Nei Panama papers ci sarebbero il presidente di Alitalia Luca Cordero di Montezemolo, il bomber spagnolo Leo Messi, una società italiana che si occupa di sistemi elettronici, la squadra dell’Inter e il pilota di Formula 1 Jarno Trulli (che ha confermato), il noto volto della tv Barbara D’Urso e l’attore Carlo Verdone. E poi Unicredit e Ubibanca. Il premier pachistano e quello islandese, i presidenti dell’Ucraina e della Cina, della Russia.
Sono alcuni dei nomi importanti comparsi nei Panama papers: documenti da cui emerge una rete di società create nei paradisi fiscali mondiali. Vediamo meglio di cosa si tratta.
Che cosa sono i Panama papers?
I Panama papers sono documenti riservati di uno studio legale di Panama (il Mossack Fonseca), la cui principale attività era proprio la creazione e gestione di società in paradisi fiscali, paesi cioè dove le tasse non si pagano o si pagano poco. Come appunto Panama, ma anche Isole Vergini, Svizzera, Seychelles, Bahamas o le Cayman.
Di che documenti si tratta?
Stiamo parlando di 11,5 milioni di documenti segreti (e-mail, report riservati e contratti) che raccontano le attività dello studio legale per conto di 14mila clienti mondiali, dal 1977 al 2015. Nei file, si parla di 214 mila società particolari, che spesso sono solo casseforti di altre attività economiche presenti altri paesi. Per rendere l’idea della mole di dati: file per 2600 Gigabyte. È la più grande fuga di notizie della storia, una matassa di file che supera anche i documenti informatici rilasciati da Wikileaks nel 2010.
Come sono uscite queste informazioni?
Lo studio legale Mossack Fonseca ha una miriade di uffici in giro per il mondo e almeno 600 dipendenti. Uno di questi (che ha chiesto l’anonimato) ha passato tutto il materiale a un giornale tedesco (che stava lavorando su una banca tedesca accusata di frode fiscale, in affari con Mossack Fonseca). I giornalisti poi l’hanno condiviso con una rete di 400 colleghi investigativi di 80 paesi. Per un anno, il network di reporter ha lavorato per capire i collegamenti fra società, persone ed entità dei fondi.
Dove sta il problema?
È emerso che potenti, politici, imprenditori, vip, calciatori, attori e faccendieri vari creavano queste società in paradisi fiscali, eludendo così i controlli del loro fisco. In esse, nascondevano quantità di denari, che potevano considerarsi al sicuro da controlli e dalle tasse. I giornalisti per esempio hanno collegato il presidente russo Vladimir Putin a fondi (titolati a dei prestanome) per due miliardi di dollari.
Ma si possono fare questo genere di operazioni?
In finanza, una società creata in un paese dove le tasse si pagano poco, si chiama società ‘offshore’. Nulla vieta, per esempio, a un’azienda italiana di crearsi una società offshore alle Bahamas e portarci lì i suoi utili. Il fatto è che dovrebbe dichiararlo al fisco e su questi soldi dovrebbe pagare le tasse in Italia, visto che l’utile è stato prodotto lì. La società offshore è in pratica una scatola vuota, utile per metterci i soldi. Diverse multinazionali lo fanno per pagare meno tasse. Questi paesi paradisi fiscali le accolgono a braccia aperta perché portano denaro e in cambio garantiscono totale riservatezza. Le offshore sono però società utilizzate anche dalla criminalità organizzata per il riciclaggio di denaro sporco e per l’occultamento di ricchezze.
Panama papers”: cosa ci ricorda il nome?
Panama apers ci ricorda i Pentagon papers: nel 1971, 7mila pagine dattiloscritte del Dipartimento di Stato americano ‘vennero passate’ al New York Times, portando alla luce le azioni militari americane nel Vietnam fra il ’45 e il ’67. Molto tempo dopo (2010) arrivò Wikileaks, con la pubblicazione di 250mila riservatissimi documenti diplomatici Usa.