L’Italia invecchia. L’onda lunga degli anziani e di una società sempre più grigia impatta sulla rete assistenziale pubblica, sulle pensioni, sulla spesa sanitaria. Il conflitto generazionale è uno dei più forti nelle nostre società, non solo in Italia, ma questo non significa che gli anziani siano un peso. Se il lockdown ci chiede altri sacrifici a sostegno di questa fetta di popolazione, non possiamo non allungare il nostro sguardo su quanto i nonni diano alle famiglie, al nostro vivere quotidiano, su quanto contengano con i loro risparmi l’urto del disagio dei giovani, su quanto contribuiscano insomma all’economia di un intero Paese. Zitti zitti i nostri nonni, quasi riconoscendo l’importanza strategica del loro ruolo, sono diventati un perno dello Stato sociale parallelo, quello che cresce nelle nostre famiglie, senza alcun aiuto del pubblico: essenziali nel sostegno agli equilibri familiari con il loro aiuto concreto e con le loro pensioni che integrano il budget delle neofamiglie dei figli. Ma essenziali anche nello spingere in su i consumi, quanto a capacità di spesa e tempo libero, compatibilmente con lo stato di salute.
Quanti sono gli anziani in Italia
Per cominciare, quanti sono gli anziani in Italia? Nel nostro Paese gli ultra64enni rappresentano circa il 21% della popolazione, circa 14 milioni. Ma è una quota destinata a crescere rapidamente.
Uno studio dell’Osservatorio di Confindustria ha mostrato una crescita dell’aspettativa media di vita pari a 11 anni per gli uomini e 9 per le donne negli ultimi 40 anni. Se quindi allunghiamo lo sguardo fino al 2036, potremmo vedere un’Italia in cui i senior saranno il 29% della popolazione complessiva, arrivando al 35,1% nel 2050, superando la media europea che dovrebbe fermarsi al 29,8%. Pensando alla pandemia, è chiaro che questa imponente quota di anziani ci rende un Paese particolarmente fragile. Sarebbe però un errore leggere questo dato solo in una prospettiva allarmistica.
Se è vero che una popolazione anziana può essere un problema per i crescenti bisogni di assistenza sanitaria, in occasione della Settimana europea dell’invecchiamento attivo e in salute (2-6 novembre), PASSI d’Argento-EpiCentro (un sistema di monitoraggio della popolazione con più di 64 anni dell’Istituto Superiore di Sanità) pubblica questi dati: tra gli over 65 quasi 1 su 3 rappresenta una risorsa per i propri familiari o per la società.
In dettaglio: il 19% si prende cura dei congiunti, il 14% aiuta familiari o amici con cui non vive e il 5% partecipa ad attività di volontariato. Circa un terzo dei senior che si occupano di figli o nipoti, inoltre, è donna: il 32% rispetto al 24% degli uomini.
Il primo punto di forza: longevità e buona salute
La capacità di contribuire attivamente alla vita sociale risiede prima di tutto nella buona salute. Sempre secondo Passi d’Argento, nel periodo 2016-2019, l’87% della popolazione ultra 65enne giudica complessivamente buono o discreto il proprio stato di salute (“discreto” il 49%, “bene” o “molto bene” il 38%).
E questo nonostante un ultra 65enne su 4 sia policronico, ovvero conviva con due o più patologie croniche. Un dato importante da sottolineare perché sappiamo che soffrire di più malattie per molti non compromette la possibilità di vivere a lungo, ma è invece una condizione di maggiore vulnerabilità rispetto al contagio da Covid.
Il secondo punto di forza: la ricchezza e i consumi
Il secondo elemento che permette agli over65 di essere determinanti per il sistema socioeconomico è la ricchezza media, piuttosto alta rispetto alla media degli italiani. Secondo il report di Confindustria è stimata in 232mila euro pro-capite contro i 110mila degli under 35. Il consumo medio annuo è di 15,7 mila euro per ciascun over 65, rispetto ai 12,5 mila euro di chi a meno di 35 anni. Anche il reddito medio è superiore: 20mila euro rispetto ai 16mila euro dei più giovani.
Questo significa che il loro contributo ai consumi si stima circa intorno ai 200 miliardi di euro, pari a circa un quinto del totale di quanto spendono le famiglie nel nostro Paese. È la cosiddetta silver economy, cioè l’economia basata sulla spesa degli ultra 65enni.
La maggior parte della spesa, secondo i dati Censis, è dedicata alla casa (79%), seguita dall’alimentazione (33%) e dai trasporti (11,6%). Una novità, rispetto a una decina di anni fa, è però rappresentata dai consumi per la tecnologia: quasi il 30% utilizza internet che rappresenta il 4% delle uscite per gli over 65. È molto importante il contributo ai consumi culturali. A teatri, cinema, musei, concerti va il 7,1% del budget. Altro ambito a cui riservano una quota di risparmi non indifferente è il turismo, con quasi 5 miliardi di euro complessivi all’anno, fino allo stop del 2020.
Da non sottovalutare, poi, il contributo economico dei senior ai bilanci familiari. Ben il 40% sostiene i propri figli e le loro famiglie: 1 su 4 contribuisce con la pensione o lo stipendio, se ancora in età da lavoro, mentre il 34% aiuta economicamente i nipoti. Secondo il report di Confindustria, il contributo complessivo per i propri cari da parte degli anziani arriva a 10 miliardi di euro all’anno.