Chiedi a uno scrittore perché l’amore finisce e ti risponderà con vari giri di parole che va così perché va così, la vita è infallibile a scontentare. Alla domanda “Cosa diventa l’amore quando finisce?” invece può rispondere un avvocato. Che si occupa della fine ufficiale della relazione. Niente al mondo, nemmeno la passione del primo minuto è forte quanto la voglia di andarsene dell’ultimo. Si litiga. Per i mobiletti Ikea, per i regali di compleanno fatti e ricevuti, per i turni del cane. Volete sapere come si gestisce un cane in caso di divorzio? Affido condiviso oppure a uno solo dei 2 con spese di mantenimento a carico dell’altro. Il giudice ratifica l’accordo inserito nella separazione e poi non vuole saperne più niente.
Prendi una normativa sbagliata e trova il modo di farne un disastro
Certe assurdità capitano in quasi ogni causa di separazione, non perché si diventi cattivi all’improvviso. Il motivo per cui ogni divorzio è una carneficina è che di solito si è già in 3, quando finisce un matrimonio. Uno dei 2 ha una relazione nuova di zecca (quindi è rinato) e l’altro deve raccogliere i cocci. Insomma, calda o fredda, spesso uno dei 2 vuole la guerra. Come se ne avesse diritto. In cosa si trasforma l’amore quando finisce? In vendetta. I motivi? C’è sempre uno che ha sofferto più dell’altro, “stare male” non si divide mai in 2 perfette metà. Peggiorare un divorzio sembrava un’impresa impossibile, poi è arrivato l’onorevole Pillon. Leghista, avvocato, animatore del Family Day. È suo il disegno di legge per la modifica del diritto di famiglia. Una riforma “in peius”, come la chiamiamo tra avvocati. Che vuol dire: prendi una normativa sbagliata e trova il modo di farne un disastro. Ogni legge ha una filigrana, una specie di anima: si chiama “ratio legis”. Lo scopo del ddl Pillon? Rendere quasi impossibile lasciarsi. Quel che è peggio, è che ogni legge fa almeno una vittima. In questo caso, sono i figli. Ma procediamo con ordine.
Toglieremo ai bambini il diritto di dormire ogni sera nello stesso letto?
La prima rivoluzione del decreto sarebbe la “bigenitorialità perfetta”. Che vuol dire: diritto del figlio di intrattenere rapporti continuativi ed equilibrati con ciascun genitore. La definizione risale all’entrata in vigore della legge n. 54/06 sull’affido condiviso, pur sempre caratterizzato, di norma, dalla prevalente collocazione del bambino presso la madre. Il cambiamento sta nell’aggettivo “perfetta”. Il tempo passato con ognuno dei genitori dev’essere esattamente pari. Si sta un po’ con mamma, un po’ con papà. Due pigiami, 2 scrivanie per i compiti, 2 tazze per la colazione. «Dov’è casa tua, bambino?», chissà. C’erano 40 anni di Cassazione a difesa dei bambini: «Non ci sono dubbi che modificare continuamente la propria casa di abitazione può avere un effetto destabilizzante per molti minori» (tra le tante, Cassazione civile, sentenza. n. 4060/17). Ai figli del divorzio restano pochi diritti, e il più intoccabile di tutti è quello di farsene una ragione. Gli toglieremo anche quello di dormire nello stesso letto tutte le sere? Voi riuscireste a viverci, in 2 case?
Secondo la linea Pillon devono essere schedati anche gli amichetti del parco
Pare una favola per adulti. L’articolo 11 del disegno di legge Pillon dice «entrambi i genitori predispongono un piano genitoriale relativo a: luoghi abitualmente frequentati dai figli, scuola e percorso educativo del minore, eventuali attività extrascolastiche, frequentazioni parentali e amicali, vacanze normalmente godute». Ma l’unica regola possibile, quando si tratta di figli, è la seguente: si prova a dargli un’educazione, qualche principio. E si cambiano i programmi in base a quello che capita, un giorno alla volta. Funziona così il buonsenso. Secondo la linea Pillon devono essere schedati perfino gli amici. Certo, sarebbe il sogno di tutte le famiglie con un adolescente, se non fosse ridicolo. E se c’è una nuova frequentazione? Chi decide se è sbagliata? E se il ragazzino sgarra e il sabato sceglie altri giardinetti? La vita si stravolge e figuriamoci quanto si stravolgono i programmi.
Le donne da parte debole economicamente diventano debolissime
L’abolizione dell’assegno di mantenimento, prevista dalla riforma, di logico ha solo i presupposti: se i figli dei divorziati avranno da spartire lo stesso tempo tra i genitori, anche le spese per il loro mantenimento potranno essere divise. Vero. Se fosse un mondo a parità di stipendi tra maschi e femmine. Il risultato: il bambino avrà 2 vite diverse. Un bel tenore di vita con un genitore e probabilmente uno meno divertente con l’altro. «Se vado di pomeriggio a casa di papà compro i giocattoli, a casa di mamma si fanno solo i compiti»: eccolo, un probabile risultato. In Italia nemmeno la metà delle donne lavora. Insomma la parte economicamente debole diventa debolissima.
Non esistono tabelle buone per tutti né sentenze utili all’unanimità
Gli effetti aberranti e certissimi della riforma li spiega Giuseppe Ferrari, psicologo esperto in dinamiche relazionali familiari: «Dato che non tutto potrà verosimilmente essere oggetto di mediazione familiare, che il disegno di legge rende obbligatoria, il minore sarà caricato di una grande responsabilità in un momento delicato della sua vita. In sostanza rischia di diventare oggetto di manipolazione da parte dei genitori che volontariamente o meno possono “incaricarlo” di dirimere i conflitti o, peggio, di decidere in autonomia del suo futuro». La soluzione c’è, esiste da tempo e perlopiù si cerca di applicarla: considerare le differenze. Se le 3 parole che reggono ogni coppia felice sono “Io ti amo”, le 3 parole che governano un buon divorzio sono: “Caso per caso”. Caso per caso. È così che decidono i magistrati. Con o senza riforme. Nel diritto di famiglia non esistono tabelle buone per tutti, sentenze utili all’unanimità o leggi adatte a chiunque. Lasci perdere, onorevole Pillon.