L’ultima volta ne abbiamo parlato a proposito di Carola Rackete, ma le vittime degli odiatori seriali online sono tante e non conoscono distinzioni di classe, età, appartenenza politica o geografica: i commenti saranno comunque cattivissimi, brutali, spesso di una volgarità e una ferocia che lascia sbigottiti. Perché la rete sembra un’arena libera da condizionamenti, una sorta di zona franca dove tutto è concesso e non esiste nessuna regola.
Mentre i giganti del tech, come Facebook, Instagram e Twitter dove l’odio si propaga, cercano ancora soluzioni valide per riconoscere e bannare i commenti violenti, sempre più utenti sentono la necessità di porre un limite al vetriolo via social. E nascono iniziative, non solo campagne di sensibilizzazione ma anche risposte più strutturate per affrontare il problema. Come #Odiareticosta, la campagna lanciata dall’associazione Tlon e dallo studio legale Wildside di Cathy La Torre, avvocata bolognese e attivista Lgbt molto seguita online, che si propone di perseguire, in sede civile, diffamazioni, calunnie e minacce lanciate attraverso Internet, in particolare sui social network.
Una mobilitazione concreta, insomma, che faccia passare il messaggio che non è tutto è concesso, anche se si è su internet: i commenti valgono, anzi, costano. La campagna si avvale del consulto di un gruppo di avvocati, filosofi, comunicatori, investigatori privati, informatici forensi che raccoglieranno le segnalazioni e invitano chi è stato diffamato, offeso o minacciato sui social a inviare il link alla mail [email protected]. Da lì, poi, potrà partire un’eventuale richiesta di risarcimento.
La campagna, lanciata lo scorso 22 luglio, conta già migliaia di condivisioni su Facebook e alcuni testimonial d’eccezione, come la scrittrice Michela Murgia, Fiorella Mannoia e Melissa P. tra le altre. Così La Torre ha raccontato l’iniziativa a Repubblica: «Se il diritto di critica, la libertà di opinione, la libertà di dissenso, anche aspro, duro, netto, schietto, sono diritti sacri e inviolabili, la diffamazione, l’ingiuria, la calunnia, l’offesa e la minaccia non lo sono. Sono delitti che arrecano danni che vanno risarciti. Fino a oggi le vittime di questi delitti sono state lasciate sole».
«Criticare una donna per le sue posizioni politiche è un sacro diritto. Augurarle lo stupro è invece un delitto. Criticare una persona perché solidarizza con i migranti è un sacro diritto. Insultarla, accusarla senza prove di qualche crimine, calunniarla è invece un delitto. Criticare un omosessuale per le sue idee è un sacro diritto: insultarlo, offenderlo, ingiuriarlo, augurargli o promettergli violenza no. Quello è un delitto. È un danno. E si paga», ha concluso La Torre.