Le atlete italiane saranno finalmente professioniste. Lo stabilisce la Commissione Bilancio al Senato, che lo scorso mercoledì 11 dicembre ha approvato un emendamento alla manovra che agevola società e federazioni al passaggio al professionismo delle donne sportive, equiparandole ai colleghi maschi. È una notizia importante, che segna la fine di un’assurda distizione di genere che non aveva nessun motivo di sussistere.
Finalmente per le nostre atlete lo sport che praticano, e in cui ottengono successi che portano lustro al nostro Paese, sarà un lavoro vero e proprio. Nello specifico, le società e le federazioni potranno usufruire di un incentivo, da gennaio 2020 e fino al 2022, per stipulare con le atlete contratti di lavoro sportivo, vale a dire l’esonero del versamento del 100 per cento dei contributi previdenziali e assistenziali entro il limite massimo di 8mila euro di su base annua. Società e federazioni non potranno quindi più addurre la scusa della mancanza di fondi visto che, come spiega Il Sole 24 Ore, «i contributi saranno al 100% a carico dello Stato, cosa che paradossalmente potrebbe facilitare il passaggio a professioniste ad atlete di federazioni che ad oggi non riconoscono il professionismo neanche per gli uomini. In Italia, infatti, sono solo quattro le Federazioni Sportive Nazionali – e più precisamente Calcio, Basket, Golf, Ciclismo – hanno riconosciuto al proprio interno il professionismo, per altro solo per certi livelli (ad esempio nella FIGC solo chi è tesserato per le Leghe di Serie A, B e Pro)».
Quando abbiamo iniziato la nostra serie Atlete – che nel tempo è diventata anche un podcast – volevamo mettere in evidenza la condizione di disparità in cui vivevano le sportive italiane, che a causa di una vecchia norma, la 91 del 1981, non potevano accedere al professionismo. Non è un Paese per sportive, aveva scritto il nostro Gianlunca Ferraris: atlete che avevano collezionato campionati, medaglie olimpiche, primati e successi internazionali ma che, di fronte alla legge italiana, rimanevano dilettanti. Incredibile a pensarsi. Solo per fare qualche esempio: le azzurre della pallavolo, del nuoto, dell’atletica leggera, del basket, della ginnastica artistica, della scherma, del ciclismo, per le quali abbiamo tifato e che ci hanno regalato moltissime vittorie e soddisfazioni, tutte dilettanti. La norma era pensata infatti per regolare i rapporti di lavoro in ambito sportivo, ma lasciava alle federazioni la possibilità di scegliere se aprire le porte al professionismo in base alle direttive del Coni, il Comitato olimpico: direttive che si sono concretizzate solo ieri. Meglio tardi che mai.