Davide è un affermato avvocato di Torino di 53 anni. Da un paio di mesi in casa, chiusa in cassaforte, ha una pistola: «Ci ho impiegato un bel po’ per prenderla, in attesa del nulla osta della prefettura». Un passo obbligatorio per ottenere la licenza per difesa personale. «Sono sempre stato contrario alle armi, però abito in una piccola villa in periferia e circa un anno fa ho subìto un furto mentre ero in casa: da allora ho deciso di fare questo passo».
Storie come quella di Davide sono molto più comuni di quanto non si pensi. E danno corpo a paure a volte irrazionali ma sempre più diffuse e – come dimostrano anche i recenti casi di cronaca – difficili da gestire per chi impugna una pistola o un fucile in situazioni di pericolo senza essere abituato a farlo. «Non sono un supereroe e conosco bene i rischi di questa scelta» continua l’avvocato. «L’anno scorso ho fatto in tempo a chiudermi in camera e ad avvertire la polizia, non so nemmeno se i ladri fossero armati. Oggi mi comporterei esattamente allo stesso modo, ma sapere di poter reagire a un’eventuale minaccia mi fa stare più tranquillo».
Con la pandemia la corsa alle armi non si è arrestata. Anzi
La pandemia non ha frenato la corsa alle armi. Anzi, nel 2020 c’è stata un’accelerazione sui permessi per detenere pistole in casa. I numeri ufficiali della Polizia di Stato parlano di 1.286.247 licenze, con una crescita di quasi il 10% rispetto al 2019, anno in cui si era verificata una diminuzione complessiva.
Ma il dato che balza all’occhio è l’aumento delle licenze per tiro sportivo: sono 582.531 (dalle 548.470 del 2019). La questione, secondo alcuni, è legata alla sostanziale facilità con cui si ottiene una licenza: «Bastano alcune visite mediche e il pagamento di marche da bollo con istanza da presentare alla questura» conferma Davide. In caso di porto d’armi sportivo, la pistola o il fucile dovrebbero rimanere sottochiave e privi di pallottole, per poi venire trasportati e caricati solo al poligono.
Mentre le licenze per difesa personale, che consentono di girare armati, hanno tempi di risposta più lunghi e condizioni più stringenti (vedi sotto). «Ci sono poi le licenze di “nulla osta”, che permettono di tenere l’arma solo in casa e vengono rinnovate di mese in mese e per questo non vengono considerate nel numero totale: considerando anche queste, la cifra lieviterebbe ancora» spiegano dall’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa.
Quante armi circolano in Italia?
Il numero delle armi in circolazione in Italia, insomma, è più alto di quanto crediamo. E a possederle non sono solo presunti “sceriffi” ma anche professionisti affermati, famiglie, donne e uomini che percepiscono una maggiore necessità di protezione. Sono i nostri vicini di casa, i genitori della chat di classe, i titolari dei bar e negozi che frequentiamo ogni giorno. A tracciare il loro identikit è il Censis, con un report da cui emerge che «il 90,9% degli italiani adulti adotta almeno un sistema di sicurezza a difesa della propria abitazione».
Al di là di porte blindate e sistemi di allarme, «quelli che hanno in casa un’arma da fuoco sono il 9,6%». Un italiano su 10. Che però diventa 1 su 9 nei centri con meno di 100.000 abitanti e quasi 1 su 5 tra chi si definisce benestante. È il caso di Federico, 43 anni, ingegnere, che abita in provincia di Salerno e ormai da anni ha una licenza di tiro sportivo: «Solo perché è stato molto più facile ottenerla» ammette. «Al poligono sono stato giusto un paio di volte, ma ho una moglie e 2 figli, voglio sentirmi più sicuro in casa. Certo non porterei mai la pistola fuori da lì, dove rimane sempre chiusa a chiave in un cassetto. Non ho nessuna voglia di usarla, ma sapere di poter difendere la mia famiglia in caso di emergenza mi fa sentire più tranquillo».
Molti italiani si sentono insicuri
A giocare un ruolo determinante è l’insicurezza che tanti italiani avvertono. Nonostante nel 2020 in Italia siano stati denunciati 1.866.857 reati, con un calo del 18,9% rispetto all’anno precedente, per due terzi dei cittadini adulti la paura di subire una rapina è rimasta la stessa e, sempre secondo il Censis, per il 28,6% è cresciuta a distanza di un anno, quota che sale al 41,3% tra chi ha uno stato di salute precario. «Lo squilibrio è dovuto anche alla pandemia, che ha ingigantito l’isolamento, la paura dell’altro e quella della morte» spiega lo psichiatra Armando Piccinni, presidente della Fondazione BRF. «In altre parole il Covid-19 ha acuito il senso di precarietà esistenziale che tutti noi avvertiamo».
Chi sono i “panofobici”
Non a caso, sempre il Censis parla di “panofobici”, italiani che in casa e soprattutto fuori vivono uno stato di ansia e di paura costante. Sono oltre 6 milioni, con una prevalenza di donne e under 35: una platea finora meno interessata al porto d’armi, ma proprio per questo da tenere d’occhio. «Il problema» conclude Piccinni «è che questo tipo di effetti può durare a lungo. Riportare la gente negli spazi pubblici vuol dire anche innalzare i livelli di sicurezza percepita. Il possesso di armi è una risposta evidente a una probabile mancanza delle istituzioni e in uno scenario come questo può aumentare ancora, con tutti i rischi del caso».
Come si ottiene il porto d’armi
L’acquisto e la detenzione di armi da fuoco sono regolate dal Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Per entrare in possesso di un’arma basta ottenere un “nulla osta all’acquisto”, che può essere rilasciato solo a persone maggiorenni e ha validità di un mese: in questo caso l’arma deve restare in casa.
La licenza può essere di 3 tipi: per difesa personale, per caccia, per uso sportivo. Si ottiene facendo domanda alla Polizia o ai Carabinieri, allegando 2 documenti: un certificato di un medico legale, per dimostrare di essere in pieno possesso delle proprie facoltà mentali, e il certificato di idoneità al maneggio delle armi. Per la difesa personale è necessaria anche un’autorizzazione della prefettura.