Un autentico «giallo della vita reale». Così definisce il caso intricato di Rimini, l’uccisione dell’anziana signora Pierina Paganelli, una nota di Enzo Letizia, Segretario dell’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia. 

Gli ingredienti del giallo perfetto nel caso Pierina Paganelli

Nel complimentarsi con le Forze dell’ordine che hanno risolto il caso, il funzionario sente dunque il bisogno di esprimere tutto lo sconcerto per come la realtà sembri sempre di più una fiction, e la fiction si ispiri sempre di più alla realtà. 

La vicenda diventerà sicuramente il soggetto di un prossimo podcast, o una mini serie tv, perché no? Gli ingredienti ci sono tutti, e tutti perfetti per attirare il nostro sguardo da voyeur e una morbosità che alza sempre di più l’asticella. Le 28 coltellate all’anziana signora di Rimini – Pierina Paganelli, il presunto assassino senegalese – Louis Dassilva, sposato con un’italiana che vive nello stesso condominio della 78enne uccisa. E poi la nuora dell’anziana – Manuela Bianchi, amante di lui, sposata pure lei, con il marito – Giuliano Saponi, figlio della donna morta – ridotto invalido al cento per cento da un grave incidente. E ancora: quando Pierina è stata ammazzata, Manuela stava aspettando il pronunciamento del “consiglio dei saggi”:  pure i Testimoni di Geova ci sono in questa storia intricata, un giallo che anima le cronache dal 3 ottobre 2023, quanto appunto l’anziana Pierina Paganelli fu uccisa. 

Caso Pierina Paganelli: qual è l’essenzialità della notizia?

Se le indagini sono giunte dunque a una svolta, per i media si apre invece la stagione del banchetto. Che bisogno c’è di diffondere i dati personali della nuora della signora uccisa? Che bisogno c’è di divulgare dettagli della sua vita, indugiando sul marito, vittima di un incidente e ora invalido? Che bisogno c’è di rendere noto a tutti che i due avevano una grave crisi coniugali, e che lei e l’altro si mandavano messaggi di carta? Pure i pizzini vengono raccontati. Peccato che i due hanno dei figli, e peccato che sapere questi dettagli non aggiunge nulla, se non soddisfare la morbosità di chi legge. Oltretutto, non si dovrebbe. «I giornalisti dovrebbero attenersi all’essenzialità della notizia, senza dare dettagli che esulino dall’interesse pubblico» dice l’avvocata Marisa Marraffino, esperta in reputazione online e minori. «Peccato che ormai la cronaca giudiziaria sia oggetto di gossip, all’inseguimento – tutti quanti – del dettaglio più piccante. L’interesse dei minori viene scavalcato, quando all’estero, per esempio, storie di cronaca in cui siano coinvolti bambini, non vengono neanche date».

Anche la Polizia pubblica dati riservati: la denuncia

Prosegue l’avvocata Maraffino: «In Italia pubblichiamo dati personali con leggerezza, e lo fa la stessa polizia. Ho appena fatto un esposto al Garante della privacy per denunciare la pubblicazione in chiaro di dati di soggetti minorenni indagati (ancora in attesa di processo) con nomi e cognomi pubblicati nel report annuale della polizia, appena uscito. Per non parlare dei dati di persone magari coinvolte marginalmente in un’indagine su altre persone, che frequentavano, e che poi vengono prosciolte, o l’accusa archiviata, e si ritrovano ancora online dopo anni e anni, solo perché prima sono stati abbinati a quella persona. Non è accettabile».

Giornalisti alla ricerca delle testimonianze

La nuova legge sulle intercettazioni dovrebbe limitare la pubblicazione di certe notizie. «Ora esistono norme speciali su cosa pubblicare e cosa no, ma nulla vieta ai giornalisti, per esempio, di andare a bussare a casa del vicino ed estorcere informazioni» prosegue l’avvocata. «Ma come si verificano queste informazioni? Se il vicino ha i suoi motivi per divulgare falsità, e il giornalista non verifica le dichiarazioni, sta commettendo un reato: si chiama diffamazione».

La deontologia non viene rispettata

Se è difficile dunque capire i confini dell’essenziale, che pare si presti molto a interpretazioni del tutto personali, sembra anche difficile rispettare i codici deontologici. «Eppure i giornalisti hanno ora a disposizione un testo unico, proprio per far ordine tra i tanti codici pubblicati negli anni» spiega il professor Adriano Fabris, docente di Etica del giornalismo all’Università statale di Pisa e autori di vari libri, tra cui L’etica del giornalismo negli attuali scenari comunicativi (Pacini ed.). «I dati che riportano i minori non dovrebbero essere pubblicati, per esempio. Così come si dovrebbe evitare di spettacolarizzare la notizia. Ma cosa pretendiamo, se i palinsesti delle tv commerciali sono pieni di trasmissioni che fanno intrattenimento sulla cronaca nera? Cosa pretendiamo se i giornalisti sono schiavi dei click, costretti a inseguire la visibilità dei social? Se tutto diventa fiction e intrattenimento, anche la realtà finisce per diventare un palcoscenico. Basti pensare alla nuova serie tv su Yara Gambirasio: come si sentiranno oggi i genitori della ragazzina? E soprattutto, che peso mediatico eserciterà il clamore della serie sulla possibilità di un ricorso di Massimo Bossetti? La pressione dei media esercita un potere enorme, nel bene e nel male, com’è stato per la strage di Erba, ma ogni tanto ce ne dimentichiamo. E in tanti casi, troppi, ha condizionato le indagini, orientandole».

Poche le sanzioni ai giornalisti

D’altra parte, però, l’Ordine dei giornalisti fa ben poco contro chi viola i codici deontologici. «Le sanzioni sono rare, ma in ogni caso non avrebbe senso usare solo i criteri della punizione» conclude il professo Fabris. «Occorre educare, fare cultura, fare tutti un passo indietro e ricercare quel rispetto etico dell’essere umano che si è perso nei media da tanto tempo».