C’era una volta il caffè, che aiutava a rimanere svegli più a lungo per affrontare le lunghe “maratone” delle notti prima dell’esame, che fosse di maturità o universitario. Oggi sembra che qualche tazzina in più non sia più sufficiente, come neppure il ginseng. La nuova frontiera di “rimedi” contro lo stress e l’ansia, e soprattutto per migliorare le performance scolastiche è rappresentata dai nootropi, sostanze chimiche, per lo più vendute sotto forma di integratori e in particolare su internet. Promettono di aumentare la capacità di concentrazione e la memoria, diminuendo il senso di stanchezza che spesso si accompagna a periodi di grande studio (o lavoro). Alcune sono di origine naturale (estratti di piante o caffeina stessa), ma molte sono sintetizzate chimicamente in laboratorio e i loro effetti collaterali sono spesso sottovalutati.
La “pillola” per studiare
Inizialmente i nootropi erano assunti soprattutto dagli addetti della Silicon Valley, impegnati magari per ore (o giorni) a testare programmi informatici, che richiedevano una grande concentrazione e provocavano alti livelli di stress. Da qualche anno, invece, sono diffusi negli ambienti scolastici e tra gli under 18. Secondo una ricerca della California University, pubblicata dall’International Journal of Drug Policy e ripresa da Nature online, il 14% dei cittadini europei assume cosiddette smart drugs, definizione nella quale ricadono anche i nootropi, per migliorare i livelli di attenzione e il rendimento. La maggiore diffusione si registra in Francia e Gran Bretagna, dove il professor Gabriel Horn, direttore dell’Academy of Medical Science, ha rivolto un appello al Governo: «Occorrono test antidoping obbligatori tra gli studenti di ogni ordine e grado».
Nootropi: di cosa si tratta?
I nootropi hanno sostituito la cocaina e alcuni farmaci, come Ritalin o Adderall utilizzati per i deficit di attenzione e iperattività (ADHD) o ad altre sostanze impiegate per la cura del Parkinson. Si trovano facilmente in vendita online come integratori e sono considerati ocme il “viagra del cervello”. Il ministero della Salute, in un report, definisce i nootropi anche smart drugs, perché possono essere assunti aggirando i limiti di legge previsti per le “droghe classiche” e non sono sottoposti ai rigidi controlli riservati ai farmaci. Negli Stati Uniti, dove si stima che il mercato frutti 1 miliardo di dollari all’anno, il 30% di studenti ne farebbe ricorso (nel 2015 era il 20%).
I più conosciuti e usati
La definizione di nootropi (dal greco “nous”, mente, e “tropein”, cambiare) si deve allo psicologo e chimico rumeno Corneliu E. Giurgea, che nel 1964 sintetizzò per primo il piracetam, tra i più diffusi insieme a metilfenidato, colina e aniracetam. La loro azione avviene a livelli dei neutrasmettitori, potenziando il rilascio di agenti neuchimici e l’ossigenazione del cervello. Per questo sono assimilati alle sostanze proibite nello sport, come fossero “doping cerebrale”.
Quali effetti?
“Finché si tratta di sostanze naturali, come gli estratti da piante come la griffonia o l’iperico, solitamente non ci sono danni, anche se non se ne deve mai abusare. Diverso è il discorso per le sostanze chimiche vere e proprie, che costituiscono principi attivi di farmaci e che possono e devono essere assunte solo dietro prescrizione medica” spiega la psicologa Elisa Bonanni. I produttori di integratori sono tenuti solo a dichiarare che non sono causa diretta di patologie. Ma il vero rischio è rappresentato da possibili conseguenze sul lungo periodo, soprattutto a livello di sistema nervoso centrale.
Nel 2014 una ricerca della University of Pittsburg in Pennsylvania ha scoperto possibili effetti sulla plasticità cerebrale, legati al consumo o abuso di modafinil e metilfenidato. Nei soggetti sani presi in esame, non solo non aveva migliorato in modo sensibile la funzionalità cerebrale, ma aveva lasciato traccia della sua azione sulla corteccia frontale. Soprattutto nei soggetti più giovani, in alcuni casi aveva ridotto le capacità cerebrali portando persino a una regressione rispetto alle normali potenzialità. Anche a basso dosaggio, poi, una volta cessata l’azione degli integratori, si possono verificare irritabilità, stati di ansia e stanchezza.
Sostanze chimiche e integratori: spesso più dannosi che utili
“Il ricorso a sostanze che ci possano aiutare è sempre più comune, è la nostra stessa società a veicolare continuamente il messaggio che esiste un rimedio per tutto, che non arriva da noi stessi. Ma si tratta di soluzioni facili, che solo talvolta possono essere realmente d’aiuto. In alcuni casi, come quelli di prodotti a base di sostanze farmacologiche, gli effetti possono peggiorare la condizione iniziale, nel momento in cui si interrompe l’assunzione” spiega l’esperta.