Era temuta, attesa, pressoché certa ed è arrivata: la Commissione europea ha chiesto per l’Italia la procedura di infrazione, dopo che la manovra finanziaria è stata bocciata nuovamente da Bruxelles. “Non è la prima volta, ma in questo caso è particolarmente grave perché non riguarda il deficit, ma il debito pubblico” spiega a Donna Moderna Marcello Messori, docente di Economia al Dipartimento di Scienze politiche dell’Università Luiss di Roma.
In passato sono state aperte procedure di infrazione per diversi motivi nei confronti di molti Stati membri: soltanto Svezia ed Estonia non l’hanno mai subita. Al momento è in corso una procedura nei confronti della Spagna, che si concluderà entro fine anno. È però la prima volta che viene chiesto di rivedere il documento programmatico di bilancio.
Ma in cosa consiste la procedura di infrazione e che effetti avrà?
Cos’è la procedura di infrazione
Se la Commissione europea individua possibili violazioni del diritto Ue, può “adire le vie legali”, dunque deferire il caso alla Corte di Giustizia che, se lo ritiene, può imporre sanzioni pecuniarie, ossia multe. È quanto potrebbe accadere anche all’Italia, per la quale Bruxelles ritiene che la manovra economica non rispetti i parametri decisi a livello comunitario. “Per la prima volta la Commissione è obbligata a richiedere a un Paese dell’area euro di rivedere il suo documento programmatico di bilancio. Non vediamo alternativa” ha spiegato il vicepresidente della Commissione e responsabile dell’Euro, Vladis Dombrovskys.
Ma a preoccupare non è tanto (o solo) il 2,9% di deficit deciso dal nostro Governo (dunque la prospettiva di spendere più di quanto non si preveda di incassare nell’immediato), quanto le politiche di riduzione del debito pubblico.
A pesare c’è sicuramente anche l’aspetto del 2,9% di deficit (rispetto all’1,6% suggerito dall’Ue o al 2,4%, cifra entro la quale ci sdarebbe stata forse tolleranza), ma “soprattutto la decisione della Commissione, che ha chiesto l’apertura della procedura di infrazione al Consiglio europeo, è dettata dal fatto che questa manovra non segue la strada di quelle varate dai precedenti esecutivi, che andavano nella direzione di un aggiustamento del debito. Al momento quello italiano si attesta intorno al 131/132%, una cifra che deve essere ridotta. In pratica nella manovra non si prevede un equilibrio del bilancio pubblico con interventi strutturali, dunque il problema è ben più grave” spiega il professore: “Noi dovremmo avvicinarci a questo obiettivo, indicato dall’Ue, come era già stato fatto dai precedenti Governi. La bozza della manovra, invece, se ne allontana”.
Per questo la Commissione ha chiesto la procedura sia per deficit eccessivo che per violazione della regola del debito che, se confermata dal Consiglio europeo, avrà conseguenze pesanti per il nostro Paese.
Cosa succederà adesso
La procedura di infrazione potrà essere aperta realmente solo nella primavera del 2019, quando l’Ue chiederà il rientro dal disavanzo eccessivo al nostro Governo. Contemporaneamente indicherà delle scadenze temporali da rispettare. Il percorso potrebbe durare un paio di anni e, in caso di mancato rispetto delle indicazioni europee, potrebbe avere come conseguenza l’applicazione di sanzioni economiche per il nostro Paese.
Ma è fin da subito che scatteranno i primi passi. Il Presidente del Consiglio, Conte, ha chiesto più tempo: “In realtà il tempo c’è, perché il primo Consiglio Ue, che è chiamato a deliberare sulla procedura, si riunirà intorno al 20 gennaio con l’Ecofin. Fino ad allora il Governo potrà però intervenire sulla bozza di manovra, che deve essere approvata entro dicembre 2018. Nel frattempo la Commissione specificherà gli aggiustamenti che l’Italia dovrà portare al testo stesso in vista dell’apertura formale della procedura” spiega Messori. Si prevede che Bruxelles termini i rilievi entro dicembre: “Un Governo responsabile, dunque, potrebbe fare in tempo a modificare la legge di bilancio in modo serio e non con semplici interventi di maquillage” aggiunge il docente.
Le conseguenze immediate, anche per i cittadini
Le sanzioni, se dovessero arrivare “non sono così preoccupanti” (dallo 0,2 allo 0,5% del Pil, all’incirca dai 4 ai 9 miliardi di euro).
