L’Agenzia europea per i medicinali (Ema), ha già autorizzato uno dei due farmaci orali contro la malattia Covid: la pillola di Merk. Entro fine mese è atteso il via libera anche per quelle prodotte da Pfizer. La speranza è soprattutto quella di alleggerire il carico di lavoro negli ospedali, dove l’occupazione dei posti letto preoccupa. Marco Cavaleri, capo della strategia vaccinale dell’Ema, rassicura sull’efficacia: «Gli antivirali orali ed endovenosi come paxlovid e remdesivir mantengono la loro efficacia contro la variante Omicron e possono aiutare a limitare il carico di malattia associato a questa variante».
Perché le pillole funzionino, però, è fondamentale il fattore tempo: vanno somministrare nei primissimi giorni di insorgenza della malattia e il rischio è che la burocrazia non lo renda possibile.
Chi prescrive le pillole anti-Covid
Per poter assumere le pillole anti-Covid, quando sarà autorizzata anche quella prodotta da Pfizer, occorre una prescrizione da parte del medico di medicina generale, cioè il medico di famiglia. È a lui che bisogna rivolgersi non appena compaiono sintomi compatibili con l’infezione.
In che casi vanno bene gli antivirali orali
Le pillole orali (paxlovid e molnupiravir) che funzionano come gli antivirali somministrati per via endovenosa – come remdesivir – e come i monoclonali, sono indicati nelle fasi iniziali (e dunque malattia lieve o moderata) ma in pazienti che sono a rischio di sviluppare forme gravi, per altri motivi (insufficienza polmonare o altro). «In particolare, la prescrizione del molnupiravir è indicata entro i 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi. La durata del trattamento, che consiste nell’assunzione di 4 compresse (da 200 mg) 2 volte al giorno, è di 5 giorni» spiega Giovanni Leoni, vicepresidente della Federazione nazionale dei medici di medicina generale e degli odontoiatri (FNOMCeO). Quanto a paxlovid, «se assunto entro 3 giorni dalla comparsa dei sintomi riduce il rischio di ricovero e morte del’89%», secondo i dati forniti dall’azienda produttrice Pfizer. «È importante, dunque, somministrarli nelle fasi iniziali della malattia, altrimenti si rischia che non funzionino» aggiunge l’esperto.
Occorre agire nei primissimi giorni
«La precocità è fondamentale perché questi farmaci orali siano efficaci, così come gli anticorpi monoclonali, perché entrambi agiscono bloccando la replicazione del virus. Una volta che questo, invece, si è replicato e ha iniziato a creare danni agli organi, causando ad esempio insufficienza respiratoria, è troppo tardi e occorrono altre terapie».
Dove è iniziata la somministrazione
Quello che si teme maggiormente è che tra la segnalazione al proprio medico dei primi sintomi e la prescrizione dei farmaci orali passino già alcuni giorni. Non solo: anche ottenere le pillole potrebbe non essere così semplice. Finora in Italia sono arrivate 11.899 confezioni di pillola Merk (molnupiravir) da 40 compresse, che sono state distribuite in modo non uniforme sul territorio: all’Abruzzo 360 confezioni, alla Basilicata 60, alla Calabria 120, alla Campania 480, all’Emilia Romagna 840, al Friuli Venezia Giulia 240, al Lazio 1.680, alla Liguria 1.080, alla Lombardia 1.800, alle Marche 600, al Molise 60, al Piemonte 739, alla Provincia autonoma di Bolzano 60, alla Provincia autonoma di Trento 60, alla Puglia 240, alla Sardegna 60, alla Sicilia 360, alla Toscana 1.440, all’Umbria 60, alla Valle d’Aosta 120, al Veneto 1.440.
Lazio, Liguria e Piemonte hanno iniziato a somministrare le prime dosi di molnupiravir solo da pochi giorni, mentre l’Azienda ospedaliera Marche nord ha deciso un protocollo differente, che prevede una cura a base di anticorpi monoclonali e remdesivir. In questo caso, quindi, niente pillole ma farmaci somministrati per via endovenosa, ma senza ricovero: i pazienti devono recarsi per tre giorni consecutivi in ambulatorio o in ospedale, ricevono gli antivirali e tornano a casa.
Dove si prendono
Anche l’esperienza delle Marche mira di alleggerire, almeno in parte, la pressione sugli ospedali. In realtà l’obiettivo è evitare del tutto l’accesso alle strutture ospedaliere. Al momento e in attesa di linee guida univoche da parte di Aifa, «il percorso prevede che il medico di famiglia effettui una diagnosi accurata e, se lo ritiene, indirizzi il paziente al centro specializzato perché riceva il farmaco orale. L’ipotesi più probabile è che si passi presto a una distribuzione tramite le farmacie ospedaliere e soprattutto anche a tutte le altre. Quando ciò accadrà, presumibilmente le pillole non avranno un costo per il paziente, perché dovrebbero essere considerate di pubblica necessità, come i vaccini, e quindi gratuite» chiarisce Leoni.
Proprio sulla distribuzione della pillola anti-Covid (sia di Merk che di Pfizer), quindi, occorre attendere le indicazioni dell’Aifa, il cui presidente Giorgio Palù, ha chiarito a Libero: «Non so se andrà nelle farmacie territoriali, ma penso che arriverà a fine mese e comunque voglio sottolineare che, essendo un antivirale orale, sarebbe opportuno fosse gestito a domicilio dai medici di medicina generale. A questi, però, devono essere fornite informazioni chiare sulle interazioni con altri farmaci». Insomma, la cautela è d’obbligo.
Presto un taglio alla burocrazia
Quanto al rischio di perdere tempo a causa dei passaggi burocratici, il vicepresidente della Federazione dei medici ammette: «È possibile che qualche ritardo nella catena di distribuzione ci sia, specie dalla segnalazione dei primi sintomi da parte del paziente fino alla somministrazione finale, ma siamo ottimisti: come per i monoclonali, saranno man mano previsti percorsi privilegiati. Credo che la parte burocratica, che oggi pesa ancora, sarà sicuramente velocizzata anche di fronte alla crescente attenzione mediatica. Nuovi studi, inoltre, valideranno su basi scientifiche questi farmaci, in particolare la pillola Pfizer, che potrà essere autorizzata e aggiungersi a quella di Merk. Come sempre, se una cura funziona, si velocizza in maniera incredibile anche l’accesso, come accaduto con la penicillina e l’antibiotico» conclude l’esperto Leoni.