Forse sarà l’effetto “troppo pieno”, ma, dopo aver vissuto in una Milano metafisica, così vuota che potevo perfino attraversare la strada senza bisogno di guardare, ora la città mi sembra troppo piena. Una tra gli aspetti peggiori è che, semplicemente per camminare, occorre pazienza. Non solo perché si è in tanti, ma perché alcuni ritengono che il marciapiede sia loro esclusiva. E così stamane leggendo che Amy Alkon, esperta di galateo per tantissimi giornali e blog anglofoni, ha stilato indicazioni anche su questo, ho pensato che ce n’è proprio bisogno.
Prendiamo due casi: i fidanzati che si tengono per mano e occupano per intero lo spazio di passaggio. Secondo la Alkon, quando arriva uno in direzione contraria (ma anche la stessa, dietro di loro, aggiungo) dovrebbero «farsi forza e tragicamente separarsi per tre secondi, il tempo che quello passi». A me pare impossibile che lo si debba consigliare, eppure: provate voi a incrociare una coppia e sarete voi a dovervi spostare. Dio non voglia che pochi secondi di nostalgia li facciano piombare in uno struggimento inconsolabile. Seconda situazione tipo: io arranco sui tacchi trascinandomi valigia, borsa delle spesa e computer e la persona che arriva in direzione opposta, pur vedendomi. non si sposta di un millimetro. Morale: o mi sposto io trascinandomi dietro armi e bagagli o ci scontriamo. Ma un po’ di comprensione per gli sherpa metropolitani, no?
Poi ci sono quelli che si assembrano sugli angoli blindando il passaggio in due direzioni (se uno deve proprio usare il marciapiede, lo guardano come fosse un cafone) e quelli che devono inframmezzare le chiacchiere con soste a effetto. Insomma, arrivano al momento clou, chessò, del racconto delle liti con il vicino e di colpo si fermano. Io che sono dietro di loro mi chiedo se: 1) sappiano che parlare e camminare si possono fare insieme e se 2) non si potrebbero fare due corsie sul marciapiede, una a scorrimento veloce, l’altra no. Sono stufa di dovere chiedere permesso per camminare in uno spazio pubblico. Perché, come spiega Alkon, «chi forma un muro umano sul marciapede opera una forma subdola di bullismo».
Lo pensate anche voi?