Panino sì, panino no. Il dilemma sembra ormai sciolto: a scuola si potrà portare anche un pasto da casa, che sia un sandwich o un piatto freddo o caldo. A porre fine alla diatriba che da tempo vedeva opporsi, periodicamente, gruppi di genitori a dirigenti scolastici o amministrazioni comunali è stato risolto da una sentenza del Consiglio di Stato, che ha confermato un pronunciamento del Tar della Campania. Ma quanto è sano un panino come sostituto di un pasto “caldo”? Come bisognerebbe imbottirlo e conservarlo? Mangiare cibi diversi dagli altri compagni, può essere controproducente?
I fatti
Il Comune di Benevento si era opposto alla richiesta di circa 50 tra mamme e papà di un istituto locale, che chiedevano di consumare a scuola i pasti preparati a casa. Il motivo del pronunciamento sta nel fatto che un regolamento comunale (nella fattispecie quello guidato da Clemente Mastella) non può vietare la libertà delle famiglie in tema alimentare né l’autonomia dei presidi. I giudici hanno anche ricordato quanto stabilito da una circolare del Miur, il ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca (n.348 del 3 marzo 2017) che “nelle more ha confermato la possibilità di consumare cibi portati da casa, dettando alcune regole igieniche ed invitando i dirigenti scolastici ad adottare una serie di consequenziali cautele e precauzioni”.
Quanto fa bene il panino a pranzo?
“In linea teorica un panino (a patto che insieme al ripieno costituisca un pasto bilanciato dal punto di vista nutrizionale) potrebbe essere un buon sostituto del pasto a condizione che lo si alterni ad altre pietanze per esempio costituite da cereali diversi dal grano come riso, farro, orzo, e non sia l’unica alternativa da portare a scuola” – spiega a Donna Moderna la biologa nutrizionista Maria Laura Tortorella – “Purtroppo però non in tutte le famiglie ci sono abitudini alimentari sane e si tende spesso ad assecondare il gusto dei bambini che, un po’ per praticità un po’ per abitudine, finiscono spesso per seguire un’alimentazione monotona e poco bilanciata in termini di apporto di nutrienti fondamentali (carboidrati, proteine, grassi, vitamine e sali minerali) a discapito di salute ed educazione alimentare”.
Quanto alle raccomandazioni sulla conservazioni l’esperta fornisce alcune raccomandazioni: “I cibi dovrebbero essere trasportati e conservati fino al momento della consumazione ad una temperatura di 4 gradi, soprattutto in estate quando gli alimenti tendono a deteriorarsi più facilmente, quindi utilizzando delle borse-frigo provviste di ghiaccio sintetico” – spiega Tortorella – “I contenitori da utilizzare sarebbero da preferire in vetro anziché in plastica, alluminio o materiali che possano rilasciare particelle nei cibi. In inverno, invece, ci sarebbe la necessità di riscaldare le pietanze prima del loro consumo ad una temperatura adeguata”.
In ogni caso, la sentenza apre la strada a un possibile ricorso ai cibi preparati a casa, che potranno essere portati a scuola in tutta Italia.
La sentenza ha valore nazionale
Il pronunciamento del Consiglio di Stato rappresenta uno spartiacque: avendo valenza nazionale, potrà essere citato in tutti i casi di contenzioso analogo che si sono verificati finora – dove no ci sia ancora una soluzione – e per quelli futuri. I precedenti principali si sono verificati a Venezia, Verona, Ferrara, Genova, Guidonia, Milano, Lucca e appunto Benevento. D’ora in poi in tutte le scuole ci si potrà avvalere della sentenza per non sentirsi costretti a pagare la mensa comunale se non si vuole usufruire del servizio.
Si tratta di una casistica molto variegata al suo interno: si va da famiglie che non ritengono il servizio di mensa rispetti i propri standard (nella tipologia o qualità del cibo servito) o che semplicemente non possono permettersi il costo dei pasti offerti dalla mensa scolastica. Finora era costretti a far uscire il figlio da scuola durante la pausa mensa, per poi farlo rientrare prima della ripresa delle lezioni pomeridiane. Ma non sempre ciò era possibile, per impegni di lavori dei genitori.
Laddove le famiglie decidessero di optare per il fai-da-te, sarebbe sempre bene seguire alcune indicazioni per evitare una dieta sbilanciata: “Ad ogni pasto un bambino dovrebbe assumere una fonte di carboidrati (pasta, pane, riso, farro, orzo, patate…) abbinata ad una fonte proteica (ad esempio formaggio, pesce, carne, uova e legumi) unito ad una di fibre e vitamine, costituita da una verdura di stagione (spesso gradita sotto forma di polpette o burger), insieme a una dose di grassi buoni come l’olio extravergine d’oliva” dice l’esperta nutrizionista.
Rischio “discriminazione”?
Ma cosa può comportare per i bambini il fatto di mangiare cibi differenti dai compagni, anche se nello stesso locale mensa della scuola? “Indubbiamente potrebbe creare delle differenze in un momento che adesso è di estrema condivisione per i bambini, con il pasto comune a tutti della mensa (fatta esclusione per le esigenze nutrizionali speciali come i bambini celiaci o allergici a qualche alimento). Inoltre il piano alimentare previsto dal nutrizionista è spesso un modo per il bambino per sperimentare anche alimenti “nuovi” da quelli abitualmente consumati a casa. Sarà invece cura del genitore trasmettere sane abitudini alimentari a casa durante la cena e, quando possibile, sarebbe educativo cenare tutti insieme seduti intorno al tavolo, conversando senza avere la televisione accesa. Laddove fosse necessario alla famiglia, potrebbe essere utile prevedere degli incontri di educazione alimentare per genitori e bambini con esperti del settore” dice la biologa nutrizionista.
“Credo dunque che l’unione di mensa scolastica e sana alimentazione in famiglia possa essere un plus della nostra società, di supporto all’educazione alimentare del bambino che avrà modo di sperimentare menù e cucine diverse, nonché il piacere della condivisione di pasti comuni sia con i compagni di classe sia con i familiari, a seconda del contesto che si trova a vivere nelle diverse ore della sua giornata” conclude Maria Laura Tortorella.
Regione che vai, mensa che trovi
Al momento il servizio mensa in Italia presenta notevoli differenze a livello regionale, sia nel tipo di alimenti previsti, sia nel loro costo. In alcuni casi sono messi a punto menù biologici o che contemplano piatti tipici regionali, in altri invece sono privilegiate materie prime a km zero.
L’Unione europea ha stanziato 25,8 milioni per il periodo dal 2017 al 2023 per sostenere il consumo di più frutta e verdura nelle scuole primarie, sensibilizzando gli alunni a uno stile alimentare più sano. Nel 2018 sono stati 2.900 gli istituti che hanno aderito ai progetti (fruttanellescuole.gov) per un maggior consumo di frutta e verdura e per la realizzazione di laboratori sensoriali, riguardando complessivamente 1 milione 200 mila studenti.
Molte sono anche le variazioni nei costi. Secondo il rapporto di Save the Children, (Non) tutti a mensa) 2017, i prezzi più elevati si registrano a Ferrara, con 7,28 euro a pasto per alunno, mentre quelli più bassi si trovano a Palermo, con 0.30 euro ciascuno.