Tra il nostro Paese e la Ue, spalleggiata dagli Stati nordici, potrebbe aprirsi un casus belli. Chiamata a optare tra l’applicazione senza soluzione di continuità dell’ora solare oppure dell’ora legale – per tutto l’anno e non in alternanza, come è successo fino ad ora – l’Italia ha scelto di non scegliere. Ha comunicato al Parlamento europeo l’intenzione di mantenere il sistema misto di scansione del tempo, 6 mesi con le lancette spostate in avanti di 60 minuti, 6 mesi con le lancette tirate indietro, a ciclo contino. La decisione è stata formalizzata e comunicata in giugno dal governo Conte 1 e non revocata dal Conte 2. Ma è passata sottotraccia, tenuta nascosta all’opinione pubblica (e chissà perché). A rivelare la posizione italiana ci ha pensato il Corriere della Sera, con un articolo ripreso e rilanciato da siti e blog.
Il perché della posizione italiana
La prima ragione della conferma dello status quo – riferisce il quotidiano di via Solferino, citando il documento inoltrato ai referenti Ue – è la «mancanza di una valutazione d’impatto dalla quale si possa evincere, in modo esaustivo, il quadro dei vantaggi e degli svantaggi». Non ci sarebbero sufficienti prove scientifiche per certificare che i due cambiamenti di fuso orario possano davvero danneggiare l’equilibrio psico-fisico dei cittadini, anche se autorevoli esperti sostengono che riflessi e contraccolpi si sentono e si scontano (con sbalzi di umore, disturbi del sonno, problemi cardiaci). La seconda motivazione riguarda le implicazioni economiche del regime di orari: grazie all’ora legale, alle nostre latitudini, per 6 mesi l’anno le luci si accendono più tardi e quindi si consuma meno energia. La terza ragione è connessa a una preoccupazione, quella che le «singole scelte degli Stati membri possano creare un mosaico di fusi orari, con il rischio di non garantire il corretto funzionamento del mercato interno». Altro che ordine, insomma. La confusione aumenterebbe. «Paradossalmente – come osservano da Altroconsumo – si potrebbe disegnare una Europa con fusi orari a macchia di leopardo, dove ed esempio bisognerebbe regolare gli orologi ogni volta che si passa la frontiera di Ventimiglia o il confine del Brennero».
Come andrà a finire?
Come andrà a finire? Smetteremo o no, che l’Italia lo voglia o meno, di spostare avanti e indietro le lancette due volte l’anno? Le risposte non saranno immediate. Le priorità della Ue, con il nuovo parlamento appena insediato e le complicazioni nella formazione della Commissione post elezioni, al momento sembrano altre. Ma prima o poi la questione andrà affrontata. E si capirà se il governo italiano in carica, quale che sia, proverà a tenere la posizione oppure capitolerà. Il sistema a orario unico, in teoria, dovrebbe scattare in tutto il vecchio continente a partire dal 2021.
Le indicazioni della Ue
Gli esperti di Altroconsumo ricostruiscono l’antefatto e aggiungono qualche informazione in più, utile per inquadrare meglio implicazioni e complicazioni. Nella precedente legislatura – ecco il punto di partenza – «il parlamento europeo ha abolito l’obbligo per i vari Paesi membri di passare da un’ora all’altra nel corso dell’anno. Il tutto è successo dopo una consultazione pubblica fatta tra luglio e agosto 2018. I sostenitori della proposta, quelli del parere che lo spostamento delle lancette provocherebbe un danno alla salute, hanno avuto la meglio, con l’84 per cento dei voti espressi», complessivamente 4,6 milioni. A questa sorta di referendum, precisano i paladini dei consumatori, «hanno partecipato in larga parte i cittadini dei Paesi del Nord Europa, a cui non giova l’ora legale)». Poi ogni nazione della Ue è stata chiamata a decidere, entro 24 mesi, se dal 2021 in poi rimanere sempre con l’ora solare oppure adottare come fuso orario fisso quello dell’ora legale.
I conti in tasca e i risparmi
«Sull’altro piatto della bilancia – proseguono gli esperti di Altroconsumo – va messo il notevole risparmio energetico portato dall’ora legale in alcuni Paesi dell’Unione, penisola compresa, grazie all’aumento delle ore di luce. Secondo l’Enea, il sistema attuale comporta una riduzione dello 0,2 per cento sul totale dei consumi. I dati di Terna, l’azienda che gestisce la rete di trasmissione dell’energia elettrica, parlano di oltre 560 milioni di kWh utilizzati in meno all’anno e quindi di un minor esborso di oltre 115 milioni di euro per le famiglie italiane». Tradotto in soldoni, la fonte è sempre l’associazione di consumatori, «tra il 2004 e il 2017 l’ora legale in Italia ha permesso di economizzare e ben 1 miliardo e 435 milioni di euro».
A chi conviene l’ora legale?
«La possibilità di avere più luce disposizione – viene rimarcato, per far comprendere la differenza di posizioni e scelte – avvantaggia soprattutto i paesi del Sud Europa. Nel Nord Europa, invece, le giornate estive sono già molto lunghe a causa della vicinanza con il Polo. In Finlandia, ad esempio, nei giorni più lunghe e il sole sorge prima delle 4 del mattino e tramonta quasi alle 23.00. L’ora guadagnata è inutile, non serve né per avere più luce alla sera né per risparmiare sul fronte energetico».