Mancano quattro giorni alla data stabilita dai medici: dal 28 marzo in poi devo essere pronta ad andare in ospedale per partorire la mia seconda figlia e la piccola Zoe, che ha due anni, avrà una sorellina. Sono a casa qui in campagna, a Castel San Pietro, che dista da Bologna 12 km, dopo aver lasciato il mio lavoro di insegnante di lingue in una scuola privata a dicembre su consiglio dei medici per portare a termine una gravidanza giudicata ad alto rischio. Non posso non pensare alla mia vita prima e dopo il Coronavirus.
A gennaio ho festeggiato il mio compleanno, 30 anni tondi tondi, e sempre a gennaio i miei genitori sono tornati in Australia. È lì che sono nata, a Sidney, ma nel 2013 Bologna è diventata la mia città. L’Erasmus è stato un periodo bellissimo anche perché ho conosciuto e mi sono innamorata di Giuseppe, un ragazzo siciliano, ma dovevo tornare nel mio Paese e laurearmi. Fatto! Io e Giuseppe abbiamo resistito lontani otto mesi e poi è successo tutto nell’arco di un anno. Ci siamo sposati a Dozza, in collina, e sono venuta a vivere qui. Decidere di trasferirmi è stato facile. Sono sempre stata innamorata dell’Italia. Toni, il mio padrino di battesimo, è italiano e vive a Milano (è un amico di papà che ha vissuto a Londra insieme a lui), a Sydney abitavo a Little Italy e Bologna, secondo me, ha la cucina migliore del mondo!
Devo essere sincera, all’inizio non eravamo preoccupati e come tanti abbiamo pensato che fosse solo un’influenza, poi abbiamo capito. Abbiamo capito che il problema, oltre alla malattia, riguardava la tenuta del sistema sanitario e degli ospedali. Zoe è rimasta a casa dal nido il 23 febbraio e visto che mi avevano detto che avrei potuto partorire in anticipo ero un po’ in ansia. Lei è piena di energia e molto vivace. Adesso, anche se mio marito che fa il carrozziere va ancora al lavoro, non sono molto preoccupata, ma sento tante altre mamme in attesa che hanno tanta paura. Le capisco, in loro rivedo me alle prese con la prima gravidanza e non c’era il Coronavirus. Mi tranquillizza però il pensiero che se noi mamme in attesa seguiamo quello che ci dicono e ci proteggiamo tutto andrà per il meglio. C’è anche un altro motivo per cui voglio mantenere una certa serenità ed è per Zoe. Se io sono tranquilla anche mia figlia lo sarà, la loro serenità (sto pensando anche alla sorellina in arrivo) dipende da me. E dire che non sono sempre stata così.
Ho scelto di nuovo di partorire a Imola, dove è nata Zoe, e giovedi scorso sono andata in ospedale per la visita. Mi hanno fatto indossare la mascherina e mi hanno informato che mio marito potrà rimanere solo per il travaglo, il parto e nelle due ore successive. Poi posso avere un visita al giorno per un’ora. Mi dispiace molto per mio marito che per i primi due giorni praticamente non vedrà sua figlia. E io non vedrò Zoe per almeno 48 ore! Non riesco a non pensare e a non essere preoccupata per Toni e sua moglie Ucci a cui sono legatissima, per i miei nonni in Australia che hanno più di 80 anni. E lo confesso: mi preoccupa l’idea di rimane in casa con una neonata e una bambina di due anni. I miei suoceri non abitano distante da qui però non potranno venire a trovarci. E i miei genitori sono dall’altra parte del mondo. Sono figlia unica e loro, dopo essere andati in pensione, si sono trasferiti qui quando è nata Zoe. Il loro rientro era stato stabilito a maggio ma tutto ormai è in sospeso. Poi penso che è proprio con la nascita di Zoe che ho scoperto un’altra parte di me stessa, un senso di maternità per nulla scontato e una certa tranquillità. Dopo pochi mesi mesi sono partita da sola con lei per incontrare in Australia parenti e amici. Un viaggio cosi lungo (24 ore!) con una neonata non è facile. Ma Zoe è stata bravissima! Quindi mi dico: anche con la sorellina in arrivo andrà tutto bene!
(Rachel Wade Salvaggio)