato creato un altissimo numero di bacini idrici. Sono ben 142 quelli mappati nella Penisola, secondo quanto rende noto Legambiente. Attraverso l’utilizzo di immagini satellitari, corrispondono a una superficie totale pari a circa 1.037.377 metri quadrati. Il Trentino Alto Adige detiene il primato con 59 invasi, seguito da Lombardia con 17 invasi e dal Piemonte con 16 bacini. Nel Centro Italia, l’Abruzzo è quello che ne conta di più, ben 4.

Molti comprensori sciistici dismessi

A fronte dei comprensori che tentano di restare in attività grazie ai cannoni sparaneve, ce ne sono tanti altri che nel corso degli anni sono stati costretti a chiudere i battenti. Nel 2013 gli “impianti dismessi” lungo tutta la Penisola risultano 249: di essi, 138 sono “temporaneamente chiusi”, mentre 181 sono sottoposti ad “accanimento terapeutico”, ossia sopravvivono grazie a forti iniezioni di denaro pubblico.

Valorizzare la montagna oltre lo sci

Le condizioni climatiche e la carenza di neve impongono di ripensare a un diverso modello di turismo invernale montano: che sia sostenibile economicamente, in linea con l’ambiente e che resti comunque attrattivo. Oltre allo sci da discesa, ci sono molte altre attività che possono essere praticate e valorizzate in montagna d’inverno, limitando l’utilizzo degli impianti di risalita e della neve artificiale. Dalle ciaspole allo sci alpinismo, dal pattinaggio su ghiaccio allo sci nordico, dal trekking fino alle fat bike sulla neve, le possibilità non mancano. Vanno semplicemente valorizzate e unite ad altri punti di forza del nostro territorio montano, come la gastronomia e il patrimonio artistico e culturale.