Si celebra il 9 maggio, in tutti i 28 Stati membri. Ma la Festa dell’Europa ha un’importanza speciale soprattutto per le nuove generazioni: sono loro a continuare a credere nel sogno comunitario, anche nei Paesi in cui è più alta la disaffezione verso Bruxelles. Lo dicono i dati dell’Osservatorio Ue sulla Sicurezza: ha fiducia nell’Unione solo il 25% degli italiani tra i 35 e i 44 anni, ma tra chi è nato dopo ci crede addirittura il 49%.
«I giovani vedono quanto ha fatto per loro l’Europa: studio, viaggi, lavoro, ricerca. E valutano di conseguenza» spiega Veronica De Romanis, docente di Politica economica europea alla Luiss di Roma. «Pensiamo all’Erasmus, che da 32 anni permette di studiare all’estero: il progetto ha avuto tanto successo che il finanziamento è stato potenziato. O alle norme sulle compagnie aeree low cost (dal 1992 la Ue ha aperto il mercato alla concorrenza, rendendo i voli più economici, ndr). O al roaming telefonico, che non si paga più.
Sul lavoro, grazie ai fondi di Garanzia Giovani, l’Italia ha ricevuto 1 miliardo e mezzo di euro per finanziare stage o corsi di formazione». Ecco perché i ragazzi oggi scelgono di rimboccarsi le maniche per l’Unione: da una parte vogliono difenderne i valori, dall’altra correggerne i difetti. A cominciare dalla partecipazione: «Per essere eletti al Parlamento Ue nella maggioranza degli Stati basta avere 18 anni, da noi e in Grecia 25» dice De Romanis. «Abbassando la soglia d’età, sempre più giovani potrebbero impegnarsi in prima persona». Come già fanno queste 4 ragazze.
Alice Plata, 33 anni, lavora a Europhonica, il programma radio di Antonio Megalizzi
«Quando ci ritroviamo in Parlamento usiamo una lingua mista, lo spanglish. Parolacce e cose da mangiare sono per forza in italiano (ride, ndr), il francese aiuta sui sentimenti, l’inglese per le cose tecniche. Il risultato è quel melting pot di cui si parla tanto». Alice Plata ha 33 anni, vive a Novara, è laureata in Scienze della comunicazione e i colleghi la chiamano “la veterana”: è project coordinator di Europhonica, un programma realizzato dall’unione dei consorzi di radio universitarie europee, fra cui l’Italia con l’associazione RadUni. Dal 2015 Europhonica racconta l’Unione con interviste e approfondimenti da Strasburgo a scadenza mensile, in occasione delle plenarie del Parlamento europeo. Nel mezzo, podcast e contenuti su tutte le piattaforme, da Instagram a Spotify, e una puntata settimanale – lo “spiegone” – che fa il punto su ciò che accade. È il programma di Antonio Megalizzi e Bartek Orent-Niedzielski, uccisi a 29 e 35 anni nell’attentato dell’11 dicembre 2018 a Strasburgo. «Quello che è successo» racconta Alice «ha creato maggiore empatia tra di noi. Mantenere una produzione così frequente, di alto livello, è un impegno grandissimo per una persona di 20-25 anni, come è la maggioranza dei nostri volontari. C’è un continuo scambio di informazioni, che esprime la grande curiosità del giovane europeo verso gli altri e il suo bisogno di raccontarsi, discutere, approfondire».
