Avrebbe dovuto recarsi da Genova a Venezia per assistere i suoi clienti a un processo. Ma l’avvocata genovese Federica Tartara è al nono mese di gravidanza e ha chiesto alla giudice, anche lei donna, il rinvio dell’udienza per legittimo impedimento perché incinta. «Ero certa che sarebbe stata una formalità», ha spiegato la legale. La giudice le ha negato il legittimo impedimento e ha condannato i suoi assistiti. «Non vorrei scoprire di essere nella stessa sgradevole condizione delle donne licenziate o non assunte perché incinte», protesta adesso la legale.

L’esposto al Csm

Federica Tartara, che ha 40 anni, ha presentato un esposto sull’operato della giudice al Consiglio Superiore della Magistratura (Csm), dove fa notare che il legittimo impedimento le è stato negato nonostante che il Codice di procedura penale preveda questa possibilità due mesi prima del parto e tre mesi dopo.

Avvocata incinta: i motivi del Tribunale

Immediata la replica del tribunale di Venezia. Il presidente Salvatore Laganà ha rimarcato che il rigetto dell’istanza di rinvio per legittimo impedimento è «immune da qualsiasi censura» e «del tutto motivato e conforme alla nota e consolidata giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione», secondo sui non trova applicazione «nel caso di impedimento già noto all’atto dell’accettazione dell’incarico» e assicura tutela «solo agli impedimenti che sopravvengono dopo la nomina e l’accettazione del mandato difensivo».

In pratica, secondo la Cassazione il legittimo impedimento non si applica quando l’impedimento era noto all’accettazione dell’incarico. Il che rientra nel caso dell’avvocata, che aveva accettato l’incarico cinque giorni prima.

«Nessuna empatia»

Lei, però, in una intervista al Corriere della sera, ribatte: «Con tutto rispetto, io ho citato il Codice e qui viene citata la Cassazione. Vedremo al Csm. Ma non è questo il punto. E se dal momento dell’assunzione dell’incarico ci fosse stata una condizione di maggiore rischio, visto che potrei partorire da un momento all’altro? E poi c’è anche una questione di rispetto e di empatia con una donna al nono mese. Per il primo figlio, che oggi ha 3 anni, ho chiesto un rinvio senza problemi».

«Troppi rinvii, si va avanti»

L’avvocata Tartara ha precisato di avere allegato alla sua richiesta di rinvio dell’udienza la certificazione medica e di avere inviato all’udienza un collega, perché la sostituisse. Era convinta che non ci sarebbero stati problemi per il rinvio.

«La giudice ha detto che voleva andare avanti perché c’erano stati troppi rinvii. In effetti la mia cliente aveva avuto altri legali e io ho assunto l’incarico da appena una settimana. Nel negare il rinvio ha pure aggiunto: “Un avvocato che non può portare avanti un incarico, non dovrebbe assumerlo”. Ma il mio non era mica un espediente processuale. Tra l’altro il rinvio per gravidanza sospende la prescrizione e quindi non c’era alcun pregiudizio per la causa. E poi ho chiesto un rinvio di appena tre mesi», ha spiegato la legale.

Avvocata incinta: «Norma non rispettata»

Adesso la questione è finita davanti al Csm, anche perché secondo la legale non sono stati rispettati i diritti delle donne che lavorano. «L’ho fatto perché non è stata rispettata una norma che tutela i diritti delle donne avvocato, come di qualunque altra lavoratrice. Oppure si ritiene che un’avvocata debba rinunciare a un cliente solo perché incinta? Nel 2024 pensavo che questo non fosse più un tema in discussione», dice Tartara, che nel frattempo continua a lavorare. Aggiunge: «Un conto è andare in tribunale a Genova, altra cosa è affrontare una trasferta a Venezia con il rischio concreto di poter partorire in treno o in una stanza d’albergo».