Ve l’avevamo già annunciato. Dal 4 gennaio anche nel nostro Paese è possibile curarsi il Covid a casa, con la pillola antivirale di Merck. Si tratta del Molnupiravir, che ha ricevuto il via libera della Commissione tecnico scientifica dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) lo scorso 22 dicembre.

Il farmaco si è rivelato efficace nel prevenire le ospedalizzazioni, se assunto nelle fasi precoci della malattia Covid. Non è indicato per tutti e deve essere prescritto dal medico.

«È un farmaco ed è un’ottima arma in più contro il virus, che si aggiunge al vaccino pur avendo una funzione differente: non previene l’infezione, ma cura la malattia ed è indicato in alcuni soggetti particolarmente a rischio di una prognosi più grave» chiarisce Massimo Ciccozzi, direttore dell’Unità epidemiologica all’Università Campus Biomedico di Roma.

Chi può prendere la pillola anti-Covid

Come chiarito da Aifa, il medicinale è autorizzato per il «trattamento dei pazienti Covid-19 non ricoverati con recente insorgenza di malattia da lieve a moderata e con condizioni cliniche sottostanti che possono rappresentare fattori di rischio specifici per lo sviluppo di Covid-19 grave». Il Molnupiravir, dunque, è indicato nelle fasi iniziali della malattia, in soggetti che abbiano sintomi lievi ma che siano a rischio di un’evoluzione più seria dell’infiammazione. Appartengono a questa categoria, ad esempio, coloro che non rispondono bene all’immunizzazione e che quindi possono correre il rischio di aggravarsi con il Covid.

Efficace entro i primi 5 giorni di infezione

Il fattore tempo è importante: si tratta di un antivirale orale che deve essere assunto in caso di positività al Covid entro 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi. «Ancora meglio sarebbe se fosse assunto entro 2/3 giorni dalla comparsa dei primi sintomi, altrimenti si rischia che perda efficacia: in quanto antivirale, infatti, agisce evitando la replicazione del virus, quindi prima che l’infiammazione assuma connotati maggiori» spiega l’epidemiologo.

Come si prende

È un farmaco orale: il trattamento dura 5 giorni e consiste in 4 capsule (da 800 mg totali) da prendere due volte al giorno. «Il fatto che consista in pillole è un grande passo avanti rispetto alle somministrazioni ospedaliere, perché non necessità di un ricovero né della presenza di personale medico o infermieristico, come invece accade per esempio con i monoclonali, che rappresentano comunque una cura differente – spiega Ciccozzi – L’unico aspetto a cui prestare attenzione, però, è la tempistica: occorre stare attenti che la burocrazia non rallenti i tempi di somministrazione. Nel concreto, visto che deve essere prescritto dal medico e fornito da un presidio sanitario (una farmacia ospedaliera, una Asl o uno stesso ospedale), bisogna stare attenti a che questo non allunghi i tempi, andando oltre i primissimi giorni di malattia».

Chi lo fornisce

Come detto, a indicarne la prescrizione è il medico di medicina generale (cioè il medico di famiglia o di fiducia). La distribuzione, invece, è affidata alle Regioni. Come spiegato dalla Società italiana di Farmacologia (Sif), presumibilmente viene reso disponibile presso le farmacie ospedaliere, e in seguito lo si potrà ottenere anche in quelle autorizzate. Per il paziente non avrà alcun costo, anche se alcune Regioni potrebbe richiedere, come requisito, un tampone ed eventuale dimostrazione di fragilità.

Le precauzioni

Come chiarito da Aifa, inoltre, il suo utilizzo non è raccomandato in gravidanza e l’allattamento al seno «deve essere interrotto durante il trattamento e per 4 giorni dopo il trattamento». Naturalmente non è un’alternativa al vaccino, che invece serve a prevenire l’infezione o a ridurne la portata.
È anche differente rispetto ad altre cure, come quelle seguite finora a livello ospedaliero con gli anticorpi monoclonali.

La pillola anti-Covid e i monoclonali: che differenza c’è?

Entrambe sono cure alla malattia Covid, ma agiscono in modo differente. «I monoclonali sono un rinforzo al sistema immunitario. La pillola antivirale, invece, evita al virus di replicarsi» spiega Ciccozzi. Gli anticorpi monoclonali, anch’essi somministrati nelle fasi iniziali della malattia, agiscono quindi sulle difese immunitarie, mentre l’antivirale «confonde il virus», spiega Ciccozzi, e di fatto lo blocca, fermando la sua azione e anche la malattia.