Camminare o attraversare la strada mentre si parla al cellulare o si smanetta con lo smartphone, senza prestare attenzione a potenziali pericoli e a situazioni rischiose, può costare caro. E non solo dal punto di vista fisico. In caso di incidente, infatti, si rischia di vedersi attribuire buona parte della colpa (se non tutta) e di incassare un risarcimento minimo (o di non averlo per niente), inferiore alle richieste e al danno subito. Ne sa qualcosa una signora, a Trieste urtata da una macchina e ferita alle gambe, in un giorno d’autunno.
La sentenza del Tribunale di Trieste
Il Tribunale di Trieste ha emesso una sentenza secondo la quale gran parte della responsabilità dell’incidente è della donna che si è fatta male, urtata da una macchina in sorpasso: stava telefonando mentre correva a prendere l’autobus e si accingeva ad attraversare la strada.
“Era distratta a causa di una telefonata”
La donna aspettava un bus di linea, sul marciapiede. Solo all’ultimo momento, probabilmente perché era già impegnata in una telefonata, ha fatto un cenno all’autista del primo pullman in transito. Il conducente, sebbene la richiesta di fermata non fosse tempestiva, ha deciso di bloccare la marcia, per consentire alla donna di raggiungere il mezzo pubblico e salire. Però si è dovuto portare un po’ più avanti e sul lato sinistro della corsia, a causa dei veicoli in sosta sul lato opposto. La signora ha cercato di raggiungere il bus. Si è messa a correre e si è apprestata ad attraversare la strada, fuori dalle strisce, parlando al cellulare. Non ha guardato a destra né a sinistra, presa com’era nella conversazione telefonica. Proprio in quel momento una Alfa Romeo ha sorpassato l’autobus e l’ha colpita con lo spigolo anteriore. Per la botta ha perso l’equilibrio ed è caduta tra l’asfalto e il marciapiede, le gambe contuse e doloranti. Poi è stata multata da chi ha rilevato l’incidente. Anche il conducente del pullman è stato sanzionato, per la fermata non regolare.
“Sua la colpa all’80 per cento”
Il Tribunale di Trieste, chiamato in causa dalla stessa danneggiata, ha stabilito che alla donna distratta dal cellulare va l’80 per cento della responsabilità, contro il 20 per cento addebitato alla conducente della macchina. La motivazione è semplice. Un pedone che non rispetta le normali regole della prudenza – perché non è abbastanza concentrato – per gli altri utenti della strada rappresenta un ostacolo improvviso. E non si può pretendere che si riesca ad evitarlo.
Abitudini rischiose e diffusissime
Questo il seguito della storia, cominciata nell’ottobre 2010 e trascinatasi nelle aule di giustizia per quasi 9 anni. Dopo l’incidente, e la multa, la signora investita ha citato davanti al Giudice di pace l’autista della macchina, il proprietario e il Fondo di garanzia per le vittime della strada (perché l’assicurazione della vettura nel frattempo era stata messa in liquidazione). Ha chiesto di attribuire loro l’intera responsabilità dell’accaduto e di condannarli al totale risarcimento dei danni, calcolati in 5.020 euro, e al pagamento di interessi, rivalutazione monetaria e spese legali. Il magistrato le ha dato completamente torto, respingendo le pretese, e lei ha presentato ricorso in appello. Il Tribunale monocratico di Trieste ha riesaminato la dinamica, le testimonianze, i comportamenti delle parti. E ha deciso di conseguenza, con una sentenza di interesse diffuso, anche se applicabile al singolo “sinistro” (come viene chiamato). Le persone che camminano per strada con gli occhi fissi sullo schermo del cellulare, o con l’orecchio incollato all’apparecchio e la mente altrove, rappresentano la “normalità”. I comportamenti insidiosi e le situazioni critiche sono all’ordine del giorno. Le tragedie irrimediabili che già ci sono state non bastano a sradicare le abitudini pericolose.
Che cosa dicono la legge e il buonsenso
In teoria, ricorda la sentenza, chi guida un veicolo “è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone (o a cose), se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitarlo”. Però la prova può anche essere indiretta e risultare dal comportamento scorretto del soggetto coinvolto. Applicato il tutto al caso specifico, detta sempre con le parole del giudice d’appello, è “incontrovertibile la connotazione colposa della condotta della signora a piedi: in disprezzo delle regole sulla circolazione stradale e di normale prudenza, si è immessa repentinamente sulla strada, parlando a telefono e senza neanche guardare se sopraggiungessero veicoli”. Per questo i 4/5 della colpa sono suoi, il resto dell’automobilista. Anche la conducente dell’Alfa Romeo, che aveva scorto la donna a piedi e in procinto di attraversare la strada, avrebbe dovuto essere più cauta. Il risarcimento richiesto e il rimborso delle spese legali sono stati tagliati di conseguenza. La donna contusa incasserà molto meno del previsto.
Per gli automobilisti linea dura in vista
Un numero rilevante di incidenti è causato da automobilisti e camionisti che guidano smanettando con lo smartphone. La punizione prevista dall’attuale Codice della strada – carente, perché non al passo con la diffusione dei device e le aumentate funzioni, e quindi le aumentate occasioni di distrazione – non spaventa nessuno. Nel testo della riforma in discussione alla Camera sono stati introdotti inasprimenti. L’ultimo degli emendamenti proposti, in tema, prevede la sospensione della patente da sette giorni a due mesi, sin dalla prima infrazione.