L’11 gennaio 2019 per il quinto anno consecutivo si accenderanno i riflettori su 433 licei ginnasi di tutta Italia per raccontare cosa si studia e come si vive nell’ordine di scuola più blasonato e più in crisi del nostro sistema scolastico.
L’idea è nata da un’intuizione del professor Rocco Schembra, docente di Greco e Latino del liceo Gulli e Pennisi di Acireale e ha, fin da subito, avuto l’imprimatur del Ministero dell’Istruzione.
A partire dalle 18 e fino a mezzanotte i ragazzi dei licei, che a questo evento lavorano da settimane insieme ai loro insegnanti, metteranno in scena drammatizzazioni di opere classiche e di miti, si sbizzarriranno in danze e musiche legate al mondo antico e alla Grecia moderna (attesissime esibizioni di sirtaki), in maratone di lettura di poeti (Saffo, Catullo, Virgilio, ma anche Kavafis), inviteranno ex alunni e ospiti famosi a presentare libri e a parlare delle esperienze post liceali, apriranno quegli scrigni nascosti che sono gli archivi per tirarne fuori persino i registri che raccontano dal vivo la storia di una scuola e di una città, qualcuno si divertirà a preparare piatti sfiziosi seguendo le indicazioni dei ricettari antichi. Per una volta andrà in scena anche la creatività che – è un’accusa rivolta al classico – nelle aule viene spesso sacrificata allo studio meramente teorico.
Performances variegate, dunque: una festa un po’ autocelebrativa per chi nella classicità è immerso quotidianamente e la difende da una crisi ormai decennale, ma soprattutto un invito alla cittadinanza, volto a conquistare chi non conosce il classico e magari lo teme per la fama di rigore che lo accompagna.
C’è quindi una finalità di marketing, visto che ci troviamo nelle settimane delle iscrizioni alle scuole superiori? Sicuramente c’è, almeno in parte, perché il trend negativo è chiaro e si profila anche quest’anno: il classico ‘tiene’ solo in pochissime grandi città, Roma e Milano in testa. A Milano infatti i licei che aderiscono alla Notte sono solo quattro, quasi a rimarcare che – andando verso l’overbooking delle iscrizioni: pare si passerà dal 3% all’8% – spendersi per l’evento è quasi inutile.
Ma a chi “fa gola” il liceo classico nel 2019? A chi è convinto che una solida base di contenuti (le radici dell’Europa) non debba mancare nel bagaglio culturale che i figli si costruiscono, a chi non vuole rinunciare a quella palestra di metodo che lo studio del latino e del greco ancora sembrano rappresentare, a chi cerca ambienti socialmente protetti dal rischio di devianze, specialmente in alcune realtà difficili.
Docenti e intellettuali da anni si spendono per non lasciar morire il liceo classico: La lingua geniale della grecista Andrea Marcolongo e ‘Viva il latino. Storia e bellezza di una lingua inutile’ del professor Nicola Gardini sono dei best seller. Idem ‘La scuola giusta. Indifesa del liceo classico’ del filologo Federico Condello. Ma l’elenco sarebbe lunghissimo e la passione per gli antichi non emerge solo dall’editoria: Alberto Angela fa il boom di ascolti quando in prima serata si affaccia sul Colosseo o sugli scavi di Pompei. Eppure l’endorsement al classico sembra non essere sufficiente, perché questi studi fanno evidentemente paura e le lingue antiche vengono considerate morte, cioè inutili.
La sfida si può vincere, ma sul campo, una volta chiuso il sipario: conservare un’antica e nobilissima tradizione di studi rimodernandone la didattica, aprendo all’innovazione, spalancando le porte al territorio per un dialogo costruttivo a formare cittadini.
Il classico merita un’attenzione anche a materie nuove: diritto, economia, educazione finanziaria. Merita la fatica di potenziare le discipline scientifiche STEM, matematica in testa a tutte. Merita di non essere percepito più come scuola prevalentemente femminile. Merita persino di diventare quell’ascensore sociale che nella nostra storia raramente è stato. Merita meno diffidenza verso un uso intelligente del digitale (che non fa a pugni con i classici, ma anzi può trovare strade per valorizzarne l’apprendimento).
La Notte dei Licei apre le porte dei ginnasi: le scuole coinvolte non sprecheranno l’occasione di farsi conoscere come più inclusive che elitarie