Veronica Vismara, 24 anni, è volontaria in Portogallo per la campagna Ue “Stavolta voto”
Nel 1979, anno della prima elezione diretta dell’Euro- parlamento, aveva votato il 62% dei cittadini: nel 2014 la percentuale è scesa a 42. Bastano i dati per spiegare la necessità, oggi, della campagna del Parlamento europeo contro l’astensionismo “Stavolta voto”. Tra le migliaia di giovani reclutati c’è anche la 24enne comasca Veronica Vismara. Laureata in Mediazione linguistica, ha fatto volontariato con Intercultura, Medici Senza Frontiere e all’Ufficio dell’Europarlamento a Milano. Da 9 mesi è a Portimão, in Portogallo, per occuparsi di progetti di cittadinanza attiva, tra cui la campagna Ue. Per incentivare la partecipazione al voto, ha deciso di partire dal “basso”: «Mi presento alle fiere del lavoro locale per coinvolgere i ragazzi con giochi e fogli informativi» racconta. «Oppure organizzo flash mob con le scuole di danza locali. Nonostante i sondaggi dicano che gli under 35 siano i più europeisti, spesso devo partire da zero: tanti non sanno nemmeno perché ci sono le elezioni».
Federica Vinci, 25 anni, è presidente di Volt Italia, il partito dei millennials
Se le chiedi cosa sia per lei l’Europa, la risposta è netta: «Una parte indispensabile della mia vita. Vengo da Isernia, in Molise. A 15 anni mia madre mi ha detto: “Qui chiudono le aziende, devi andare via”. Mi ha mandato in Scozia, e la mia prima sensazione in terra europea è stata di libertà». Federica oggi vive a Firenze, si è occupata di responsabilità sociale d’impresa ed è la presidente di Volt Italia: un movimento nato nel 2017 dall’idea di 3 ragazzi – un italiano, una francese, un tedesco – e un partito in lista in 8 Paesi Ue («da noi non ce l’abbiamo fatta per una questione di firme»). Età media dei candidati: tra i 30 e i 35 anni. «Prima non avevo mai fatto politica, è stata la Brexit a convincermi» dice Federica. «Volt è un partito che ha ovunque lo stesso programma e gli stessi valori: difendere l’Unione e renderla migliore». Nel concreto, vuole creare piattaforme digitali e assemblee di cittadini, occuparsi di temi ambientali e di immigrazione. «Il nostro obiettivo è un’Europa meno elitaria, più vicina al territorio e ai giovani».
Sara Petti, 29 anni, è impegnata con la ong Bibliothèques Sans Frontières
«Ho studiato in Francia grazie al progetto Erasmus, un anno formativo essenziale». Sara, originaria della Costiera amalfita- na, si racconta via Skype da un ufficio di Bruxelles: quello di Bibliothèques Sans Frontières, una ong che si occupa di rafforzare il ruolo delle biblioteche pubbliche. «Ho scelto questo progetto perché contribuisce a creare un’Europa più inclusiva: le biblioteche sono presenti in alcune Nazioni e meno in altre, ma il reddito non c’entra. Nella Repubblica Ceca, per esempio, se ne contano oltre 5.000 per 10 milioni di abitanti. In Italia – dove siamo quasi 61 milioni – ce ne sono poco più di 6.000. La mia ong si occupa anche si disinformazione online. E lavora a un progetto di programmazione informatica in Belgio, Finlandia, Francia, Paesi Bassi e Polonia».
I numeri
49% gli under 35 che hanno fiducia nell’Europa, secondo l’Osservatorio Ue sulla sicurezza. 25% l’età per candidarsi al Parlamento Ue in Italia. Nella maggior parte degli altri Paesi bastano 18 anni. 62% i cittadini Ue che hano votato alle prime elezioni dirette del Parlamento, nel 1979. Nel 2014 erano il 42%.
Noi e l’Europa: il progetto di Donna Moderna in collaborazione con #100esperte
Dal numero 16, e per altre 4 settimane, pubblichiamo inchieste che hanno come tema l’Unione europea dal punto di vista politico, economico, culturale. Un avvicinamento alle elezioni del 23-26 maggio (in Italia si vota il 26). Lo speciale è realizzato in collaborazione con “100 donne contro gli stereotipi”, un database di esperte di Stem, politica internazionale ed economia: un progetto ideato dall’Osservatorio di Pavia e dall’Associazione Gi.U.Li.A., sviluppato con Fondazione Bracco e grazie al supporto della Rappresentanza in Italia della Commissione europea.