Quante volte si è invocato un sostegno al lavoro delle donne? Eppure, a dispetto di molte buone intenzioni, difficilmente si è arrivati a eliminare i paletti che potrebbero aumentare l’impiego femminile che, secondo i dati più recenti, è limitato nell’80% dei casi dalla scelta di avere figli. A ricordarlo, ora, sono alcuni Senatori – uomini e donne – che hanno presentato un disegno di legge che si pone un obiettivo molto ambizioso: passare dalle politiche di conciliazione di lavoro e famiglia, a un sostegno concreto alla conciliazione. il primo firmatario è il senatore Tommaso Nannicini (PD), ce ha ottenuto il sostegno e la collaborazione anche di Loredana De Petris, Sandro Ruotolo, Susy Matrisciano, Lucio Romano, Emma Bonino, Riccardo Nencini e Valeria Fedeli. È proprio la Senatrice ed ex Ministra dell’Istruzione a spiegarci i contenuti.

Basta conciliare: occorre condividere

Come ricordato di recente dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, «il peso delle conseguenze della pandemia ha gravato su tutti, ma il costo pagato dalle donne è stato particolarmente alto. Eppure durante la pandemia il ruolo delle donne nel contrasto del virus è stato particolarmente forte e intenso». Il Presidente della Repubblica ha sottolineato e ricordato «come sia un obiettivo fondamentale della Repubblica la effettiva parità, e che il valore del principio di uguaglianza è collocato nell’art. 3 della Costituzione».

A conciliare sono solo le donne, a condividere entrambi

Cosa, fare, quindi per sostenerle? «Noi abbiamo presentato un disegno di legge che presuppone un cambio di mentalità e di approccio: è evidente che non ci si può più limitare a cercare di conciliare lavoro e famiglia, perché finiscono per farlo solo le donne. Occorre condividere: non è solo un verbo diverso, un cambio lessicale, ma di paradigma. La scelta, adesso, è di rendere perfettamente paritarie le responsabilità familiari e la genitorialità, in modo da offrire alle donne la libertà vera di stare nel mondo del lavoro» anticipa Fedeli.

Sono tre gli ambiti di intervento, a partire da quello lavorativo che prevede congedi paritari, part time e lavoro agile di coppia.

Congedi perfettamente egualitari e pagati al 100%

Da cosa partire, dunque? «Il primo passo sono i congedi di maternità e paternità che devono essere perfettamente egualitari: oggi stiamo ancora tentando di andare oltre ai 10 giorni di paternità obbligatoria, mentre noi pensiamo a un congedo di 5 mesi per entrambi i genitori, pagato al 100%. Va ricordato che oggi è retribuito all’80% per le donne e a zero per gli uomini. Deve essere previsto, inoltre, per tutte le lavoratrici e i lavoratori sia dipendenti che autonomi, sia pubblici che privati, e anche per le famiglie omogenitoriali» spiega la Senatrice.

Congedi parentali fino ai 14 anni

«Un altro passaggio fondamentale è prevedere 12 mesi di congedi parentali utilizzabili fino ai 14 anni del figlio – 3 anni in più in caso di disabilità – mentre oggi si arriva a 12 anni, ma con indennità solo nei primi 6 anni. Occorre anche aumentare le indennità dei primi 6 mesi fino all’80%, mentre sono al 30%, e al 30% nei restanti 6. Per chi avesse un ISEE inferiore al 40mila euro, invece, dovrebbe essere prevista una indennità all’80% per tutti e 12 i mesi» prosegue Fedeli.

Part time di coppia e lavoro agile di coppia incentivato

Il part time in Italia è quasi sempre scelto dalle donne. «La proposta invece è di dividersi il part-time tra genitori, esattamente come avviene con il congedo matrimoniale. Sia la madre che il padre dovrebbero farne richiesta al proprio datore di lavoro, per usufruirne in modo alternato, a seconda delle esigenze. Oggi invece sono solo le donne a chiederlo: è chiaro che in questo modo il loro stipendio si riduce e, in caso di necessità che uno dei due genitori debba rinunciare al lavoro, ovvio che sarà sempre la madre, che guadagna meno» osserva l’ex Ministra. Ma come si fa, in concreto?

