Per le donne la Fase 2 non cambia rispetto alla Fase 1. Anzi, alcune lasciano il lavoro, per la difficoltà, con le scuole chiuse, di gestire i figli; tante continuano nella routine del triplo lavoro, che parte dallo smart working e passa per la mamma, la casalinga, magari anche la caregiver. Quella routine che ormai si dà per scontata, su cui si fa affidamento e che pesa sulle donne. Come appunto scrive Elena Pagani, che ci contatta da Castelli Calepio, in provincia di Bergamo.
È una giovane mamma di un bimbo di tre anni e assessore alle politiche sociali, una carica che la avvicina in modo particolare alle famiglie e alle donne. Nella sua lettera, che non possiamo non condividere, racconta le difficoltà di una mamma come tante in questo inizio di Fase 2, ma anche quelle di una donna impegnata in politica, che nella politica fatica a trovare un posto. Raggiunta al telefono, ci restituisce lo sconcerto che è quello di tutti noi: «Nelle misure del Governo, nelle decisioni che si prendono via via, la famiglia non c’è. Le donne, che ora devono tornare al lavoro, non ci sono. La scuola, che dovrebbe aiutare le famiglie, non c’è. La pandemia, insomma, ha fatto emergere, anzi esplodere, tutte le fragilità del nostro sistema: la mancanza di servizi per le donne che lavorano, il ruolo centrale dei nonni, la scuola che arranca, incapace di cambiare e innovarsi, l’assenza delle donne nei luoghi del potere (dalle commisisoni per l’emergenza a quelle scientifiche)». Per questo lancia un appello: più mamme nei ruoli decisionali, più mamme nelle decisioni.
Ecco la sua lettera.
«Oggi entriamo nella tanto attesa e un po’ temuta fase due, per la quale il DPCM del 26 aprile 2020 ha decretato le nuove disposizioni. Dopo essermelo letto tutto, il giorno dopo la sua emanazione ne ho fatto un breve riassunto in punti per poterlo comunicare ai cittadini del Paese in cui vivo, e mi sono resa conto che la famiglia, per l’ennesima volta, non è stata presa in considerazione. La famiglia con le sue esigenze, i suoi bisogni, le problematiche, spesso e volentieri lasciate in capo ai Comuni, che impiegano ingenti risorse, ma che non possono e non riescono ad arrivare dappertutto.
In una situazione di emergenza come quella che stiamo vivendo, molti nodi vengono al pettine. Non è sicuramente solo in quest’occasione che le mamme, donne che molto spesso lavorano, gestiscono la casa e la famiglia (di origine e quella che hanno creato) vengono lasciate in disparte, considerate relativamente. Ma ora più che mai trovo che siano relegate in una posizione marginale.
Parlo per esperienza concreta, mia e delle amiche che sento quasi quotidianamente e si sono ritrovate ferme sì, tra le quattro mura domestiche (le più fortunate dotate di giardino), ma prese da figli, mariti, casa, smartworking. Ritrovarsi casalinghe, situazione per molte di noi difficile da accettare, con l’impegno del lavoro da casa, della gestione dei figli, piccoli o grandi che siano, con situazioni di ansia e paura, nostre e dei familiari, ci ha viste cariche di responsabilità e pressioni, senza aiuto alcuno. Condizione che da secoli ci portiamo appresso, ma per la quale abbiamo anche fatto moltissime battaglie, tutte concentrate nel secolo scorso.
Vogliamo veramente vedere tutti i sacrifici svanire? Da parte dei vertici pare sia così. Eppure, che sia la donna il motore del cambiamento l’ha affermato anche il Presidente Mattarella, nonostante il cambiamento avvenga per tutto e tutti fuorché per noi. Penso alle tantissime infermiere e dottoresse che hanno lottato in prima linea, lasciando a casa i figli, non potendosene occupare, gestendo magistralmente il lavoro, sopportando la stanchezza, la fatica, la paura. Penso a tutte le donne e soprattutto alle mamme, indistintamente. Mi domando perché non ci sia qualcuno che pensa a noi, che spenda del tempo per noi, che desideri sostenerci.
Il calo demografico del nostro Paese oltre ad essere evidente è preoccupante. Se le donne fossero egoiste non farebbero figli, ma la Natura ha fatto sì che il loro altruismo innato le chiamasse a donare la vita. Penso a tutte le mamme diventate tali negli ultimi due mesi. Vorrei che esistesse un Partito delle Mamme, che avessero voce in Parlamento, che fossero rappresentate, ascoltate, considerate. Dopotutto la politica dovrebbe nascere da un’esigenza concreta, da un disagio, dal desiderio di farsi ascoltare e rappresentare. Voce alle mamme, così lo chiamerei e credo che mai come in questo frangente potrebbe essere più attuale. È un’utopia, ma dopotutto anche la perseveranza è donna».
(a cura di Barbara Rachetti)