Chi naviga in rete non potrà non essersi accorto di una certa tendenza a rispolverare prodotti cult degli anni 90, come giochi, musica e prodotti iconici, dal Game Boy al Tamagotchi, dai cd alle macchine fotografiche Polaroid, che stanno rivivendo una nuova popolarità. Non mancano poi oggetti iconici e musica: l’annuncio della reunion degli Oasis è stata accompagnata dal sold out immediato dei biglietti del prossimo tour, ma molto interesse ha suscitato anche la serie tv Sky Original Hanno ucciso l’uomo ragno – La leggendaria storia degli 883. Insomma, l’operazione nostalgia sembra non risparmiare nulla e nessuno, soprattutto i Millennials.
Tutti pazzi per i prodotti cult degli anni 90
Proprio mentre la tecnologia offre quasi ogni giorno una novità (basti pensare agli impieghi dell’AI, l’intelligenza artificiale) da qualche tempo aumentano coloro che vanno controcorrente e guardano al passato, in particolare agli anni 90. Il mercato, in questo senso, offre terreno fertile, ma anche una conferma. Sulla piattaforma di second hand Wallapop, per esempio, sono aumentate le ricerche di oggetti iconici di 30 anni fa: oltre ai citati Game boy e Tamagotchi, gli utenti cercano CD e lettori CD (+148% in un anno). Tra gli artisti che si sono riscoperti spiccano Iron Maiden, Michael Jackson e Pink Floyd, senza contare gli Oasis, per i quali è caccia a t-shirt, vinili e compact disc (+216% in un giorno).
È il momento degli anni 90
«Il fenomeno del ritorno agli anni 90 è più che una semplice tendenza, rappresenta un vero desiderio collettivo di tornare a un’epoca di spensierata gioventù e una scoperta per le nuove generazioni», commenta Chiara Mazza, Senior PR Specialist Italy di Wallapop. Ma dietro quello che sembra solo un desiderio di recupero di oggetti e prodotti, ci sono anche ragioni di marketing. «Partiamo da una considerazione: abbiamo vissuto 40 anni, dal 1980 al 2020, con l’eco degli anni 80, nelle mode, nelle serie tv e nell’immaginario. Ora – finalmente – è arrivato il momento di superarli per dedicarsi agli anni 90», spiega Roberta Paltrinieri, docente di Sociologia dei Consumi all’Università di Bologna.
Chi cerca e acquista i prodotti cult degli anni 90
«Gli anni 90 tornano in auge oggi per questioni di moda, che ha una tipica ciclicità nell’utilizzo della memoria. Si parla di vintage, ma riguarda molti ambiti e si traduce nel recupero di sonorità e abbigliamento di un tempo, di stili culturali e anche linguistici – osserva la sociologa – I destinatari sono soprattutto coloro che negli anni 90 avevano 20 anni, quindi che oggi si affacciano ai 50. Quello a cui assistiamo adesso è un percorso di riconoscibilità che li rende gli acquirenti perfetti. Ma non unici».
La tendenza anche tra i giovani: perché?
Non solo adulti della Generazione X, dunque, quindi nati tra il 1964 e il 1979, ma anche i più giovani sono consumatori di prodotti vintage degli anni 90. «Per loro quel periodo è una novità. Se un 50enne di oggi può nutrire nostalgia verso gli anni 90, per un ragazzo della Generazione Z si tratta di scoprire un’epoca tramite i suoi oggetti “di culto” o rituali o musica. Essendo una realtà che non hanno conosciuto, questa tendenza li rende dei consumatori ideali – spiega Paltrinieri – Questa operazione funziona molto bene su entrambe le fasce di età, da un punto di vista dei mass media. Basti pensare alle serie tv, alle ambientazioni, ai costumi e al modo di comunicare di quegli anni che tornano, per definire una nuova ondata di giovanilismo».
Rendere desiderabile il passato: una legge del marketing
Il fascino del passato non è una novità di per sé, dunque. C’è sempre stato, ma oggi ha una spinta maggiore grazie al fatto che «viviamo in una società orientata al consumismo e iperconsumismo. Il mercato ha due obiettivi: da un lato innova, dall’altro lavora sulla nostalgia. La tecnologia ci spinge verso il futuro, ci propone prodotti sempre più innovativi come gli smartphone di ultima generazione, sempre più perfetti e con funzioni nuove (per esempio, lo slow motion come al cinema); dall’altro, però, ripropone il lettore CD perché gioca su passato e futuro che si incrociano con l’unico scopo di far consumare. Considera rapidamente obsolescente un prodotto, mentre ne rende desiderabile un altro, ripescandolo dal passato», sottolinea la sociologa.
Perché un oggetto del passato ci rende felici
Se internet è un mezzo utilizzato da tutti, anche il teatro sta proponendo prodotti che si richiamano al passato, come Flashdance Il Musical, che vede Enzo Paolo Turchi come regista e coreografo, nel riproporre la storia di Alex, la ballerina-operaia che fece sognare negli anni 80 con l’omonimo film vincitore di un Oscar. «Tutto concorre a riportarci a un’età che, retoricamente, potremmo considerare la più bella, quella dei 20 anni, segnata da una leggerezza che poi si perde in età adulta. O si dovrebbe perdere, perché in realtà sono in molti oggi a non essere usciti dalla fase adolescenziale», commenta l’esperta.
Un’adolescenza prolungata nel tempo
«Sappiamo bene che la memoria individuale è selettiva: si tende a dimenticare ciò che è stato meno piacevole nel passato, magari i problemi e i tormenti di quando si era adolescenti, per ricordare solo quelle situazioni più piacevoli. Il fatto di ritrovare alcuni prodotti del passato non fa altro che sostenere questi processi di adolescentizzazione, di prolungamento dell’età adolescenziale anche in adultità. Ritrovare gli stessi stili e codici comunicativi, la moda e gli oggetti del passato dà un senso di comfort», osserva Paltrinieri, che sottolinea le differenze rispetto a quello stesso senso di nostalgia che le generazioni precedenti potevano provare verso il proprio passato.
Un nuovo “effetto nostalgia”
È sempre capitato che si ritenesse che la propria infanzia e adolescenza fossero “migliori” rispetto a quelle dei giovani contemporanei, ma oggi c’è una differenza sostanziale: «Le generazioni precedenti non vivevano in una società così orientata al consumo. Oggi il mercato chiede di rinnovarsi continuamente – sottolinea la sociologa – Questa nostalgia, quindi, non è un’operazione che nasce dal basso, da un’esigenza individuale o di un gruppo auto-organizzato di persone che si chiamano fuori dalle tendenze contemporanee: al contrario è proprio il mercato che lavora sul tema della nostalgia per creare nuove nicchie di consumo, suscitando emozioni e sentimenti forti, legati proprio alla nostalgia».
Epoche diverse, messaggi differenti
«Anche gli anni 70 sono stati oggetto di culto per lungo tempo, come gli anni 80. Ma erano portatori di messaggi molto differenti. Gli anni 70 rappresentavano nell’immaginario l’idea della rivoluzione e contestazione; gli anni 80 quelli dell’assoluto disimpegno. I 90 sono invece quelli dell’individualismo, che connota anche la nostra società oggi. Basta rileggere i testi di canzoni come Nevermind dei Nirvana, che parla di un mondo dove non c’è più la collettività a dare un senso di protezione –cConclude la sociologa – Oggi c’è una forte consapevolezza di essere soli, come negli anni 90, ma che in più si unisce alla retorica della globalizzazione e della drammaticità della guerra».