Nei fondali degli oceani esistono minerali in grado di produrre ossigeno. Lo ha scoperto l’Associazione scozzese per le Scienze marine, che ha pubblicato i risultati dello studio che rivoluziona tutto quello che finora sapevamo sull’ossigeno sulla rivista Nature Geoscience.

Ossigeno non generato da esseri viventi

Si tratta della prima volta al mondo che viene individuato ossigeno non generato da esseri viventi attraverso il processo della fotosintesi. Secondo i ricercatori questa scoperta spinge a proteggere gli ambienti marini messi a rischio a causa delle estrazioni minerarie sottomarine.

La scoperta sensazionale

I minerali in grado di produrre ossigeno sono stati scoperti a circa 4mila metri di profondità. «Abbiamo sempre dato per scontato che l’ossigeno presente sul nostro pianeta sia prodotto esclusivamente dalla fotosintesi, ma in questi ultimi 7-8 anni stiamo scoprendo che non è così», ha spiegato all’Ansa il microbiologo Donato Giovannelli, dell’Università Federico II di Napoli.

La scoperta è avvenuta mentre gli studiosi stavano effettuando alcune analisi lungo una vasta regione della dorsale oceanica del Pacifico. Secondo i ricercatori, negli abissi marini possono avvenire particolari reazioni che portano al rilascio di ossigeno. Il fenomeno è dovuto alla presenza di alcuni depositi minerali molto particolari, detti noduli polimetallici.

Questi ultimi agiscono come una sorta di batteria naturale, generando una piccola tensione di corrente simile a una batteria a 1,5 V. La corrente prodotta è in grado di scindere le molecole di acqua, separando l’idrogeno dall’ossigeno.

Una fonte di ossigeno finora sconosciuta

Il professor Giovannelli ha anche spiegato: «Stiamo scoprendo che esistono varie fonti di ossigeno sul pianeta, non sappiamo ancora quanto siano rilevanti, quanto ne producano e che impatto abbiano avuto sul passato del pianeta e sulla diffusione della vita, ma certamente sono scoperte che obbligano a rivedere alcune cose che ritenevamo come assunti».

Quindi, ha aggiunto: «In questo caso mi pare molto interessante che la reazione avvenga proprio con gli stessi metalli che troviamo anche in biologia, all’interno delle cellule. Di fatto è un meccanismo molto simile».

Tutelare i fondali marini

Purtroppo il fondo degli oceani, alla profondità di 4mila metri, è messo a rischio da molte aziende minerarie, che spesso lavorano in modo invasivo. Da qui l’allarme degli scienziati, affinché si apra un dibattito su questo settore in espansione sui cui rischi finora si è discusso troppo poco.

«Sappiamo pochissimo di questi ecosistemi e con le attività estrattive rischiamo di perderli ancor prima di conoscerli», ha detto Giovannelli. Gli altri ricercatori che hanno partecipato alla scoperta gli fanno eco.