Siamo un mondo di zombie. Non è forse vero che tutte le volte che ci s’incontra non ci si chiede più «Come stai?», ma ci si dice che siamo morti di stanchezza? Lavoriamo, facciamo la spesa, andiamo in palestra, usciamo a cena, lavoriamo ancora, andiamo al cinema, corriamo, mandiamo messaggini, lavoriamo ancora senza mai passare dal divano.
Il riposo che non ci prendiamo
Io sono il tipico esempio di workaholic, una drogata del lavoro. Mi è sempre piaciuto lavorare, ma forse ora un po’ meno. Sarà l’età (ormai sono 62), sarà che tutto è cambiato e richiede uno sforzo di adeguamento che non m’aspettavo, sarà la nuova velocità che i miei piedi non riconoscono, sarà un po’ tutto quel che succede intorno. Insomma, mi sembra arrivato il momento per riposarmi un po’.
Sono stata fortunata: in tutta la vita non ho mai dovuto lottare contro la pigrizia. L’ho sempre considerata un difetto. Persino da bambina mi tenevo sempre occupata. Quando mio marito chiese agli amici d’infanzia com’ero allora, quelli hanno risposto: indaffarata. E così sono: dormo poco, mi alzo prestissimo, leggo tutto quel che mi capita, faccio lavatrici, pedalo ogni mattina almeno un’ora, spolvero, pulisco, scrivo, mi sfondo di serie tv, mi tengo, appunto, sempre indaffarata.
Il diritto al pisolino: la lezione di Tricia Hersey
Per cui quando l’altro giorno ho ricevuto la segnalazione di Riposare è resistere, il libro di Tricia Hersey, l’ho subito cercato. Ed è stata un’illuminazione. Pensavo si trattasse del solito manuale per imparare a riposare. Cosa di cui, come dicevo, sento un bisogno impellente. Non so voi, ma io non lo so proprio fare. Non sono neanche una che ama fare corsi di meditazione, praticare yoga, seguire guru esistenziali. Invidio chi lo fa e riesce a stare meglio.
È la parola “resistere” che mi ha incuriosito. Ma andiamo per gradi: per prima cosa bisogna sapere chi è l’autrice. Tricia Hersey, 50 anni, statunitense, si definisce poeta, ma è anche saggista, scrittrice, teologa, artista, performer e, soprattutto, day dreamer, una che sogna a occhi aperti. E che insegna a farlo. In fondo, è la fondatrice di Nap Ministry, il ministero del sonnellino, associazione della quale si proclama sacerdotessa. Hersey è una leader del movimento Rest resistance (rest è il riposo in inglese, e suona benissimo, assomiglia proprio a resistere), che si batte per riconoscere l’importanza del riposo, capace, secondo lei, anche di ricongiungerci alle nostre forze ancestrali. Sappiamo tutti che ognuno di noi dovrebbe dormire 7-8 ore a notte. In Italia sono almeno 9 milioni le persone che denunciano disturbi del sonno e quasi il 50% soffre d’insonnia.
Il pisolino è sempre più un diritto
I giornali e Internet sono pieni di pagine cariche di consigli: rilassarsi, profumare l’ambiente, cambiare materasso, regolare la temperatura e isolare acusticamente la camera, pensare a qualcosa di piacevole, bere un bicchiere di latte caldo o una tisana, fare lunghe passeggiate, leggere poesie, imparare a respirare, automassaggiarsi, curare fiori e piante, tenere il telefono in un’altra stanza, godersi il silenzio…Quest’ultimo punto è stato addirittura argomento di uno dei temi di maturità quest’anno: sono partiti dai libri di Nicoletta Polla-Mattiot, che sostiene che il silenzio sia uno strumento di relazione e non di esclusione. Ed è una vera rivoluzione in questi anni di perenne rumore e connessione, di strumenti di tortura come cellulari, tablet, social.
Ma Riposare è resistere non insegna passo passo un percorso di rinascita, è piuttosto un manifesto politico entusiasmante. Tricia Hersey picchia duro sul fatto di essere una donna di colore, e che la sua stanchezza personale (il razzismo, la famiglia povera) parte da una fatica atavica, che è quella dei suoi antenati schiavi. Quindi nel suo caso è una specie di dote. Ma il discorso vale per tutti noi. L’atto del riposare è un diritto dell’umanità, è un bene dell’anima che non va sprecato. Viviamo, sostiene, in un mondo dove la grind culture (la cultura della fatica) è la linea guida per vivere bene, prosperare o anche solo sopravvivere. per vivere bene, prosperare o anche solo sopravvivere.
Il diritto al pisolino: per corpo e anima
E lei cosa dice? Che invece dobbiamo riposare, credere ciecamente nel riposo, perché è l’unica cosa che può riportarci al nostro io più profondo. Senza provare sensi di colpa. «Siamo in deficit di sonno perché il sistema ci considera delle macchine, ma i nostri corpi non sono macchine» scrive. «Riposare è un atto radicale, perché si oppone alla bugia secondo cui non stiamo facendo abbastanza… Non ci stiamo riposando per fare di più e rimetterci, più forti e produttivi di prima, a disposizione del sistema».
Insomma, non bisogna vergognarsi di schiacciare un sonnellino, di lasciarsi andare. Perché il sonno non è un privilegio, un lusso da guadagnarsi. E non bisogna aspettare di andare in burnout per meritarlo. Il sonno è un diritto, un atto di libertà. «Riposate, sognate, opponetevi, immaginate» sono le parole chiave del Nap Ministry. Bisogna dormire per svegliarsi.