Sull’olio di palma siamo sempre più confusi. Ora addirittura la Ferrero scende in campo per difendere la Nutella (dove l’olio di palma c’è): “Il nostro olio proviene solo da frutti spremuti freschi ed è lavorato a temperature controllate. E una parte importante del processo, quella finale, è svolta in Italia” dichiarano dall’azienda. “È un olio sicuro, oltre che sostenibile”.

Poco tempo fa (ricordate?) l’associazione Altroconsumo lanciava una petizione per chiedere regole più rigide nella lavorazione di questo prodotto, dopo i risultati dei test su alcuni cibi tra i più consumati da bambini e adolescenti, ricchi appunto di olio di palma (come merendine, biscotti e patatine). L’associazione riscontrava contaminanti tossici nel latte per bebè, mentre in biscotti, merendine e patatine, aveva rilevato i glicil esteri degli acidi grassi (GE), che si sviluppano dal precursore glicidolo, cancerogeno.

Morale: ha cominciato a diffondersi il timore che l’olio di palma potesse essere cancerogeno. Così i supermercati sono corsi ai ripari, con linee di prodotti “free”, senza questo ingrediente. Ora, poi, arriva Ferrero, che sforna risultati sulla non tossicità dell’ingrediente. E la confusione aumenta. 

Cerchiamo allora di fare il punto, con l’aiuto dei nostri esperti.

Di cosa è stato accusato finora l’olio di palma?

L’olio di palma è stato messo sotto accusa all’inizio sia per la questione ambientale (sarebbe responsabile della deforestazione del Sud Est asiatico) sia perché contiene elevate quantità di acidi grassi saturi, pericolosi per la salute di arterie e cuore.

Chi ha parlato per primo di sostanze cancerogene?

Uno studio recente pubblicato dall’EFSA segnala anche che a temperature superiori ai 200° C non solo l’olio di palma ma anche altri oli vegetali, come cocco, arachidi, colza, mais e girasole sviluppano sostanze che, ad alte concentrazioni, sono genotossiche, ovvero possono mutare il patrimonio genetico delle cellule. Queste sostanze sono i glicidil esteri degli acidi grassi (GE) che si sviluppano dal precursore glicidolo, cancerogeno, il 3-monocloropropandiolo (3-MCPD), tossico per i reni e i testicoli e il 2-monocloropropandiolo (2-MCPD), sospettato di essere tossico, ma di cui non ci sono ancora dati sufficienti.

Eppure nessuno ha finora chiesto il bando dell’olio di palma. Come mai?

«Perché è difficile che concentrazioni pericolose siano raggiunte con la normale alimentazione; inoltre nello stesso studio si nota che negli ultimi anni il contenuto di queste sostanze nei prodotti industriali è drasticamente diminuito poiché le industrie hanno modificato i propri processi produttivi» spiegano all’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.

Cosa dice l’inchiesta di Altroconsumo? 

Per cercare di fare chiarezza, Altroconsumo ha deciso di analizzare i valori di 3-MCPD e dei GE di alcuni alimenti: «Abbiamo cercato i contaminanti a rischio in dodici prodotti che rappresentano le categorie di alimenti segnalate dall’Autorità per la sicurezza alimentare come più a rischio per bambini e adolescenti» spiega Rosanna Massarenti, direttore di Altroconsumo.

«I risultati parlano chiaro: un bimbo di 5 mesi che beve 5 biberon di latte supera la soglia di sicurezza per il 3-MCPD. I bimbi più grandi e gli adolescenti superano questa soglia non con il singolo alimento ma all’interno della dieta. Preoccupante la presenza di GE, potenzialmente cancerogeni, in parecchi prodotti come biscotti, merendine e patatine».

Si tratta di sostanze cancerogene?

Le sostanze sotto accusa si sviluppano durante i processi di lavorazione di grassi e olii vegetali trattati a temperature superiori ai 200° C: più alte di quelle che sono raggiunte di norma nei processi di lavorazione dell’industria dolciaria, che è la maggiore utilizzatrice di olio di palma. Queste tre sostanze sono note per essere cancerogene in vitro ad altissime concentrazioni: ciò significa che in laboratorio, a concentrazioni difficilmente raggiungibili con la normale alimentazione, sono genotossiche, hanno cioè la capacità di mutare il patrimonio genetico della cellula.

Dunque davvero l’olio di palma è cancerogeno?

«Non è assolutamente plausibile sostenerlo» chiarisce Antonio Moschetta, ricercatore dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) presso l’Università degli Studi di Bari. «La ricerca scientifica finora ha dimostrato soltanto che alcune sostanze che si sviluppano durante la lavorazione di alcuni oli vegetali possono sviluppare tumore sui modelli animali». Tra l’altro, non si tratta di tumori organo-correlati ma diffusi a vari organi, dal fegato, allo stomaco, al cervello. «Ma di qui a dire che l’olio di palma è cancerogeno per l’uomo è un passo troppo grande anche perché i dati si riferiscono ad un’esposizione cronica e costante ad elevate quantità».

Non solo: è anche difficile specificare quale sia effettivamente la quantità che crea danno: «Se in un alimento ci sono 10 microgrammi di olio di palma non sappiamo da questa quantità quanti nanogrammi di composti tossici si svilupperanno. Inoltre, la quantità di esposizione degli animali non può essere paragonata all’uomo perché abbiamo una capacità di assorbimento del tutto diversa». 

Ma come facciamo a sapere che la quantità di sostanze genotossiche a cui siamo esposti non è elevata?

«Attualmente non è possibile stabilirlo con certezza anche perché uno dei problemi oggi è la difficoltà di estrapolare il composto tossico dal singolo alimento. Ecco perché le raccomandazioni sono quelle di variare il più possibile l’alimentazione e cercare di utilizzare il meno possibile i prodotti conservati e che hanno subito un processo industriale elevato (salumi, prodotti confezionati, scatolame).

Ma c’è un altro fattore da considerare, cioè la capacità del nostro organismo di “ripulire” le proprie cellule dai composti tossici: «E’ la xenobiologia, cioè la strategia messa in atto dal nostro organismo per riconoscere un composto tossico ed eliminarlo. Ognuno di noi ogni giorno assorbe cancerogeni, ma il danno dipende dalla quantità e dalla capacità individuale di “fare pulizia”.

Cosa fare in pratica? 

Appurato che l’olio di palma, stando ai dati scientifici attualmente disponibili, non è cancerogeno ma che comunque sarebbe meglio limitare i prodotti confezionati, come dobbiamo regolarci al supermercato? «La nostra salute dipende dal metabolismo e dall’energia che abbiamo. Perciò, in caso di sovrappeso, diabete, colesterolo o qualunque altra malattia, la corsa sfrenata ai biscotti o alle merendine che non contengono olio di palma non ha nessun senso perché non ci sono le condizioni per ripulire l’organismo dai composti tossici» avverte il ricercatore.

L’olio di palma non è il grasso più salubre che esista, ma nemmeno il peggiore: prima di bandirlo bisogna verificare con che cosa lo si sostituirebbe. Molti prodotti che mostrano sulla confezione la scritta “senza olio di palma” contengono olio di cocco o burro di cacao, che sono altrettanto nocivi di quello di palma per altri aspetti della salute che non sono legati direttamente allo sviluppo di tumori. 

«Inoltre, è impossibile evitare del tutto i prodotti raffinati ma possiamo ridurli al minimo ed educare i bambini ad un’alimentazione che sia fatta con cibi freschi e non lavorati».