«Non c’è alcuna correlazione tra lo stato di necessità dei migranti e il fatto che abbiano un cellulare» spiega Barbara Molinario dell’Unhcr. «Anzi: il telefono è strumento di vita, vista la difficoltà e la durata del viaggio per arrivare in Europa. Che spesso dura anni». Quella sui barconi è solo l’ultima tratta di un percorso molto più lungo. «Prima bisogna affrontare giorni e giorni nel deserto, spesso senza acqua, stipati in contenitori nascosti o nei camion: il cellulare è l’unico modo per restare in contatto con la famiglia». Non bisogna poi dimenticare che «in Africa la telefonia è quasi esclusivamente mobile, anche perché in tanti Paesi la manutenzione delle reti fisse è carente» sottolinea Rossella Panuzzo della ong Terre des Hommes.
I telefonini servono per sopravvivere
Da sfatare anche il mito dell’ultimo modello: «Si tratta essenzialmente di smartphone di seconda mano, che si comprano anche nei mercati» continua Panuzzo. «I migranti e i loro cari ne hanno bisogno per informarsi sulle rotte più sicure ed entrare in contatto con i passeur». Purtroppo, infatti, è anche attraverso i cellulari che «in Libia i trafficanti chiedono il riscatto alle famiglie d’origine di chi è imprigionato nei centri di detenzione». L’Unhcr ha documentato casi in cui «proprio tramite i telefonini vengono mandati video delle torture ai parenti, per chiedere i pagamenti» sottolinea Molinario.
Parte chi è in grado di arrivare
Altro luogo comune è quello dei migranti palestrati e in piena salute. Secondo i dati del ministero dell’Interno, accanto a un 70% di uomini, giungono in Italia via mare un 20% di minori non accompagnati e circa un 10% di donne. «Durante il viaggio» precisa Molinario «sofferenze, digiuno e torture sono la regola». Per questo arrivano soprattutto uomini, perlopiù 20enni: «Quando si decide chi deve partire, si sceglie chi pensa di potercela fare. Si spostano relativamente poche donne, anziani e bambini proprio perché sanno a cosa si va incontro». Né chi sbarca è in ottima salute. «Dai controlli all’arrivo» spiega ancora Molinario «emerge una popolazione sana, ma che si ammala durante il viaggio, proprio per le condizioni cui i migranti sono sottoposti».
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