In caso di mancato adeguamento sono previste sanzioni economiche, dunque multe, fino a 9 miliardi di euro, oltre al congelamento dei fondi strutturali necessari a favorire la crescita economica e occupazionale. È previsto anche lo stop ai prestiti concessi dalla Banca europea degli investimenti.
“Le sanzioni, se dovessero arrivare, non sarebbero però l’aspetto più preoccupante: molto più gravi sarebbero gli interventi richiesti dalla Commissione per l’aggiustamento della manovra, che peserebbero per 20 miliardi di euro per il 2019. È una cifra considerevole, che significherebbe rinunciare a molti punti qualificanti del contratto di Governo. Da qui nasce una forte incertezza” spiega l’esperto della Luiss.
Le conseguenze pratiche
“Se il Governo dovesse cercare di non adeguarsi all’aggiustamento proposto dalla Commissione, lo scontro diventerebbe esplicito, ci sarebbe la reazione degli investitori e un conseguente isolamento dell’Italia in Europa, maggiore rispetto a quello attuale. È facile prevedere che chi ha investito finora nei titoli italiani si allontanerebbe: diminuirebbe la domanda e aumenterebbe ulteriormente lo spread” spiega il professore Messori.
La conseguenza più immediata per i cittadini, come sta già avvenendo da qualche settimana, è una variazione nei tassi dei nuovi mutui nuovi. Potrebbero peggiorare anche quelli già in essere a tasso variabile. Per le imprese, invece, si profila una stretta nella concessione di prestiti per gli investimenti, che aprirebbe la strada a una nuova stagnazione.
Per lo Stato, infine, questo si tradurrebbe in un aumento del debito pubblico: già nelle scorse settimane, non appena presentata la manovra, si è assistito a un aumento degli interessi garantiti dallo Stato sui propri titoli a brevissimo termine, passati dallo 0,436 (settembre) allo 0,949 (ottobre). Secondo alcuni calcoli, per prendere in prestito sei miliardi di euro, sono stati spesi 31 milioni di euro in più, dati dall’aumento degli interessi (57 milioni di euro). Tutto denaro uscito dalle casse statali e che in qualche modo deve essere recuperato.
Lo spauracchio della Grecia
“Non è la prima volta che si apre una procedura di infrazione nei confronti di un Paese europeo. Anche la Francia ne ha una in corso, così come è capitato alla stessa Italia. Noi siamo usciti da quella precedente con il Governo Letta, ma si trattava di deficit, come per Parigi, a cui sono richiesti aggiustamenti non così rilevanti” spiega Messori, che aggiunge: “Non si è mai arrivati a sanzioni, perché i Paesi oggetto di infrazione hanno provveduto prima. L’unico caso in cui uno Stato membro si è contrapposto alle indicazioni della Commissione è stato la Grecia nel 2015, ma la situazione era diversa: Atene arrivava da un programma di aiuto europeo, perché aveva già perso la capacità di risanare il proprio debito. Quel percorso, iniziato nel 2010, aveva una scadenza nel 2015 e bisognava ridefinire un nuovo programma, ma Tsipras rifiutò la proposta europea, perché era richiesto un forte aggiustamento. Si arrivò al limite della rottura, finché Tsipras decise di accettare le condizioni europee e nel 2018 la Grecia è uscita dal programma di aiuto. Noi non siamo in questa condizione, ma vi eravamo molto vicini a cavallo tra il 2011 e il 2012. Quello che si teme è che lo scenario del 2019, in caso di braccio di ferro, sia proprio analogo a quello greco” conclude Messori.
Perché esiste la procedura di infrazione
L’Unione europea si basa sulla condivisione di regole comuni a tutti gli Stati. A prescindere dalle singole situazioni economiche, il presupposto è che le scelte di ogni membro non danneggino gli altri. La procedura di infrazione è stata prevista durante la stesura dei Trattati di Maastricht del 1992, che indicano chi debba monitorare i bilanci dei Paesi membri, quali siano i parametri da rispettare e con che strumenti si possa intervenire nel caso in cui uno Stato si indebiti eccessivamente o non metta a bilancio più spese rispetto a quante ne possa sostenere. È il caso dell’Italia, il cui debito al 2,9%, indicato nella manovra, è ritenuto troppo elevato e potenzialmente dannoso anche gli altri Stati.