Stiamo entrando nella fase 2. Quella in cui tutto è nelle nostre mani. Ora più che mai avremmo bisogno della scuola. Che ha una voce più potente di quella di noi genitori. Non più autorevole, ma più imparziale. La scuola, nella sua espressione migliore, non ha sogni e progetti sui singoli bambini, ma ambisce a puntellare i valori e la coscienza dei cittadini del futuro. E gli studenti glielo riconoscono. Quando la scuola, oltre che di fiumi ed ere geologiche, prova a discutere di diritti e ambiente, di etica e morale, ha un credito importante da parte dei ragazzi. Avremmo bisogno della scuola per far capire loro che, se abbiamo riconquistato i parchi, non significa che abbiamo sconfitto il nemico, ma che andiamo a combatterlo là fuori, con armatura e sensi sempre allerta.
Ora più che mai, anche noi adulti abbiamo bisogno di un racconto che ci tenga uniti. Di libri, teatro, poesia, cinema, messe, che ci facciano sentire al centro di una storia collettiva. Che ci facciano capire l’importanza di ogni gesto, che ci motivino nell’autoisolamento volontario se sarà necessario, che ci mostrino che ogni nostra scelta sarà il battito d’ali di una farfalla che provoca l’uragano dall’altra parte del mondo, come recita la celebre frase di Eric Bress, utilizzata per spiegare come siamo tutti interconnessi.
Invece avremo negozi, ristoranti d’asporto, aziende, poi dopo un paio di settimane musei e biblioteche, infine tutto il resto. Nel frattempo, l’unica fonte di narrazione veramente accessibile a tutti è una televisione che mette in scena quotidianamente il teatro dell’opinione. Scienziati contro economisti, avvocati contro imprenditori, medici contro politici. Un continuo parlare da cui siamo magicamente ipnotizzati, ma che ci provoca solo disincanto, sfiducia in chi ci guida, sconforto circa le nostre possibilità di influenzare le sorti del mondo.
Non sto formulando l’ennesima critica alle scelte del governo. Non ne abbiamo bisogno. Mi fido degli scienziati se dicono che ci vuole cautela sulla riapertura dei luoghi di aggregazione. E mi fido degli economisti se dicono che pur di far ripartire l’economia bisogna correre qualche rischio. Ma questa fiducia si nutre di una narrazione a cui non tutti possono accedere e di cui nessuno si fa carico.
Mi stupisco di come venga sottovalutata l’importanza della motivazione individuale, e quindi di un racconto capace di rinvigorirla, proprio adesso che ci viene chiesto di diventare cittadini d’eccellenza.
È grazie ai sacerdoti e ai poeti che, nella storia del genere umano, milioni di estranei hanno cooperato e agito verso obiettivi comuni. Ma sono proprio loro, oggi, quelli a cui manca la voce.