D’ora in poi le future mamme avranno a disposizione a costo zero uno strumento in più. Un mezzo per conoscere lo stato di salute della nuova vita che portano in grembo. L’Emilia Romagna è la prima regione in Italia a rendere gratuito per le donne in gravidanza il Nipt test (acronimo di Non invasive prenatal test). Si tratta di un esame del dna del feto, sicuro e per nulla invasivo, che consente di scoprire, con un semplice prelievo di sangue, se il neonato sarà affetto da anomalie congenite. I vantaggi? Oltre al risparmio in termini economici, lo screening consente di evitare le più aggressive e rischiose amniocentesi e villocentesi.
Il progetto pilota
Si comincia il 27 gennaio prossimo con una fase pilota della durata di nove mesi rivolta alle gestanti residenti nell’area metropolitana di Bologna. L’esame sarà accessibile a tutte le donne in gravidanza, a prescindere dall’età e dalla presenza di fattori di rischio delle madri. Basterà prenotare un test di diagnostica prenatale, il cosiddetto “test combinato”. Le interessate potranno rivolgersi alla Usl di Bologna (chiamando il numero 0516862530, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle ore 13). Chi si sottoporrà al test dovrà prima prendere parte a una serie di incontri informativi organizzati nei consultori familiari e nei Punti Nascita della provincia. Da fine ottobre, lo screening sarà esteso a tutte le strutture sanitarie pubbliche del resto dell’Emilia-Romagna.
Il Nipt test, cos’è e come si svolge
Il Nipt è un test prenatale: si esegue tramite un prelievo di sangue della madre tramite il quale si analizza il dna del feto, presente nel plasma materno. Consente di prevedere alcune alterazioni dei cromosomi già dalla 10 settimana di gestazione. In parole povere, serve a diagnosticare in anticipo il rischio che il feto possa essere affetto da sindrome di Down (trisomia 21), sindrome di Patau (trisomia 13) e sindrome di Edwards (trisomia 18). I risultati sono comunicati dal ginecologo dopo circa 1-2 settimane dal prelievo. Si tratta di un test innovativo e molto attendibile: riesce a individuare nel 100% dei casi i rischi di trisomia 21 e 13, e in percentuali appena inferiori la trisomia 18. Fino a oggi poteva essere eseguito solo ricorrendo a laboratori privati di analisi al costo medio di circa 700 euro, senza rimborso del Servizio sanitario regionale.
In origine era l’amniocentesi
Obiettivo del progetto Nipt test è ridurre il ricorso ad amniocentesi e villocentesi, esami invasivi che possono presentare minimi margini di rischio. In cosa consistono? L’amniocentesi si effettua al quarto mese di gravidanza inserendo un ago nell’addome materno che arriva all’interno dell’utero. Si preleva una piccola quantità di liquido amniotico, il liquido che circonda e protegge il feto nell’utero, per analizzarlo in laboratorio e costruire la mappa cromosomica del feto. «L’accertamento – spiegano gli esperti dell’Istituto superiore di Sanità – comporta un rischio aggiuntivo di aborto, inferiore all’1% rispetto al rischio di aborto spontaneo. Tuttavia l’esperienza del medico che svolge l’esame può contribuire a ridurlo».
Anche la villocentesi nella maggior parte dei casi si svolge introducendo un ago sottile nell’addome o più di rado un tubicino tramite la vagina e il canale cervicale. L’ago preleva una piccola porzione di villi coriali, piccole propaggini della placenta in formazione derivanti dall’ovulo fecondato e dotate dello stesso patrimonio genetico dell’embrione. Il rischio di aborto legato alla esecuzione dell’esame è appena più alto per la villocentesi rispetto all’amniocentesi. I risultati di tutti e due gli esami consentono di escludere o accertare anomalie congenite e malattie genetiche.