Sono centinaia le automobili che sono rimaste danneggiate dalla grandinata che si è abbattuta il 26 luglio in Emilia Romagna, costringendo persino alla chiusura di un tratto dell’autostrada A1. Una precipitazione che era stata prevista con un post dagli esperti dell’Osservatorio Geofisico dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Proprio i meteorologi e i climatologi spiegano che se la grandine in estate è un fenomeno di cui non bisogna stupirsi: la vera novità potrebbe essere rappresentata dall’intensità e dalla frequenza con la quale si verifica da qualche tempo a questa parte. Ma è davvero così?

La grandine estiva

«La grandine è un fenomeno relativamente frequente nel bacino mediterraneo e in particolare in Pianura Padana. Perché si formi occorre che ci siano una certa instabilità atmosferica, un forte surriscaldamento, specie in aree molto vaste come appunto la Pianura Padana dove in questo periodo dell’anno può fare molto caldo, e un’invasione di aria fredda e secca in quota. Tutti “ingredienti” che si sono sommati l’altro giorno in Emilia Romagna» premette Massimiliano Fazzini, climatologo dell’Università di Chieti e responsabile del gruppo sui cambiamenti climatici della Società italiana di geologia ambientale (Sigea).

«L’aria fredda e secca, essendo molto pesante, scende e solleva in modo violento l’aria calda e umida che si era accumulata a livello del suolo nei giorni precedenti. Grazie a questo fenomeno, che avviene a forte velocità, si formano i chicchi di grandine, come accaduto ora e come spesso accade d’estate. Non è di per sé una novità, mentre sulla maggior frequenza occorre fare alcune valutazioni» avverte l’esperto.

Grandina di più?

«Sicuramente ci sono zone d’Italia nelle quali la grandine si forma con maggiore frequenza, come quelle al confine tra Pianura Padana e Prealpi, per esempio Torino, Biella, Como, Bergamo, Brescia, ma anche il Friuli dove ci sono condizioni climatiche particolari. Nel caso dell’Emilia, il motivo è invece più legato al fatto che è tra le zone più calde nel trimestre estivo, nelle ore diurne – spiega il climatologo – Non c’è, però, una prova del fatto che siano più frequenti numericamente negli ultimi tempi. In realtà oggi disponiamo di maggior informazioni e di aggiornamenti più rapidi, che corrono sul web, per cui a volte può capitare di avere la percezione che il fenomeno sia più frequente». Ciò che invece sembra essere cambiato è l’intensità del fenomeno.

Chicchi più grandi e fenomeni più intensi

Uno dei motivi per i quali può sembrare che grandini di più è legato, invece, all’intensità dei fenomeni, quindi più che il numero potrebbe essere aumentata la “violenza”: «Ci sono casi eclatanti, come per esempio la grandinata lo scorso anno, a luglio, a Pescara. Ma anche quella di pochi giorni fa in Emilia: i chicchi avevano una maggiore grandezza e sembravano simili a palle da tennis o da golf, quindi anche i danni causati sono stati ingenti. Questo può essere spiegato col fatto che c’era un surplus termico importante, cioè un maggiore contrasto termico tra l’aria fredda e secca in quota e quella calda e umidità al suolo, quindi il chicco è salito ed è sceso di più, ingrandendosi sempre più, fino a quando è caduto a terra di dimensioni maggiori» spiega il professor Fazzini.

Si possono prevedere grandinate e temporali violenti?

Le temperature che hanno portato alla grandinata in Emilia Romagna, però, non erano da bollino rosso, seppure elevate: a causarla, quindi, non sarebbe tanto un eventuale cambiamento climatico, quanto la condizione meteorologica specifica che si è creata in quel momento. Ma quanto questi fenomeni sono prevedibili?

«Oggi abbiamo sicuramente una maggiore possibilità di monitorare quanto accade in atmosfera, abbiamo radar meteorologici e possiamo contare sulle osservazioni satellitari, quindi abbiamo una base di partenza molto buona per capire dove si creano condizioni di aria instabile, che sono tra i fattori scatenanti della grandine, ma anche delle trombe d’aria. La grandine, però, è un fenomeno molto puntuale, cioè che avviene in un punto molto preciso e questo non è così facilmente prevedibile, non con un certo anticipo» spiega Fazzini.

Insomma, le previsioni possono indicarci l’arrivo di una perturbazione o l’aumento di instabilità, ma difficilmente si potrà sapere se questa porterà chicchi in una certa località: «Una cosa è indicare un rischio di grandinate, per esempio, per la provincia di Modena, ma ben altra è dire se queste avverranno a Fidenza, Pavullo o Mirandola. Circoscrivere la previsione ad un punto esatto è quasi del tutto impossibile – spiega il climatologo – Con le grandinate è possibile solo una previsione cosiddetta Now Casting, cioè quasi in tempo reale, grazie a un radar meteorologico. Ma l’anticipo, questo caso, potrà essere solo di un arco temporale tra la mezz’ora e le due ore prima, senza comunque poter indicare l’intensità del fenomeno, perché la grandezza della cosiddetta cellula grandigena non è prevedibile».