«Non sono un eroe e non combatto battaglie. Sono un padre». Ha un bel pretendere di non essere incensato Luca Trapanese, assessore alle Politiche sociali di Napoli, che nel 2018 ha adottato Alba, una neonata con sindrome di Down: i media hanno salutato la sua scelta proprio così, come un’impresa “eroica”, la sua storia è raccontata in un memoir, Nata per te, che è diventato film, e un Comune laziale gli ha conferito la cittadinanza onoraria. Vorrebbero essere «una famiglia come le altre», ma Luca e Alba sono il simbolo di un’anomalia. Come straordinarie sono le storie che al cinema immortalano le gesta quotidiane di padri single: dall’educazione sentimentale di Aftersun al Vincent Lindon ferroviere di Noi e loro, fino agli adorabili padri vedovi che costellano la liturgia del Natale: Jude Law de L’amore non va in vacanza o Liam Neeson di Love Actually.
Quanti sono i padri single in Italia
Tornando sulla Terra, in Italia, gli ultimi dati Istat ci dicono che dei quasi 4 milioni di nuclei monogenitoriali, i padri single con uno o più figli sono il 22,4 per cento, pari al 5,2 per cento delle famiglie italiane. Una categoria in crescita, opaca, che mescola separati, divorziati e vedovi, in cui la vicenda di Trapanese un aspetto di straordinarietà lo contiene davvero, perché la legge italiana in teoria non permette l’adozione alle persone single. O forse sì.
Ciò che pochi sanno è che la normativa lo concede quando il bambino risulta “incollocabile”, circostanza che di fatto si verifica in casi di disabilità, abusi, malattie
Gli uomini single non possono diventare padri
L’eccezione che conferma una regola: nel nostro Paese un uomo solo non può scegliere di diventare padre né, come s’è detto, attraverso l’adozione (salvo i casi citati), né con la gestazione per altri, recentemente dichiarata reato universale. Lo ricorda Marco Cappellini, terapeuta familiare e relazionale, una grande esperienza sul tema dell’infertilità e della genitorialità maschile: «Quando parliamo di padri single, ci riferiamo quasi sempre a situazioni paranormative, in cui nel ciclo di vita di una famiglia accade qualcosa che esula dalla norma: una separazione in cui la madre è abbandonica, giudicata inadeguata alla genitorialità o che all’improvviso muore».
Per i padri il futuro è fatto di scelte e regole che si fanno in due
Mentre per le single è intuitivamente più facile approdare alla maternità fuori da una coppia, i padri soli censiti sono l’esito della deriva di un progetto di coppia: «Quando un uomo decide di avere dei figli, s’immagina un futuro in cui le scelte e le regole si fanno in due, si condividono le malattie, le difficoltà nell’adolescenza, i primi drammi d’amore… Questi padri arrivano nelle stanze di terapia in cerca di un aiuto rispetto a errori che magari commettono, è umano, ma anche di un conforto sulle decisioni da prendere».
I padri single sono ancora vittime di stereotipi duri a morire
E quando non si misurano col senso d’inadeguatezza, sono altri a proiettarlo loro addosso. Dal giorno in cui ha perso la moglie, 10 anni fa in un incidente, Gherardo si è ritrovato solo coi suoi tre figli, che allora avevano 3, 5 e 8 anni. «Oltre ad affrontare un dolore immenso, ho dovuto rivoluzionare la mia vita, trovarmi un lavoro che non mi portasse lontano, farmi carico delle incombenze dei bambini e della casa; un lungo apprendistato, che non avrei potuto affrontare senza la mia famiglia. Mi ci sono messo d’impegno, sono pignolo e non volevo far mancare nulla ai ragazzi: ho imparato dagli errori, mi sono fatto aiutare, anche psicologicamente».
La parte più difficile è stata conquistarmi la fiducia di una serie di figure adulte, come certe maestre, che a lungo si sono rivolte solo alle nonne e alle zie; o l’insegnante di danza, che mi sfiniva di raccomandazioni su come lavare i body e “montare” lo chignon delle bimbe. Mi sono sentito sotto osservazione, considerato con la sospettosa quiescenza che si riserva a uno zelante impostore
I padri single devono dimostrare sempre di essere all’altezza
A volte la diffidenza, il pregiudizio, arrivano a stravolgere una quotidianità già messa duramente alla prova, come nel caso di Francesco, commerciante, 57 anni, due figli, di 18 e 14: «Tutto è cominciato quando il grande, in prima elementare, ha manifestato sintomi di deficit di attenzione e iperattività: la maestra consigliò un percorso con logopedista e psicologa. In quel periodo, io e la mia ex vivevamo seri problemi. Un giorno mi decisi ad andare dalla psicologa da solo, le raccontai di come la madre non si curasse dei bambini, delle sue assenze da casa, dove spesso non rientrava neanche la notte. Sospettando che i problemi fossero legati alla situazione familiare, lei fece una segnalazione al Tribunale dei minori». A sorpresa, questo affidò i minori ai servizi sociali, con collocazione presso il papà e la facoltà per la mamma di vederli in giorni stabiliti.
Da allora, ho vissuto sotto la minaccia che me li portassero via; anni a dimostrare di essere in grado di tirare su i miei figli. Se un padre va via di casa, però, la madre non deve dimostrare niente
La competenza genitoriale di un padre single è “difettosa”?
Perché spetta a lui l’onere di dimostrare il contrario? «Un padre oggi può svolgere tranquillamente funzioni materne, affettive, emotive, di speranza» spiega Cappellini. «Come ci sono madri che hanno funzioni più paterne, legate alle regole, al dovere. Ma la società abbraccia ancora stereotipi che vorrebbero gli uomini più carenti da un punto di vista emotivo, affettivo. Basandomi sulle mie ricerche, noto che si parte sempre dal principio che il desiderio di un figlio sia prevalentemente femminile, come se agli uomini non importasse poi molto. Questi, di conseguenza, vengono pensati come meno coinvolti nella genitorialità, si cade facilmente nello stigma del padre assente, trascurante, che interviene per ultimo e per forza. È un tema delicato, il mondo in evoluzione dovrà comprendere che non si parla più solo di biologia, ma di funzioni all’interno di un modello bio-psico-sociale».
Ogni essere umano, a prescindere dalla sua biologia, ha componenti interne maschili e femminili. Un babbo può essere più materno e femminile di una madre e viceversa. Dipende dalla persona che s’incontra e dalla relazione che si costruisce con lei
I nuovi padri Millennial
Nel frattempo, i padri Millennial sperimentano serenamente al fianco delle compagne quell’apprendistato che Francesco e Gherardo hanno affrontato in situazioni più drammatiche e che mescola ruoli e funzioni, autorevolezza e tenerezza, incombenze e svaghi. Nuovi padri, come quelli che Alberto Pellai racconta in Nella pancia del papà (Salani), in cui il medico e psicoterapeuta si rivolge a papà e bambini, celebrando la tenerezza e l’amore.
Per fortuna a volte gli stereotipi vengono smantellati
O come Antonio, cintura nera di filastrocche per la nanna, che ogni mattina s’alza alle sei, prepara la colazione e porta le figlie a scuola, dov’è rappresentante di classe, un punto di riferimento tra i genitori. Per qualsiasi imprevisto, state certi che ha dietro un cambio e una scorta di fazzoletti, elastici e caramelle. Chiuso il portone, inforca la moto e va sui cantieri di cui è supervisore. Fino alle 16, quando cambia il casco di protezione con quello da moto e torna dalle bambine, finché Clara, la compagna, non rientra, trovando spesso in tavola minestre o torte salate fumanti.