Dopo una lunga pausa, prende fiato e dice: «La forza la scopri solo vivendo». Paola Egonu, stella della Nazionale italiana di volley e attivista per i diritti, comincia così, dandosi il tempo di trovare le parole giuste. Continuerà a farlo per tutta l’intervista, pensiero dopo pensiero. Perché le cose vanno dette bene e, anche quando ci provi, non è scontato essere capiti. «Sei forte quando riesci a gestirti, a controllare quello che succede fuori ma soprattutto dentro di te. Io ci ho messo molto tempo».
La campagna Pomellato for Women con Paola Egonu ambassador
L’argomento non è casuale: la forza delle donne è il tema del video Pomellato for Women, dedicato da Pomellato – di cui Paola è ambassador – all’8 marzo. Oltre a Paola Egonu le protagoniste sono la star di Hollywood Jane Fonda, la scalatrice iraniana Nasim Eshqi, l’attrice americana Joey King. Una campagna di sensibilizzazione per la libertà che sarà lanciata l’8 marzo, Giornata internazionale dei diritti della donna. «Le nostre libertà in quanto donne continuano a essere minacciate. Veniamo represse, sminuite, messe a tacere, uccise» dice Sabina Belli, ceo del brand, che nel 2023 si impegna anche in una campagna di beneficenza per le donne sopravvissute alla violenza domestica.
Qui il video
Che cos’è la forza?
«Riconoscere di essere in difficoltà, nelle cose brutte e anche in quelle belle, quando ti prende la paura di perderle o quando, nonostante tutti gli sforzi, non vanno come te l’aspettavi. A essere forti si impara».
Lei da chi l’ha imparato?
«Dalla mia famiglia. Soprattutto da mia madre che a 20 anni ha lasciato la Nigeria ed è venuta in Italia senza conoscere la lingua e senza altri legami che una zia, per dare una vita migliore ai fratelli e ai genitori».
Le donne forti fanno paura. Capita anche a lei?
«Certo. Quando hai obiettivi grandi, devi avere il coraggio di essere la persona che vuoi diventare e questo fa da barriera. Chi supera quella barriera vede anche la vulnerabilità, il dolore, i sacrifici. Tanti però si fermano all’aspetto più scintillante e non capiscono perché una persona con una vita come la mia, in apparenza bella e facile, si ritrovi a parlare di certe cose, a “fare quella che soffre”, l’attivista».
Perché lo fa?
«Perché se ci fosse stato qualcuno così quando ero una bambina mi avrebbe dato coraggio di superare tutte le piccole difficoltà che stavano tra me e i miei sogni».
Quanto è stato difficile arrivare dove voleva?
«Ci è voluto un lunghissimo lavoro su me stessa, probabilmente lo stesso di tante donne che infrangono il soffitto di cristallo. E poi anche dopo, perché quando cominci ad avere successo, la fragilità non ti è più concessa. Io rivendico il diritto a essere vulnerabile. Piangere è la libertà più grande».
La misura del successo qual è?
«Le vittorie nello sport, sapere di aver fatto bene il tuo lavoro e avere il rispetto degli altri. Ma non solo. Quando un mese fa la donna delle pulizie di un palazzetto mi ha detto: “Tu sei quella che parla dei nostri diritti”, ho pensato: ecco, il successo è questo».
Quanto razzismo c’è in Italia?
«Dipende molto da dove guardi. Quando andavo a scuola a Milano, ragazzi italiani da generazioni ce n’erano pochi nella mia classe. Nel paese dove sono cresciuta, in Veneto, l’integrazione era più difficile. Le cose stanno lentamente migliorando, ma razzisti in giro ce ne sono tanti».
Sul palco di Sanremo ha detto: «Mi sono punita con una visione sbagliata di me stessa».
«Mi riferivo a quando, per difendermi dal dolore, metto il silenziatore alle emozioni. Le mie debolezze diventano un bersaglio facile per chi mi vuole ferire, ogni volta che succede sento una piccola vergogna per essermi esposta. Così mi chiudo. E faccio un torto a me stessa».
Con le compagne di squadra c’è più competizione o sorellanza?
ù«Sorellanza. Anche se la sintonia la senti più facilmente con chi ti somiglia. Divido le persone tra razionali ed emotive, e io sono tra le seconde. Capisco meglio chi, se c’è un momento di difficoltà, non ci dorme la notte come me».
Per le donne il denaro resta un tabù. A lei quanto interessa?
«Mi interessa nella misura in cui è uno strumento per far vivere bene la mia famiglia. Mia sorella si laurea tra qualche mese e sono felice di aver potuto pagarle gli studi».
Quest’anno gioca in Turchia, nel VakifBank. L’hanno accusata di averlo fatto solo per l’ingaggio
«Se bastasse il denaro, non soffrirei come soffro perché i risultati non arrivano. Detto questo, la ragione principale per cui ho scelto questa carriera è stata la possibilità di aiutare la mia famiglia. Abbiamo avuto lunghi momenti di difficoltà, non mi vergogno a dirlo, periodi in cui abbiamo dovuto rinunciare a tante cose. E ora dare ai miei quelle cose è la molla che mi fa superare le difficoltà. Viziare i miei fratelli mi fa stare bene».
Un diritto di cui sente la mancanza?
«La maternità delle atlete resta un tema aperto. La maggior parte rimanda per paura di non farcela. Ai maschi questa scelta viene risparmiata. Possono avere tutto: figli e carriera».
Lei un figlio lo vorrebbe anche adesso?
«Moltissimo. Farli quando sei più matura ha i suoi vantaggi, ma io vorrei godermeli mentre sono giovane. Ho paura di rimandare e non trovare più il momento giusto. E ogni tanto penso che farebbe bene anche alla mia carriera, aiuterebbe a vivere certe difficoltà con meno trasporto».
La fama aiuta oppure ostacola l’amore?
«Dipende dalla persona che hai vicino. Se c’è un obiettivo comune e l’ambizione di raggiungerlo, che uno abbia più successo dell’altro non è un problema. Ci si aiuta a diventare la versione migliore di noi stessi».
Una persona così l’ha trovata?«
Ci sto ancora lavorando. E infatti sono di nuovo single. Però finalmente ho capito che voglio una relazione importante».
La Turchia è ridotta in macerie, il campionato è fermo. Come vive questi giorni?
«Ho cominciato a pensare che la vita è adesso e non possiamo sprecarne neanche un grammo, perché non sappiamo che cosa ci porterà il domani».
L’Italia le manca?
«Molto. Nel bene e nel male, per me, è casa. E prima o poi tornerò».