Ci sono oltre duecento medicinali introvabili, una lista probabilmente destinata ad allungarsi. È il bilancio italiano relativo alla carenza di medicinali, un fenomeno che non riguarda però solo il nostro Paese, ma diffuso più o meno in tutto il mondo. E che comporta disagi per i pazienti: la lista italiana comprende un’ampia varietà di principi attivi, come antidolorifici, antibiotici, antipertensivi e persino chemioterapici.

I problemi delle case farmaceutiche

Le ragioni? Molte. «Sulla base delle informazioni e dai dati a nostra disposizione, nella maggior parte dei casi la carenza di un medicinale appare essere legata a problematiche sorte nei diversi livelli della catena produttiva, come per esempio nella fase di reperimento e preparazione delle materie prime o dei prodotti intermedi, nel confezionamento o anche nella fase finale di distribuzione del prodotto finito, laddove il produttore non riesce a far fronte alla domanda del mercato» spiega Luca Li Bassi, Direttore Generale AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco. «Nell’era attuale della globalizzazione dei mercati farmaceutici, problemi produttivi che riguardano un singolo produttore di materie prime possono causare l’irreperibilità di un medicinale in più Paesi o anche in interi continenti, come è stato possibile constatare nel caso degli antipertensivi sartani o più recentemente, per la mitomicina, un antitumorale della classe degli antibiotici».

Le sanzioni a tutela dei pazienti

Il problema è presente già da anni e complesso da gestire. «Indipendentemente dalle tante ragioni che si possono esplicitare per spiegare perché certi medicinali diventano irreperibili nel nostro Paese, bisogna adottare delle soluzioni drastiche come quella delle sanzioni» interviene Silvio Garattini, Presidente dell’Istituto Mario Negri di Milano. «Non è accettabile per l’interesse del paziente che un’azienda farmaceutica con tanto di autorizzazione da parte di AIFA a distribuire il farmaco, ne faccia mancare le quantità necessarie. Agire in modo determinato è un atto dovuto per far rispettare le regole a chi mette a disposizione un medicinale dichiarato come utile, ma non ne garantisce l’approvvigionamento». E proprio la tutela del paziente è stato lo start che ha portato l’Agenzia Italiana del Farmaco a costituire una task force ad hoc, composta da un team multidisciplinare, con l’obiettivo di mettere a punto iniziative per prevenire o perlomeno minimizzare, i disagi per i pazienti. E dalla teoria sono già passati alla pratica.

La lista dei medicinali introvabili

Sul sito di AIFA (www.aifa.gov.it) sono costantemente presenti gli aggiornamenti relativi ai medicinali carenti, sotto forma di scheda, con il dettaglio relativo al tipo di farmaco, le indicazioni terapeutiche, le ragioni della carenza, cosa sta facendo eventualmente l’azienda produttrice del farmaco per arginare il problema, cosa sta facendo nello specifico AIFA e i suggerimenti a medici e a farmacisti. Sul sito inoltre è presente anche l’elenco dei farmaci carenti, aggiornato in tempo reale, ed è possibile la segnalazione da parte sia dei pazienti, sia degli operatori sanitari.

«La tematica è molto sentita ed è oggetto di diversi tavoli di lavoro internazionali» aggiunge il dottor Li Bassi. «L’Agenzia Italiana del Farmaco si è fatta attiva promotrice del dialogo ed ha avviato lo scambio di informazioni con ben 15 altri Paesi europei, con cui si confronta per condividere le liste e le analisi relative alle carenze. Inoltre, uno scambio di analisi e valutazioni si sta definendo anche tra la nostra Task Force e quella operativa già da tempo presso la FDA americana. Una specifica task force è istituita anche presso l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) per affrontare i problemi legati alle interruzioni temporanee nella fornitura dei medicinali. In aggiunta, solo per citare alcuni esempi recenti, anche l’Agenzia del Farmaco svedese ha istituito una squadra simile alla task force AIFA per meglio coordinare l’informazione e le attività sulle carenze e anche il Portogallo sta per adottare soluzioni normative ed operative simili a quelle italiane».

