Da 36 ore due notizie che riguardano uno degli uomini più celebri stanno facendo il giro del mondo: quella, pubblicata da QN (Quotidiano Nazionale), secondo cui papa Francesco avrebbe un tumore benigno alla testa e quella della sala stampa vaticana che l’ha subito smentita.
I nemici del papa
Senza entrare nel merito se la malattia del pontefice sia vera o falsa, risulta difficile non considerare come la tempistica di una simile informazione alimenti una volta di più i dubbi sul fatto che papa Francesco, così popolare anche tra i non credenti, abbia molti avversari, all’interno della Chiesa, da cui guardarsi.
Anche se fosse vero, infatti, che al Papa sia stato diagnosticato un male cerebrale ancorché curabile, il fatto stesso che sia stato reso di pubblico dominio a poche settimane dall’inizio del Giubileo straordinario, lascia pensare che oltre il colonnato del Bernini ci sia più di qualcuno che abbia l’interesse ad accreditare l’immagine di un Pontefice indebolito, troppo preoccupato per la propria salute per guidare la Chiesa, e perciò da mettere sotto tutela in un momento così cruciale per la cristianità.
Il Sinodo dei complotti
Non sfugge del resto che la notizia del tumore al Papa arrivi mentre è in pieno svolgimento il Sinodo, l’assemblea del vescovi che ha all’ordine del giorno temi molto delicati nel mondo ecclesiastico, come il diritto alla comunione per i divorziati risposati, il celibato del clero e il rapporto della Chiesa con gli omosessuali. Proprio in occasione di questo importante appuntamento di confronto ecclesiale erano già uscite due notizie molto destabilizzanti. Prima il coming out di monsignor Krzysztof Charasma che ha letteralmente ostentato ai media di tutto il mondo la propria omosessualità. E poi la lettera, firmata (con successive e parziali smentite) da alcuni vescovi conservatori che contestava, in apertura di Sinodo, metodi e regole non collegiali, adombrando il rischio di conclusioni predeterminate. Se non ci fosse stato il minimo rischio, il papa non avrebbe ammonito tutti, come invece ha fatto all’apertura del Sinodo, a tenersi lontani dalla “ermeneutica cospirativa”, vale a dire dalle logiche del complotto.
I veleni della curia romana
Sin dalle clamorose dimissioni di papa Benedetto XVI e dallo scandalo di Vatileaks, c’è un gran parlare di trame e veleni che attraverserebbero la curia romana. L’ascesa sullo scranno di San Pietro di un papa che viene “dalla fine del mondo” non ha fatto che alimentare il conflitto tra una parte della Curia romana e un pontefice come Francesco, dalla forte personalità e dal grande appeal mediatico.
Che papa Francesco stia cercando di ridimensionare il potere del clero romano è del resto un dato di fatto, se si considerano le riforme iniziate nella finanza e nelle istituzioni vaticane. Gran parte dei 20 nuovi cardinali da lui nominati lo scorso gennaio provengono geograficamente dalle periferie e non dal centro della Chiesa. E non è escluso che Francesco modifichi le regole per l’elezione dei nuovi pontefici per ridurre il peso degli “italiani”.
Un papa sempre più vescovo di Roma
Del resto papa Francesco laveva detto fin dal giorno del suo insediamento che non avrebbe dimenticato che tra i compiti del suo ministero c’è anche quello, spesso trascurato dai suoi predecessori, di vescovo di Roma. Quando recentemente ha “scaricato” l’ex sindaco Marino o ha inviato una lettera di incoraggiamento a un militante romano dei movimenti per il diritto alla casa, Francesco parlava più come vescovo di Roma che come capo della cristianità tutta. E un pontefice che accentra su di sé il potere su Roma e contemporaneamente rafforza quello delle periferie del mondo, sia che sia malato oppure sano, non può che avere tanti nemici di là dal Tevere.