Lo dicono gli ultimi studi: la parodontite va a braccetto con molte altre malattie, dal diabete ai tumori. Il comune denominatore è la composizione del microbioma orale. Alcuni batteri, presenti in particolare nelle tasche gengivali, sono infatti in grado di migrare attraverso il circolo sanguigno e di colonizzare altre aree del corpo. Risultato: possono aumentare lo stato di infiammazione, frenare il sistema immunitario e favorire lo sviluppo di patologie importanti. La bella notizia è che queste scoperte stanno cambiando il modo di curare la parodontite.
Attenzione allora a non perdere tempo in caso di sintomi che possono far sospettare il problema: sanguinamento gengivale, alitosi, sensibilità al caldo e al freddo. «Oggi agli esami tradizionali come la radiografia viene affiancato il test microbiologico» chiarisce il dottor Francesco Saverio Martelli, medico chirurgo odontoiatra e ricercatore. «Questo esame permette di identificare il tipo di popolazione batterica presente. In base ai risultati, prescriviamo le terapie necessarie per ripristinare l’equilibrio del microbioma orale e difendere la salute generale del paziente. Per farlo, è fondamentale prescrivere formulazioni mirate di probiotici» avverte il dottor Martelli. Il test viene ripetuto durante i trattamenti in modo da modificare se necessario le cure.
«Vanno ridotti anche gli antibiotici che spesso vengono prescritti in caso di parodontite, ma che in realtà danneggiano i batteri “buoni” che compongono il microbioma. Il laser è un grande aiuto in tal senso perché permette di sanificare le zone aggredite dalla malattia, debellare l’accumulo di batteri “pericolosi” ed evitare così le cure antibiotiche. Le onde emesse hanno un’azione antibatterica: penetrano nelle strutture gengivali e colpiscono i batteri, senza danneggiare i tessuti circostanti. In più, stimolano la produzione di nuove cellule che rinforzano l’architettura delle ossa di sostegno ai denti». Ma quali sono le malattie che hanno un legame già confermato con il microbioma orale?
Il rischio di un’endocardite
Alcuni batteri patogeni, cioè “cattivi”, presenti nelle tasche gengivali di chi ha la parodontite, sono collegati all’endocardite infettiva. Si tratta di un processo infiammatorio che interessa l’endocardio, cioè il sottile rivestimento delle pareti interne delle cavità cardiache e che frequentemente colpisce le valvole. Sono più a rischio i portatori di protesi valvolari, chi soffre di cardiopatie congenite e chi ha già avuto un’endocardite. «Nel loro caso il consiglio è di sottoporsi ogni sei mesi a un controllo odontoiatrico» suggerisce Giuseppe Musumeci, direttore della Cardiologia dell’Azienda Ospedaliera Santa Croce e Carle di Cuneo. «E di rivolgersi subito al cardiologo in caso di disturbi come febbre, stanchezza generale, brividi, sudorazione notturna, mancanza di respiro. Questo sempre, soprattutto se si soffre di parodontite».
La relazione con la glicemia
Chi è diabetico ha un rischio di sviluppare la parodontite tre volte maggiore rispetto a chi non lo è. Gli studi sono ancora in corso per capire di più sulla ragione di questo insolito tandem. Si è visto che quando la glicemia non è sotto controllo, si verifica un aumento della concentrazione di zuccheri anche nella saliva, che favorisce una crescita di batteri più insidiosi e un’alterazione dell’equilibrio del microbioma orale. Un batterio in particolare è stato segnalato quale spia della glicemia instabile, perché si annida nelle tasche parodontali e nell’organismo. «Per questo è essenziale il test microbiologico, che serve per identificare i batteri patogeni» dice il dottor Martelli. «Come sottolineano le ricerche, se si segue una terapia mirata per la parodontite è possibile migliorare anche il controllo glicemico».
Legami sospetti con i tumori
Alcuni studi hanno dimostrato il collegamento tra batteri presenti nella bocca di chi ha la parodontite e precise forme tumorali. Per esempio quello fra due tipi di batteri responsabili della parodontite e il carcinoma del pancreas, mentre altre ricerche hanno stilato una lista di altri batteri “cattivi” coinvolti in ben 22 tipi di tumori diversi. Certo non possono essere semplici coincidenze, ma ci vorranno altri studi. Nell’attesa, qualcosa si può già fare, oltre a curare bene la parodontite. «Bisogna evitare fumo e alcolici» dice Saverio Cinieri, direttore dell’unità operativa complessa di oncologia medica-Breast unit di Brindisi. «Oltre a essere fattori cancerogeni, sono i principali responsabili delle alterazioni al microbiota e dell’incremento di alcuni batteri “cattivi”. È fondamentale anche seguire una dieta mediterranea, privilegiando cibi con un’azione antinfiammatoria come verdure di stagione, pesce azzurro e legumi».
Osteoporosi alla larga!
Quando la parodontite è cronica e particolarmente aggressiva, si controlla il livello di vitamina D. E se i valori di questa sostanza preziosa per le ossa sono bassi, va eseguito un test genetico: alla base della malattia può esserci un problema di origine genetica nell’assimilazione della vitamina D. A dimostrarne la relazione è stato uno studio condotto da ricercatori dell’università di Firenze. «Se dal test risulta una particolare variante genica, il rischio di parodontite cronica è quattro volte superiore» spiega il dottor Martelli, principale firma dello studio. «Questo ci permette di mettere in atto tutte le terapie necessarie per la salute della bocca e non solo. Riusciamo anche a impostare trattamenti mirati per fortificare le ossa e prevenire l’insorgenza dell’osteoporosi».