Tra i farmaci introvabili c’è anche un chemioterapico

«Nella mia esperienza, non è mai accaduto, ma è comunque da tenere ben presente tra le probabilità» interviene Giordano Beretta, Presidente eletto AIOM, Associazione Italiana di Oncologia Medica. «Può accadere coi farmaci cosiddetti di supporto, cioè che vengono prescritti per esempio per alleviare gli effetti collaterali delle terapie primarie come la chemio. E il più delle volte è un problema legato al fatto che si tratta di principi attivi vecchi, con un costo di produzione superiore a quello di rimborso. Oppure, com’è accaduto recentemente, con un chemioterapico che viene impiegato come terza linea di trattamento, o, come nel caso assurto a notizia, come trattamento preventivo locale, e che, anche in questo caso, è un principio attivo presente da molti anni. Qui, la strategia da adottare subito per il benessere del paziente è di reperire il medicinale all’estero, ma certo non è la soluzione in assoluto. Forse, bisognerebbe concordare un accordo globale con le Big Pharma e chiedere che vengano incontro garantendo, insieme alle terapie innovative ad alto costo, anche quei principi attivi, pochi ma per alcuni necessari, destinati all’esaurimento a causa della perdita economica che comportano, sanzionando con riduzioni del rimborso per il farmaco ad alto costo l’eventuale non adesione a tale approccio».

A chiedere alle Aziende farmaceutiche una riflessione sull’entità del danno sono anche i medici di famiglia, i primi a essere coinvolti. Quando un farmaco sparisce, spesso porta con sé problemi non di poco conto, perché non sempre esiste un medicinale analogo. La soluzione si trova prima o poi, certo, ma richiede tentativi con posologie diverse, principi attivi che non sono i soliti, e il tutto a svantaggio del benessere del paziente. «Chi produce i farmaci ha degli obblighi sociali», dice Roberto Carlo Rossi, Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Milano e provincia. «Certo, è giusto ed è normale che abbiano una valenza commerciale, questo non viene messo in discussione. Però andrebbero selezionati quei farmaci che, nonostante siano di vecchia data, hanno ancora un ruolo terapeutico importante. E mettere a punto degli incentivi economici per le Aziende affinchè ne continuino la produzione. Va potenziata inoltre la comunicazione tra le Istituzioni e i medici. Abbiamo la necessità di ricevere degli alert quando si verificano problemi nella reperibilità di un determinato farmaco. Non può essere il paziente ad avvisarci, dopo avere vagato da una farmacia all’altra».

Una legge per gestire la disponibilità dei medicinali

Un passo in tal senso è stato fatto grazie al cosiddetto “Decreto Calabria”, diventato legge a luglio scorso, che ha introdotto importanti novità e strumenti per la prevenzione, la gestione e la limitazione degli stati di carenza dei medicinali. Ad esempio, se necessario, l’AIFA può adottare il provvedimento di blocco temporaneo delle esportazioni di un determinato farmaco nei casi in cui tale intervento possa aiutare a ridurre i disagi creati dalla carenza. È stato adottato per Sinemet, un farmaco per il trattamento della malattia di Parkinson. Un problema legato al ritardo nella produzione del sito italiano, aveva causato l’esaurimento di tutte le scorte nazionali: bloccandone l’esportazione, è stato possibile rigenerare più velocemente tali scorte dedicando l’intera produzione al fabbisogno nazionale.

Ma non è l’unica novità. «In base al “Decreto Calabria”, l’AIFA in sede di negoziazione del costo del farmaco ai fini della rimborsabilità, può richiedere alle aziende la certificazione della propria capacità produttiva e di gestione dei possibili imprevisti di produzione, per garantire l’adeguata e continua fornitura dei farmaci al Servizio Sanitario Nazionale in funzione dei bisogni della popolazione» sottolinea Li Bassi. «Infine, il Decreto rende possibile una più tempestiva gestione delle carenze, innalzando da due a quattro mesi il termine di preavviso entro il quale le aziende farmaceutiche sono obbligate ad informare l’AIFA nei casi di carenze e cessazioni temporanee o definitive della commercializzazione dei medicinali. Più tempo a disposizione permette all’AIFA e alle Aziende di meglio interloquire per identificare le soluzioni del caso e comunicare per tempo e in modo più efficace con la popolazione e i professionisti sanitari».