«E piano piano ho perso i miei chiletti» racconta Patrizia G. di Bologna. Sarà anche l’accento emiliano, ma l’uso di quel diminutivo mi colpisce perché lascia trasparire indulgenza e tenerezza verso se stessa. Se quei “chiletti” li traduciamo in numeri, ci si rende conto di cosa vuol dire avere a che fare con un peso che ti assegna alla categoria obesità. «A 21 anni pesavo 120 chili per un metro e 77 cm di altezza, ma tutto è iniziato molto tempo prima, quando di anni ne avevo 10. Mia mamma si accorse che qualcosa non andava e incontrai il mio primo dietologo. Da allora ho cercato per tutta la vita di stare attenta, con un grandissimo sforzo di volontà che dava periodicamente dei risultati: sono riuscita a perdere 40 chili dopo aver seguito una dieta e associo quel momento a un paio di stivali nuovi che ero andata subito a comprare: la cerniera saliva, scorreva a meraviglia, arrivava in fondo e si chiudeva!».
Piccole grandi soddisfazioni di chi tornerà più volte allo stesso punto di partenza, ricominciando tutto da capo. Nel mezzo, la scomparsa delle mestruazioni a causa del dimagrimento, la risalita del peso durante la gravidanza, fino a un bendaggio gastrico (oggi a questo tipo di intervento che interessa lo stomaco per far passare meno cibo non si ricorre quasi più) fatto con la speranza di mettere la parola fine al problema. Di anni Patrizia, oggi, ne ha 66 e sta ancora combattendo l’aumento di peso. Questa volta con successo, perché nel frattempo il modo di affrontare questa malattia è cambiato. E chi oggi decide di rivolgersi a un medico può davvero sperare di arrivare a un risultato senza vedersi scorrere tutta la vita davanti.
Poco aiuto, tanta consapevolezza
«L’obesità è una malattia, ma molte persone pensano che ne sia affetto solo chi ha un peso spropositato e altre nascondono il problema dicendosi: “Sto bene, ho una vita soddisfacente, perché dovrei farmi curare?”» spiega la dottoressa Maria Letizia Petroni, del Servizio di nutrizione clinica e metabolismo al Policlinico Sant’Orsola Bologna.
Tanti poi sono convinti di potercela fare con una dieta e il movimento fisico. Lo stile di vita è importante, ma il limite ormai riconosciuto di una dieta, spesso fai-da-te e scelta a caso, è che non funziona in assenza di un’educazione alimentare: «Bisogna imparare a riconoscere i segnali della fame e quelli di sazietà o capire insieme al medico se si tratta di fame nervosa» spiega Maria Letizia Petroni. «Un regime alimentare è come un abito: va preso della misura giusta, non deve farmi dimagrire troppo in fretta o forzare l’organismo a dimagrire se a un certo punto il peso si arresta. Occorre procedere per gradi, arrivando a perdere il 15 per cento del peso e poi mantenerlo almeno una volta e mezzo il periodo di dimagrimento. La verità è che non è detto che si debba sempre ricorrere a una restrizione calorica».
Oggi sono nati centri con questo approccio e nel box sotto scopri come trovare quello più vicino a te. In uno di questi lavora la dottoressa Petroni. «Noi sottoponiamo i pazienti a sedute di gruppo o di auto aiuto. Laura, 49 anni, guidata da una dietista ma senza fare una dieta vera e propria, è scesa nel giro di un anno da 98 a 81 chili. Poi ha gestito il mantenimento in autonomia, applicando strategie come quella del semaforo: verde, sta andando tutto bene; giallo (un chilo in più), servono attività fisica e un diario di automonitoraggio; rosso: meglio tornare dal medico».
Anche qui funziona l’empowerment
Le diete sono tiranne, spesso ti legano a loro per sempre. Ben diverso è capire come affrontare il cibo nella vita di tutti i giorni e cogliere i segnali se qualche cosa non va. «Oggi sono di grandissimo aiuto le tecniche cognitivo-comportamentali che insegnano a gestire lo stress, a essere flessibili (manca la bresaola prevista dalla dieta? No problem, si cerca un’alternativa sana), a relazionarsi in casa con i famigliari» continua la dottoressa Petroni. L’obiettivo? Sentirsi più sicure e a proprio agio quando ci si siede a tavola. Meno assillate dal cibo pur sapendo che ogni settimana bisognerà pesarsi. Per sempre.
Un sito che ti aiuta a combattere l’obesità
L’obesità è una malattia complessa, che può dipendere da fattori genetici, ambientali, psicologici e può avere conseguenze gravi sulla salute. Secondo lo studio internazionale Action-Io in Italia solo l’8 per cento delle persone con obesità si rivolge al medico e quando decide di farlo impiega in media 6 anni prima di contattarlo (nel nostro Paese sovrappeso e obesità riguardano 25 milioni di italiani, dati Istat).
Per questo è nato laveritasulpeso.it, un punto di incontro per sfatare alcuni luoghi comuni (“Per perdere peso basta mangiare poco e fare movimento”, “Se non dimagrisco è solo colpa mia”), dare suggerimenti e mettere a disposizione un collegamento al sistema di geolocalizzazione di IO-Net, l’Italian Obesity Network, per individuare i centri specialistici più vicini a cui rivolgersi e per intraprendere un percorso di cura, dall’educazione alimentare alle terapie farmacologiche.