La domanda si fa al datore di lavoro

«Intanto sono previste risorse economiche per sostenere questo cambio di rotta, ma il meccanismo non è complicato: avverrà proprio come nel caso del congedo matrimoniale, cioè entrambi presenteranno domanda al proprio datore di lavoro e, tramite una certificazione, sarà possibile coordinare il part-time in modo che i genitori possano alternarsi» dice Fedeli, che aggiunge: «Lo stesso varrebbe per il lavoro agile di coppia, che oggi è reso più semplice dalla digitalizzazione maggiore portata dalla pandemia».

Come funziona il part time di coppia

Nel concreto «il part time di coppia agevolato e sostenuto sarebbe utilizzabile per 12 mesi da ciascun genitore e fino a 6 anni dalla nascita o adozione del figlio, con una indennità retributiva che copra il 50% del calo del reddito». Il modello di riferimento è quello tedesco, con i genitori che possano usufruirne per 12 mesi.

Come funziona il lavoro agile di coppia

L’alternativa è il lavoro agile di coppia: «La proposta è di usarlo fino a 12 mesi, da parte di ciascun genitore, e fino a 6 anni da nascita o adozione, con una indennità di 1.000 euro ciascuno».

Servono sgravi fiscali per le aziende

Si tratta di uno dei punti più delicati: «Il coinvolgimento delle aziende è fondamentale, perché oggi si ritiene che la maternità sia un “peso”, per questo le lavoratrici, a parità di mansioni, sono retribuite il 17% in meno rispetto ai colleghi uomini. Invece – dice Fedeli – occorre un sostegno: in particolare anticipi delle indennità da parte dell’Inps per le piccole imprese; sgravi contributivi per sostituzioni di maternità e paternità; sgravi per part-time e riduzione del costo del lavoro da contratti collettivi per il 20% in caso di maternità obbligatoria. Dall’altra parte va ripensata l’organizzazione del lavoro e qui entra in gioco una nuova figura alla quale abbiamo pensato: il manager della condivisione».

Il manager della condivisione: chi è?

«Oggi esiste solo il responsabile del personale, che secondo noi deve diventare Manager della condivisione: il suo compito è quello di riorganizzare la produttività e rendere efficaci i cambiamenti previsti nel disegno di legge, quindi la condivisione. Se, come detto, la maternità è considerata un costo, figuriamoci una eventuale paternità obbligatoria di 5 mesi. Ma l’informatizzazione e la digitalizzazione oggi rendono possibile il lavoro da remoto, lo smart working, sia per le donne che per gli uomini. Non solo: la condivisione e la reale parità tra genitori può rappresentare un’opportunità di crescita professionale per gli uomini. Spesso – spiega Fedeli – si dice che la maternità sia una sorta di Master, che dia delle competenze in più, che sono molto apprezzate anche in ambito professionale, come per esempio una migliore capacità di attenzione, di gestione e organizzazione del lavoro, o il senso di responsabilità. Con la condivisione queste skills possono diventare un valore aggiunto anche negli uomini».

Cambiare gli orari degli uffici e aumentare i servizi

«Non si può infine trascurare la possibilità di poter contare su servizi territoriali più a misura di lavoratrici e lavoratori: non si tratta solo di ripensare gli orari degli uffici comunali, che comunque oggi non sono sempre in linea con quelli dei genitori che lavorano, ma anche di offrire ulteriori servizi integrati, a sostegno della genitorialità, come possono essere per esempio le ludoteche. Anche per questo sono previsti fondi a sostegno dei Comuni. Insomma, non si deve dare sempre per scontato che le madri siano ammortizzatori sociali che compensano la mancanza di questo tipo di servizi» conclude Valeria Fedeli.

Quali costi

Secondo i firmatari del disegno di legge, per attuare questa “rivoluzione” occorrono 4 miliardi, dei quali 3,5 dal taglio orizzontale del 10% del fondo complementare al PNRR e 500milioni dal fondo sociale per l’occupazione. «Non servono premi di consolazione – ricorda Fedeli – ma investimento permanenti che rilancino crescita, uguaglianza di genere e giustizia sociale».