Il telefonino a 10 anni, il video hard a 11, il sexting a 12. Sono le tappe dell’incontro col sesso dei nativi digitali, la prima generazione ad aver accesso illimitato e precoce alla pornografia su web, tv, computer, smartphone. Negli Stati Uniti il settimanale Time l’ha definita “Porn generation”: ragazzi ancora in età da cartoni animati ma già ossessionati dai filmini spinti a portata di touch, al punto da soffrire di una nuova sindrome chiamata pied (porn induces erectile disfunction), una disfunzione sessuale causata dal tempo eccessivo passato a eccitarsi con un film erotico. Da noi non si parla ancora di dipendenza, ma il fenomeno è studiato e l’allerta è alta, soprattutto per i nuovi dati diffusi dalla Polizia postale sui sextortion, i ricatti via web: le denunce sono passate da 400 a 1.700 nel giro degli ultimi 2 anni. E a essere conivolti sono sempre più adolescenti.  

Secondo una ricerca del network EuKids Online, il 14% bambini tra i 9 e i 16 anni in Europa dice di aver visto scene di tipo sessuale sul web. «Sappiamo che i nostri preadolescenti guardano o subiscono accidentalmente il porno» osserva Alberto Pellai, psicoterapeuta e ricercatore al dipartimento di Scienze biomediche dell’università degli Studi di Milano, dove si occupa di prevenzione in età evolutiva. Pellai è un “guru” in materia: ha affrontato il tema in un libro, Tutto troppo presto (DeAgostini), in cui spiega rischi e conseguenze della precocizzazione degli adolescenti di oggi. E tiene incontri nei teatri con 300 teenager che smettono di chattare su WhatsApp e rimangono due ore ad ascoltarlo. «Perché parlo loro di sessualità senza imbarazzo» dice. «I nativi digitali sono eccitati, confusi e diseducati. Il 95% di loro non riceve informazioni né a casa né a scuola, è pieno di dubbi ma non trova risposte così le cerca con un clic su Google».

I nostri figli, abituati a interrogare la Rete per tutto, vanno a caccia di tutorial sul sesso «ma già a 11 anni nei risultati di ricerca trovano solo il porno spinto, dove gli amplessi sono violenti e danno un’idea stereotipata dei ruoli: la donna sottomessa e sempre disponibile, l’uomo virilizzato al massimo, potente e brutale» dice Elena Buday, docente alla Scuola di formazione in psicoterapia dell’adolescente e del giovane adulto Arpad-Minotauro. «I ragazzi rimangono ipnotizzati dalle acrobazie erotiche, che poi pensano di dover mettere in pratica con i coetanei, e tutto avviene in modo frettoloso, senza affettività e delicatezza. Purtroppo non c’è da stupirsi: sono 30 anni che in Italia si cerca invano di introdurre l’educazione sessuale nelle scuole».

Di sesso nelle nostre classi non si parla mai, anche se nella riforma della Buona Scuola l’articolo 16 punta a “promuovere l’educazione alla parità, la prevenzione della violenza di genere e tutte le discriminazioni”. Siamo tra i 7 Paesi con la maglia nera in Europa, insieme a nazioni come Bulgaria, Cipro, Romania. E non abbiamo mai recepito gli standard fissati dall’Oms nel 2010, che obbligano a iniziare a parlare di sessualità ai bambini fin dall’asilo.

Il paradosso? Mentre a livello politico ci si anima solo sulla teoria del “gender”, con tanto di comitati che mettono al bando volumi considerati inappropriati alle elementari, l’unico a muoversi sul serio sembra essere Rocco Siffredi. Il pornodivo ha firmato una petizione sulla piattaforma Change.org appoggiata da 35.960 sostenitori in cui dichiara: «La pornografia dovrebbe essere intrattenimento, ma in mancanza di alternative è diventata uno strumento di apprendimento tra i giovani. Secondo voi è normale? I ragazzi hanno il diritto di ricevere una formazione su una delle cose più belle e importanti nella vita».

Se la scuola rimane silenziosa e imbarazzata, a casa non va diversamente. «Molti genitori delegano al parental control quell’azione di filtro che loro non fanno» avverte la psicoterapeuta Elena Buday. «Invece dovrebbero affiancare e aiutare i figli a decifrare il mondo che hanno desiderio di esplorare, soprattutto nella fascia 11-14 anni che corrisponde alla scuola media e al picco della pubertà».

Diseducati all’affettività, lasciati soli in un mondo senza bollini rossi che ignora i loro movimenti in Rete, i preadolescenti maschi usano il porno per apprendere le tecniche e le femmine utilizzano i social per corteggiare e fare “sexting”. Ovvero, inviano su Facebook e Snapchat immagini di sè nude o provocanti per sedurre i coetanei e guadagnare punti tra il gruppo di amici.

In una recente inchiesta del programma Presa diretta di RaiTre sui tabù del sesso (spostata dalla prima alla seconda serata per non offendere i giovani che, invece, avrebbero dovuto guardarla), un gruppo di ragazzi fuori da una scuola romana ammette senza problemi di avere nel cellulare centinaia di foto di amiche in pose pornografiche. «Narcise e ipersessualizzate, complici le star della musica che puntano la loro popolarità sull’erotismo, le ragazzine di oggi si trasformano in bambole tutte culo&tette per avere successo con i compagni, senza capire che così confermano l’idea che la donna “è quella che si dà”» avverte lo psicoterapeuta Alberto Pellai. E senza prevedere le possibili conseguenze: il passo dal sexting al cyberbullismo ai ricatti in rete purtroppo è brevissimo.

Ossessionate dal culto del corpo da star, molte teenager si offrono così come protagoniste delle fantasie dei giovani maschi. «Io le invito sempre a rivedere in modo critico i loro approcci, a dare valore alla loro femminilità a 360 gradi e a essere donne vere, non vere donne» dice Pellai, in libreria con il nuovo saggio Bulli e pupe (Feltrinelli). «Lo stesso consiglio che dò ai giovani assuefatti dal porno: non siate veri uomini, ma uomini veri, non misuratevi con modelli dei film hard dove tutto è enfatizzato, sia in fatto di misure che di prestazioni»

«La pornografia ha una parte fisiologica sana che i ragazzini ricercano perché l’eccitazione sessuale nella pubertà è al massimo e si alimenta con emozioni forti» continua l’esperto. «Ma queste immagini violente, se viste in età precoce, possono turbare: a 11 anni è lecito domandarsi se anche i genitori lo fanno così, e se con una ragazza si dovrà fare così. Abusare dei film porno per masturbarsi può portare a un’incapacità futura di provare piacere con una donna reale. Ci sono casi gravi, poi, in cui i bambini esposti al porno rimangono traumatizzati al punto da non pensare ad altro: è come se il cervello non riuscisse a elaborare le immagini scioccanti. E a volte serve un intervento clinico».