«State lontani da qua che è pericoloso». È l’ultimo messaggio, via whatsapp, che ho ricevuto da mio padre. Avevo scritto a mia madre: «Ti voglio bene, ci rivedremo presto» ma non mi ha mai potuto rispondere. Sono morti a tre giorni di distanza l’uno dall’altra all’ospedale di Voghera: la mamma il 20 marzo, il papà il 23. Erano stati per 10 giorni bloccati a casa a combattere contro la febbre e la paura; per loro niente tamponi, né diagnosi certe. Fino al ricovero e alla morte. Si chiamavano Maria Tundra Sartorel e Maurizio Ferrarese, avevano 68 e 71 anni. Li ho visti l’ultima volta a novembre quando ero rientrato per un mese in Italia. Da tanti anni risiedo in Malesia e sono in giro per il mondo con mia moglie, malese: lei, Kit Yeng Chan, è fotografa, io scrivo articoli e guide di viaggio.
Mentre scrivo queste righe sono in Perù (sto preparando l’aggiornamento di un capitolo di una guida proprio su questo Paese) ed ero già qui quando, intorno alla metà di marzo, le condizioni dei miei genitori si sono aggravate. Avevo intenzione di tornare in Italia, ma siamo stati bloccati dall’annuncio improvviso (siamo stati avvisati il 15 marzo, il provvedimento è scattato il 16) del lockdown del Perù. È un lockdown molto rigido, basti pensare che in alcuni giorni possono uscire solo le donne, in altri gli uomini, di domenica si sta tutti dentro.
Mi trovo così da un mese a dover pagare il mio soggiorno forzoso nella Mirko’s Home Backpacker guesthouse, un ostello a 3.300 metri nel villaggio di Cabanaconde, la bocca del colca Canyon. I miei genitori non volevano che noi rientrassimo perché si rendevano conto della situazione pericolosa che si era creata in Italia, ma erano fiduciosi di potersi riprendere. Ho chiesto aiuto all’unità di crisi della Farnesina; ho ricevuto una mail di risposta solo 9 giorni dopo. Mi invitavano a prendere un volo che sarebbe partito il giorno dopo da Lima, proposta impraticabile per me. Dal mio villaggio ci vogliono almeno 22 ore per raggiungere Lima e il costo era proibitivo. Sono qui stretto in una morsa fisica ed emotiva. Non posso neppure aiutare mio fratello, che vive a Piacenza e si è preso cura dei nostri genitori. Non posso fare nulla. In questa surrealtà che vivo è anche difficile iniziare a elaborare il dolore, prendere atto che mamma e papà non ci siano più e che se ne siano andati in un modo tanto assurdo.
(Marco Ferrarese)
#lenostrevitesospese