Sono in arrivo le nuove cure che cambieranno il destino di chi soffre di mieloma multiplo. È un tumore del sangue subdolo: colpisce gli over 65 e in due casi su tre dà segno di sé quando è già in stadio avanzato, con forti dolori alla schiena, alle anche oppure alle costole. Negli ultimi dieci anni sono stati messi a punto dei farmaci mirati che tengono sotto controllo la malattia. Ma che non abbattono l’alto rischio di recidive, cioè di ripresa del tumore. «Le nuove molecole appena approvate ci permettono di trattare anche quei pazienti che finora non potevano essere curati» dice Michele Cavo, direttore dell’Istituto di Ematologia Seràgnoli del policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna. «I principi attivi hanno due meccanismi d’azione molto diversi, permettendo così di ampliare le possibilità terapeutiche. Non solo. Uno studio clinico pubblicato sul New england journal ha dimostrato che quando c’è una recidiva si possono usare associati, con risultati eccellenti. E in futuro questa potrebbe essere una delle strade per rendere cronica la malattia». Ma come funzionano i nuovi farmaci?
Le pillole che affamano le cellule maligne
Il primo dei due principi attivi, il Lenalidomide, ha un’azione più mirata rispetto ai farmaci usati finora e quindi dà anche meno effetti collaterali. «Blocca la formazione di nuovi vasi sanguigni, necessari al tumore per crescere» dice il professor Cavo. «In più, stimola le cellule sane del sistema immunitario, per migliorarne l’attività di difesa contro quelle tumorali». Il farmaco è in compresse: se ne prende assume una al giorno in cicli di tre settimane. Gli effetti collaterali più comuni sono un calo temporaneo del numero di globuli bianchi e rossi e senso di affaticamento. La cura è disponibile da qualche mese, si può seguire a casa propria e viene prescritta come prima terapia subito dopo la diagnosi.
Il principio attivo che colpisce al cuore il male
«Il mieloma multiplo è causato dalla crescita esagerata di un tipo di cellule, chiamate plasmacellule, ricoperte da una particolare proteina contrassegnata dalla sigla Cd38» spiega Fabio Malavasi, professore di genetica medica dell’università di Torino e scopritore della Cd38. «Questa sostanza rende invisibile il tumore al sistema immunitario e gli permette di crescere indisturbato. A volte determina a recidive difficili da trattare». Il Daratumumab è il primo principio attivo in grado di penetrare nella cellula tumorale e causarne la morte. Inoltre disattiva l’attività della proteina, dando più forza al sistema immunitario. Il farmaco viene somministrato per infusione. Gli effetti collaterali più comuni sono stanchezza, nausea, mal di schiena, febbre e tosse. Sarà disponibile da settembre a carico del Servizio sanitario e al momento viene indicato solo nei casi in cui le altre cure non funzionano più.