Un 40enne di Teramo sarà processato dopo aver costretto la moglie a rispettare un vero e proprio “calendario del sesso”, che prevedeva l’obbligo al sesso, cioè un certo numero di rapporti intimi, al di sotto dei quali non tollerava che si scendesse. In caso contrario, minacciava la moglie di tradirla con un’amante.
Il calendario del sesso
La donna aveva subito l’ultimatum, ma era caduta in depressione e aveva persino minacciato il suicidio. Ora il caso è finito in tribunale, dopo che il gup di Teramo, Marco Procaccini, ha deciso il rinvio a giudizio. La moglie si è costituita parte civile contro l’ex, accusato di maltrattamenti psicologici nei suoi confronti.
Un caso che fa discutere, ma che non sorprende gli avvocati che si occupano di diritto di famiglia: «Purtroppo non è un caso così isolato. Verrebbe da dire che è una delle conseguenze di 50 sfumature di grigio e della serie annessa, ma in realtà il tema è molto più profondo e serio e riguarda i diritti e doveri coniugali», spiega l’avvocato Lorenzo Puglisi, presidente dell’associazione Legal Family.
Il caso: la moglie costretta al sesso
Come riporta il quotidiano Il Centro, nel caso di Teramo l’uomo obbligava la moglie a rispettare un calendario di rapporti sessuali, esercitando su di lei una forte pressione psicologica, che l’aveva portata alla depressione. Ora è accusato di maltrattamenti e sarà processato per aver esercitato «anche durante l’intimità di coppia, gravi pressioni psicologiche annotando sul calendario la frequenza con cui avvenivano i rapporti sessuali al fine di monitorarla e minacciandola, qualora fossero diminuiti, di trovarsi un’amante», come ha scritto il gup. Ma esiste un numero minimo di rapporti che occorre rispettare all’interno di una coppia? «Assolutamente no, non è contemplato anche perché sarebbe contrario ad altri diritti costituzionalmente garantiti. Nessuno può obbligare o piegare un’altra persona a compiere un atto o un’azione contraria alla sua volontà. Nel caso specifico, se uno dei due componenti della coppia non vuole avere rapporti, è libero di farlo. Il partner, dal canto suo, potrà chiedere la separazione con addebito, quindi con accertamento della responsabilità di chi ha causato la fine del matrimonio perché verrebbe meno uno dei presupposti dell’istituto stesso del matrimonio», spiega l’avvocato Puglisi.
Dovere coniugale?
Il caso, dunque, rientra all’interno di quanto previsto dal diritto di famiglia: «Va premesso che il dovere coniugale, che ha fondamenta in tempi passati, si deve rapportare con la società odierna. Confermato che nessuno può piegare un altro a soggiacere ad atti o azioni contrari alla sua volontà, il diritto prevede che nel caso in cui ci sia la negazione totale della sfera sessuale, quindi il rifiuto a rapporti, si può chiedere la separazione con addebito – chiarisce il legale – Questo perché il matrimonio prevede una serie di doveri oltreché di diritti, come l’assistenza morale e materiale costante, e in questo ambito rientra anche la sfera sessuale. L’istituto del matrimonio, infatti, è nato con la funzione di costituire il nucleo familiare e quindi procreare: nel caso in cui uno dei due coniugi si rifiuti di avere rapporti, impedisce di fatto di costituire una famiglia e dunque ecco che chi viene privato di questo diritto può chiedere anche l’annullamento del matrimonio stesso, presso la Sacra Rota se si è sposato con rito religioso o al Tribunale se con rito civile».
L’orientamento della Cassazione in casi analoghi è chiaro: «Secondo la Corte di Cassazione non esiste un “diritto all’amplesso” solo perché tra due persone c’è un rapporto coniugale o paraconiugale e non esiste neppure il potere di imporre o esigere una prestazione senza il consenso del partner. Se però il diniego ai rapporti sessuali non è occasionale, ma costante ed immotivato (privo cioè di valide ragioni) il partner respinto può chiedere la separazione con addebito a carico dell’altro. Invece nessun addebito scatta se lei si rifiuta di fare l’amore quando ci sono altre cause, a monte, ad aver allontanato i due coniugi. Tuttavia la Corte conclude che in caso di intimidazioni psicologiche c’è reato: ‘Non esclude l’esistenza del crimine il fatto che la donna non si opponga palesemente ai rapporti sessuali e li subisca quando è provato che l’autore, per le violenze e minacce precedenti poste ripetutamente in essere nei confronti della vittima, aveva la consapevolezza del rifiuto implicito della stessa agli atti sessuali’», ricorda il legale, citando i supremi giudici.
Quando il sesso diventa violenza psicologica?
Naturalmente non si tratta del caso in questione, perché nella vicenda di Teramo la moglie non si rifiutava del tutto di avere rapporti sessuali, quanto piuttosto era costretta ad assecondare il marito nell’averne un certo numero stabilito da lui. Un atteggiamento che ora gli costerà il processo per maltrattamenti: «Certamente nel caso in cui si ravvisi una violenza psicologica si procede per maltrattamenti in famiglia, che è un illecito penalmente rilevante e che dà diritto a chiedere proprio la separazione con addebito della colpa a chi ha causato la fine del matrimonio, che non è più fondato su una scelta condivisa, bensì su una imposizione unilaterale, a senso unico», conferma Puglisi. Insomma, chiedere o imporre un numero prestabilito di rapporti non è possibile: «Esatto, anche perché in Italia non sono leciti i patti prematrimoniali, come invece avviene negli Stati Uniti, all’interno dei quali potrebbe essere previsto anche un certo numero di rapporti sessuali concordati», aggiunge l’avvocato.
Il precedente famoso: JLo e Ben Affleck
Un precedente famoso risale a maggio dello scorso anno, quando era circolata la notizia dell’accordo prematrimoniale tra Jennifer Lopez e Ben Affleck, che prevedrebbe un minimo di sesso 4 volte alla settimana. In quel caso si era discusso soprattutto dei possibili effetti di una “clausola” del genere all’interno della coppia, in termini di affiatamento. Per ora i due vip sembrano vivere la loro storia d’amore a gonfie vele. Ma, appunto, patti del genere in Italia non sono ammessi e la giurisprudenza è già intervenuta in casi analoghi, ad esempio con un’altra sentenza della Cassazione del 2019 (n. 17676). «Spesso la difficoltà ad avere rapporti sessuali soddisfacenti nasconde problemi relazionali profondi – riflette in conclusione Puglisi – Esistono casi in cui la passione si spegne gradualmente ed altri in cui marito e moglie si sposano senza mai provare una reale chimica sessuale: tra di essi, alcuni si arrendono alla separazione, altri, pur tradendo, resistono nel matrimonio frenati da paure e insicurezze».