Per la prima volta in Italia il vaccino contro il Papilloma Virus (HPV) può essere somministrato alle donne in modo agevolato. Accade a Firenze, dove la prima dose ora viene somministrata direttamente in sala operatoria, in occasione di interventi di conizzazione, cioè al momento di asportare lesioni alla cervice uterina. Si tratta di una novità per due motivi: il primo è che punta ad aumentare le vaccinazioni anche nelle donne adulte (finora lo si è raccomandato solo nelle ragazze di 12 anni), considerando che la copertura attuale della vaccinazione è appena del 50%; il secondo motivo ha a che fare con l’importanza della prevenzione, spesso resa difficile da difficoltà burocratiche. «Sono d’accordo: la vaccinazione contro il Papilloma virus è raccomandata a tutti, alle donne (ma anche agli uomini) almeno fino a 55 anni» spiega Carlo Antonio Liverani, medico specializzato in Ostetricia e Ginecologia presso l’Humanitas San Pio X di Milano.
Il Papilloma virus e le donne
Esistono oltre 150 tipi di HPV (Human Papilloma Virus), dei quali circa 40 possono essere trasmessi per via sessuale. Si ritiene che l’HPV possa colpire la maggior parte delle donne e degli uomini sessualmente attivi almeno una volta nella vita. «Ogni donna dall’inizio dell’attività sessuale alla post menopausa ha una probabilità del 70-80% di venire in contatto con uno o più tipi di HPV e il maschio ne è spesso il portatore inconsapevole. Il vero rischio è che può causare tumori, come quello alla cervice uterina, pur in assenza di sintomi anche dopo un periodo di latenza di 10 anni» spiega l’esperto ginecologo. Si tratta del secondo tumore più frequente nelle donne: in Italia colpisce una donna ogni 10.000, vale a dire circa 3.500 ogni anno. La vaccinazione è utile nelle adolescenti perché permette di prevenire, ma anche nelle donne adulte, per evitare “recidive”.
La novità di Firenze: vaccinazione insieme all’intervento
Quella avviata all’ospedale Piero Palagi di Firenze è la prima esperienza nel suo genere in Italia. Consiste nel somministrare la prima dose di vaccino contro l’HPV direttamente in sala operatoria, al momento della conizzazione, vale a dire l’asportazione di lesioni della cervice uterina. Alla dimissione dell’intervento (ambulatoriale), viene fissato l’appuntamento per la seconda dose, evitando quindi lunghe attese e snellendo l’iter burocratico. «L’idea è semplice, ma ha reso evidente come sia necessario implementare una copertura vaccinale del tutto insoddisfacente attraverso percorsi fluidi e semplificati; inoltre l’offerta della dose contestualmente all’intervento, con anche la possibilità di fissare subito il secondo appuntamento, agevola la vaccinazione e riduce in maniera consistente il rischio di recidiva e dunque di re-intervento, i disagi per le pazienti e anche i costi legati al successivo follow up, che significa controlli ed esami diagnostici come colposcopie, biopsie e pap test» ha spiegato Valeria Dubini, che ha coordinato il progetto insieme all’Ispro, l’Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica. La Regione Toscana ha intenzione di estendere il programma avviato al Palagi di Firenze a tutto il territorio, diventando modello anche su base nazionale, per sottolineare l’importanza della prevenzione, anche nelle donne adulte.
Vaccinarsi da adulte, anche a 60 anni
«La vaccinazione per l’HPV è nata per essere somministrata alle ragazzine prima dell’inizio dell’attività sessuale, quindi intorno ai 12 anni, anche se in alcuni Paesi come il Brasile si inizia la somministrazione a 9 anni. Poi è stata estesa fino a 26 anni per dare la possibilità alle donne che non si erano potute vaccinare prima, di farlo dopo. Oggi il vaccino, testato come efficace e sicuro fino ai 55 anni, può essere somministrato senza limiti di età e io consiglio a tutti di farlo. Anche una donna di 50 o 60 anni, magari separata e con un nuovo partner o più di uno, ha diritto a proteggersi, perché un eventuale tumore potrebbe presentarsi una decina di anni dopo, intorno ai 60 o 70: perché privarsi di una protezione?» spiega Liverani, che aggiunge: «Se tutti si vaccinassero, io smetterei di fare colposcopie», ossia l’esame diagnostico per individuare la presenza del Papilloma virus.
Proteggersi ed evitare recidive
Perché vaccinarsi contro il Papilloma virus? «Esistono molti tipi di virus. I più oncogeni, cioè che possono causare cancro, sono una dozzina e 9 sono quelli più frequenti. Vaccinarsi è utile perché questo virus, anche quando si entra in contatto, tende a “nascondersi” nell’organismo, che non produce anticorpi (nel 40% dei casi) o ne produce pochissimi (60%). Con il vaccino, chi non fosse ancora entrato in contatto con il virus potrà quindi avere una protezione al 100%, mentre chi avesse già avuto un contatto – magari anche con intervento di conizzazione – avrà una protezione nei confronti di possibili recidive del 97,45%. In pratica ha una funzione coadiuvante a supporto del sistema immunitario – spiega l’esperto ginecologo – Ci si protegge anche nel caso si cambi partner o se questo entrasse in contatto col virus tramite rapporti extra coppia».
I rischi del virus non conoscono età
Inizialmente raccomandata nelle ragazze di 12 anni di età, la vaccinazione è attualmente offerta gratuitamente da alcune Regioni come la Toscana in alcuni casi a donne di altra età con immunosoppressione, HIV o, ancora, in donne con patologia della cervice uterina determinata appunto dal Papilloma virus. «Io consiglio di farla a tutti, chiedendo al proprio medico di base: uomini e donne, senza limiti di età. Per esempio protegge dai condilomi, che non hanno a che fare col cancro ma sono fastidiosi, ma anche dai tumori all’ano (quindi con particolare attenzione agli omosessuali o bisessuali anche sposati), del pene e del cavo orale in entrambi i sessi e, soprattutto, della cervice uterina» spiega Liverani.
Un vaccino sicuro
«A differenza del vaccino contro il Covid, quello per l’HPV è una proteina, imita la capsula del virus, ma dentro il guscio è vuoto, non c’è DNA. È estremamente sicuro e se ne conosce l’efficacia da anni. Fino ai 15 anni di età se ne somministrano due dosi, a distanza di due mesi; per gli over 15 si passa a tre dosi, l’ultima a 6 mesi dalla prima. Durante la pandemia c’è stato qualche ritardo, ma l’importante è ricevere le dosi entro un anno dalla prima» conclude l’esperto.