È fuggito di nuovo M49, l’esemplare maschio che ha fatto riesplodere il “caso orso“ in Trentino. Si trova in un’area del monte Marzola, sopra Trento, localizzato grazie al collare elettronico che gli è stato applicato dopo l’ultima fuga, un anno fa. I forestali lo monitorano: il plantigrado è riuscito di notte a superare una barriera elettrica dell’area faunistica del Casteller, dove si trovava allo scorso 29 aprile, piegando un’inferriata e fuggendo. È l’ennesima caccia all’orso, dopo quelle a JJ4, un’orsa di 14 anni che a giugno aveva aggredito due escursionisti. Prima ancora era toccato a un’altra orsa DJ3, figlia di Daniza (uccisa con un sedativo), con un copione che sembra ripetersi periodicamente.
M49, un orso in fuga
Non ha resistito a lungo Papillon, come è stato ribattezzato M49 per la sua capacità di scappare. È fuggito di nuovo, nonostante sia stato sterilizzato e sembrasse «più docile». Lo aveva già fatto lo scorso anno, dopo una prima cattura ad agosto del 2018, seguita dalla decisione di dotarlo di radiocollare poi tolto e di recente rimesso. Ora è di nuovo libero anche se monitorato ogni 10-15.
Da tempo è in corso un «braccio di ferro» a distanza tra il Ministero dell’Ambiente e l’Amministrazione provinciale: l’Assessore provinciale alla Caccia, Giulia Zanotelli, aveva chiesto il ricorso allo spray bear – usato in Canada e Messico, ma vietato in Italia perché considerato un’arma – invocando anche l’abbattimento degli esemplari pericolosi. Dopo la fuga di M49, invece, il Ministro Sergio Costa ha ribadito la propria posizione, più morbida: «Ogni animale deve essere libero di vivere in base alla sua natura. Papillon ha il radiocollare, quindi è rintracciabile e monitorabile facilmente: non ha mai fatto male a nessuno, solo danni materiali facilmente rimborsabili. Chiediamo che non venga rinchiuso e assolutamente non abbattuto».
I precedenti: l’orsa JJ4
Prima di Papillon era finita al centro delle polemiche JJ4, l’orsa di 14 anni e madre di una cucciolata, che a fine giugno si era trovata faccia a faccia con due escursionisti (secondo le associazioni animaliste si trattava di due cacciatori). Il presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti, aveva firmato un’ordinanza di abbattimento dell’animale, ritenendolo un pericolo per gli escursionisti. Il Tar, però, lo scorso 10 luglio ha accolto il ricorso di Lav, WWF, Lac, Lipu e Lndc, vietandone l’uccisione e indicando la cattura o il monitoraggio con radiocollare come soluzione alternativa.
L’ordinanza di Fugatti è dunque stata sospesa fino al 30 luglio, mentre il ministero dell’Ambiente ne vorrebbe l’annullamento. «Ci auguriamo tutti che intervenga il Ministro, glielo chiediamo da tempo con forza» spiega Massimo Pigoni, vicepresidente dell’Enpa, l’Ente Nazionale per la Protezione degli Animali. Al momento, invece, nessuna nuova dichiarazione è arrivata dalla Provincia di Trento.
Prima di questi casi più recenti era toccato all’orsa DJ3, figlia di Joze e Daniza, anch’essa diventata protagonista della cronaca perché uccisa tramite narcotici dopo una fuga sempre nei boschi del Trentino. Anche la figlia si trova in cattività in un recinto del Centro faunistico del Casteller, a sud di Trento (lo stesso da dove è scappato M49), da 8 anni, nonostante le proteste delle associazioni animaliste.
Quanti sono gli orsi (e quanto sono pericolosi)?
Sono circa 100 gli orsi presenti in Trentino. Dopo il ripopolamento, voluto per scongiurarne la scomparsa, l’Amministrazione provinciale ritiene però che ora siano troppi e che rappresentino un pericolo per la popolazione umana e animale nella zona. Per la Coldiretti gli orsi sono responsabili dei danni ai raccolti, per gli allevatori sono una minaccia per bovini e caprini (ritengono Papillon l’autore della metà delle aggressioni agli animali).
A preoccupare, però, sono i possibili incontri con l’uomo. «Il Trentino è apparso incapace di gestire gli animali, dopo aver ottenuto i finanziamenti europei per il ripopolamento. M49 ha dimostrato di non essere un orso aggressivo. I casi di persone uccise da plantigradi o aggredite sono limitatissimi. Certo, ci vuole cautela, sono animali di grossa stazza e se si pensa, trovandoseli davanti, di impugnare un’arma e cacciarli, si sbaglia. Non sono sicuramente peluche né animali da compagnia, ma l’esempio dell’Abruzzo dimostra che la convivenza è possibile» spiega Pigoni.
In Abruzzo gli orsi sono liberi
«In Abruzzo non solo sono liberi: ci vivono da sempre, sono una cinquantina e non danno problemi, tanto che non sono segnalate aggressioni e sono persino fonte di attrazione per un certo turismo» chiarisce Pigoni.
Ma allora perché in Trentino non è così? «È la gestione ad essere differente: ci sono state due fughe e dopo la prima all’orso è stato persino tolto il radiocollare, mentre era sufficiente tenerlo e monitorarne gli spostamenti, senza chiuderlo in un recinto. Questa soluzione deve essere l’extrema ratio» aggiunge il vicepresidente dell’Enpa, secondo cui anche la sterilizzazione (ritenuta da molti un “atto criminale”) si è dimostrata fallimentare.
Anche il ministero dell’Ambiente riteneva che la cattura non fosse una soluzione («Gli troveremo una nuova casa» aveva annunciato, anche se poi non aveva ricevuto disponibilità dai parchi vicini). Ma perché tutto questo rimpallo di responsabilità?
Chi deve decidere
«La responsabilità della gestione di questi animali è della Provincia autonoma di Trento, ma l’orso è Patrimonio indisponibile dello Stato: significa che è proprietà di tutti i cittadini italiani. Il ministero quindi fornisce solo linee guida, non ha competenza per intervenire direttamente» spiega l’Enpa.
Il documento di riferimento per la gestione dei plantigradi in Italia è il Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’Orso Bruno sulle Alpi centro-orientali (PACOBACE), siglato dalle Province autonome di Trento e Bolzano, Regione Friuli Venezia-Giulia, Regione Lombardia, Regione Veneto, Ministero dell’Ambiente e Ispra, adottato con un decreto nel 2008 (n.1810). Nel 2015, però, il Piano d’azione è stato modificato in seguito all’aumento del numero di orsi, ai danni causati dai plantigradi ad agricoltura e allevamenti, e alla loro pericolosità, ritenuta in aumento.
L’amministrazione provinciale trentina ha definito l’orso «problematico», consentendone la cattura (Captivazione permanente) e l’abbattimento nel caso in cui le misure di prevenzione e dissuasione fossero inefficaci. Da qui il braccio di ferro tra enti locali e statali, fino al ricorso ai tribunali.