Sono oltre 6 milioni gli italiani che «vivono costantemente in stato d’ansia», che hanno «paura di tutto»: in una parola, che sono panofobici. A rivelarlo è il Rapporto sulla filiera della sicurezza in Italia di Censis e Federsicurezza, secondo cui le fobie colpiscono soprattutto le donne, oltreché i giovani, sia in casa sia quando si esce. La pandemia, secondo gli esperti, ha aumentato il numero di coloro che provano la panofobia. «Senz’altro la paura del Covid ha contribuito, ma sono cambiati anche alcuni criteri di normalità: alcuni comportamenti prima ritenuti sintomatici, ora sono giustificati da condizioni oggettive: basti pensare alle norme di igiene e pulizia che oggi sono seguite da tutti e in passato potevano essere indice di qualche forma di ossessione» spiega Cinzia Cefalo, psicologa e psicoterapeuta.
Donne e giovani i più in ansia
Dalla ricerca del Censis e di Federsicurezza emerge un primo dato evidente: ad essere colpite dalla panofobia sono soprattutto le donne: sono quasi 5 milioni, pari al 17.9% della popolazione femminile complessiva. Al secondo posto si trovano i giovani, interessati da ansie di varia natura. Si tratta di circa 1,7 milioni di under 35, ossia il 16.3% del totale. La pandemia ha contribuito in entrambi i casi, ma mentre per i più giovani la spiegazione sembra essere più legata alle limitazioni alla socialità (scuola, università, incontri con i coetanei), per le donne c’è anche un’altra spiegazione: «A influire sono fattori culturali e di genere: noi donne abbiamo una maggiore sensibilità in generale, più consapevolezza dei propri disagi e di solito accediamo con più facilità alle cure psicologiche, mentre l’uomo ha ancora reticenza ad ammettere eventuali difficoltà» spiega l’esperta.
Cos’è la panofobia
«La panofobia o panfobia (dal greco pan, tutto, e fobia, paura) è la paura persistente ed ingiustificata di tutto – spiega la psicoterapeuta – Non si tratta, quindi, di una fobia specifica quanto piuttosto del timore irrazionale ed immotivato di ogni cosa. È come se la persona avvertisse costantemente la sensazione di essere minacciata da un male sconosciuto». Tra le conseguenze ci sono il senso di ansia e inquietudine perenne, insieme a comportamenti difensivi che portano a evitare persone o situazioni che vengono ritenute fonti di rischio e pericolo. Ma se finora la panofobia si associava a depressione o ansia, oggi sembra che il Covid abbia cambiato le cose. «L’ultimo anno è stato particolare, la salute psichica ne ha risentito, alcune condizioni preesistenti si sono riacutizzate e altre si sono diffuse anche nella popolazione generale» dice Cefalo. Ma quali sono le fobie più diffuse oggi?
La paura di camminare per strada
Tra le paure principali, secondo il rapporto di Censis e Federsicurezza, c’è quella di camminare per strada, che riguarda il 75.8% del campione: «È probabile che dietro questa fobia ci sia il timore di entrare in contatto con l’altro, di contagiarsi – dice Cefalo – In generale è possibile che sia cresciuta la diffidenza nei confronti dell’estraneo per la paura di ammalarsi, anche se poi i dati ci dicono che la maggior parte dei contagi avviene tra familiari. Il distanziamento sociale ha inciso molto sulle percezioni».
La paura dei luoghi affollati: c’entra il Covid?
Un discorso analogo vale per la paura di trovarsi in luoghi affollati, che riguarda l’83,8%: in oltre un anno di restrizioni – dal lockdown alle limitazioni anti-Covid – pare che l’idea di ritrovarsi a stretto contatto con altri generi ansia. Secondo i curatori della ricerca «si tratta di sentimenti fortemente condizionati dalla paura del contagio. La sfera sanitaria peserà sempre di più nelle nostre vite: quando le restrizioni saranno allentate, le piazze dovranno poter tornare a riempirsi in tranquillità».
Prendere i mezzi pubblici di sera
Una paura non del tutto nuova è quella di usare tram, bus e metro dopo le 20, che interessa il 59,8%, anche tra i più giovani. «Il motivo in questo caso può essere duplice: da un lato per una oggettiva mancanza di sicurezza e da questo punto di vista si tratta di un fenomeno non nuovo; dall’altro è vero anche che con il coprifuoco si gira di meno di sera e questo contribuisce ad aumentare le paure, soprattutto nelle donne che in genere si sentono più insicure in questa condizione» commenta la psicoterapeuta.
Paura dei social
Di fronte a un maggior ricorso alla Rete e al web, per lavoro (smart working) o scuola (Dad), è aumentata la paura di incontrare persone sconosciute sui social network (88,5%): «Se aumenta il tempo trascorso sul web e sui social, è possibile anche che cresca di pari passo la probabilità di esperienze negative e diffidenza. Questo, però, ha il vantaggio di aumentare la consapevolezza di rischi potenziali» spiega cinzia Cefalo. Una spiegazione analoga vale per un’altra fobia emersa dal Rapporto: quella di condividere immagini in Rete (73,6%): «In realtà io la considererei una paura sana. Credo comunque che ancora molto spesso accada il contrario, cioè che non ci sia consapevolezza delle conseguenze di alcune condivisioni online. Aumentando il ricorso ai devices, però, cresce anche la loro conoscenza quindi è normale che si tenda a prestare più attenzione alla difesa della propria privacy» aggiunge la psicoterapeuta.
A casa da sole di notte
Infine, il 22.5% del campione del Rapporto segnala la paura di restare a casa da sola la notte: si tratta di più di una persona su 5: «Laddove il Covid influisce sul senso generale di sicurezza, può interessare anche questo aspetto. Nelle donne, però, può avere anche altre spiegazioni psicologiche, più profonde: a volte dietro ci sono situazioni traumatiche precedenti, come il fatto di aver subito un furto in casa, accompagnato dalla paura che si verifichi nuovamente. In altri casi, invece, si è in presenza di situazioni di manifestazione della difficoltà di vivere da sole, che nell’anno di pandemia possono essersi amplificate» conclude l’esperta.