Può succedere di sopravvivere ai campi di sterminio nazisti e di ritenere, per questo motivo, di non poter essere ulteriormente delusi dal genere umano. Può succedere di portare ancora impresso sul braccio il numero di riconoscimento di Auschwitz, ma di passare ore in Parlamento a discutere di un altro numero: quello di insulti ricevuti quotidianamente a mezzo social network, circa 200. Può succedere, infine, di proporre l’istituzione di una Commissione che combatta l’odio, il razzismo e l’antisemitismo e di vedersela approvata, ma con ben 98 parlamentari astenutisi dal voto.

Liliana Segre, 89 anni, senatrice a vita, pensava di aver visto tutto nella sua esistenza, ma si sbagliava. Lo sguardo di incredulità con cui ha accompagnato l’esito della votazione in aula è il motivo che mi spinge a scrivere di lei. La Commissione che nascerà avrà il compito di sollecitare leggi e convenzioni sui fenomeni di intolleranza e di promuovere campagne di sensibilizzazione. Ma per gli astenuti, così come per fior fior di commentatori politici, rappresenta un chiaro rischio per la democrazia e la libertà di espressione. Siamo tutti concordi sul fatto che da anni l’odio e l’antisemitismo siano in crescita esponenziale. Ce lo raccontiamo nei convegni, lo scriviamo sui manifesti. Eppure di fronte a un primo tentativo di risposta istituzionale, richiamiamo in vita i fantasmi della censura e della repressione. Come se un ambiente saturo di insulti, di volgarità e di disprezzo non sia esso stesso censorio verso ogni forma di espressione del pensiero pacata e riflessiva.

Non so se una Commissione parlamentare sia la soluzione più giusta o più efficace. Ma credo sia uno dei pochi strumenti che possiamo dare in mano all’unica donna che oggi in Italia può testimoniare quanto l’odio sia pericoloso e quanto possa smettere in un istante di essere solo parole. «Degli odiatori di allora» ha raccontato Liliana Segre «ho visto come dalle parole sono passati ai fatti, fatti talmente tragici per quelli come me che hanno sopportato la deportazione e il campo di sterminio. L’odio era manifestato in ogni parola e mossa. Io sull’odio mi sono formata e sono diventata grande ad Auschwitz».