Ospedale, si cambia. Almeno sulla carta. Niente più code e attese estenuanti nella sala d’accesso dei Pronto Soccorso. Sono in arrivo novità che, nelle intenzioni del Ministero della Salute e delle Regioni, hanno l’obiettivo di snellire le pratiche nei soccorsi d’urgenza, rendendo più efficienti gli interventi. Tra queste c’è l’introduzione di codici numerici, da 1 a 5, che si affiancheranno a quelli a colori (dal verde al rosso a seconda della gravità). Nel testo si prevede anche un tempo di attesa massimo di 4 ore e non più di 8 per l’uscita dal Pronto Soccorso dopo il trattamento. Ecco le principali novità.
Codici a semaforo e numeri
Con il via libera definitivo da parte della Conferenza Stato-Regioni, attesa per giovedì 1 agosto, il testo approvato dal Ministero della Salute diventerà legge. Tra le modifiche, chieste dalle Regioni e che hanno ottenuto il via libera del dicastero, c’è la doppia classificazione delle urgenze nei soccorsi. Almeno in una prima fase, infatti, ai colori ai affiancheranno i numeri, da 1 a 5, che prevedono non solo le priorità di intervento, ma anche il tempo di attesa entro cui medici e infermieri dovranno prendere in carico il paziente. Con il Codice 1, ad esempio, si indica un’emergenza (pericolo di vita) con intervento immediato. Con il Codice 2 si rientra ancora nell’ambito dell’urgenza, ma con tempo di attesa fino a 15 minuti, con il 3 si può arrivare a un’ora, con il 4 a due ore, mentre con il 5 non si dovrà comunque attendere più di 240 minuti, ossia 4 ore. Non dovranno poi passare più di 8 ore perché il paziente esca dal Pronto Soccorso dopo il trattamento: “Sono indicazioni in linea con quelle internazionali e delle principali società scientifiche, ma si scontrano con la realtà, come la carenza strutturale di posti letto” spiega Sandro Petrolati, coordinatore della Commissione Emergenza dell’ANAAO ASSOMED.
Arriva il “Bed Manager” ma mancano i posti letto
Per risolvere il cronico problema dei posti letto il testo prevede di istituzionalizzare la figura del “Bed Manager”, che si occupa di gestire le disponibilità garantendo un turn over tra ricoveri e dimissioni. Al momento ogni ospedale ha una propria organizzazione, mentre la legge vorrebbe che si mettesse a punto un regolamento vero e proprio. Previsto anche un monitoraggio costante della durata della degenza dei pazienti, con particolare attenzione alle cosiddette “dimissioni difficili” di soggetti anziani fragili e socialmente problematici. Si punta quindi ad avere una contabilità dei posti letto, tenendo conto delle possibili esigenze e urgenze che arrivano dai Pronto Soccorso. “I Bed Manager sono già presenti in molte realtà e spesso con risultati eccellenti, ma il problema è che nessuno può fare miracoli se mancano le strutture: il nostro Sistema Sanitario nazionale prevede che siano garantiti 3 posti letto ogni mille abitanti, contro i 6 della Francia e i 7 della Germania. Siamo molto al di sotto degli standard, specie in grandi città come Roma, Milano o Torino, dove la carenza è percepita in maniera grave. Solo nel Regno Unito c’è una situazione analoga, con la differenza che gli inglesi sono molto disciplinati e si verificano meno proteste nei Pronto Soccorso per le lunghe attese” spiega ancora Petrolati.
Infermieri che curano e corsie preferenziali per i bambini
Con il “See and Treat” si intende snellire gli interventi per le urgenze minori, ad esempio nel caso di problemi clinici già definiti. In pratica si prevede l’intervento di infermieri che, seguendo specifici protocolli e dietro autorizzazione preventiva, possano somministrare farmaci o cure in modo autonomo. “È giusto, ma occorre una formazione adeguata e uniforme del personale, che oggi non esiste. Purtroppo abbiamo 20 sistemi sanitari differenti, con alcune punte di eccellenza e altre più carenti” commenta l’esperto.
Per i bambini è previsto il rafforzamento dei Pronto Soccorso pediatrici, con interventi in base a specifiche scale di dolore per fasce d’età. Tra le indicazioni delle linee guida ci sono anche attività per ridurre il sovraffollamento dei Pronto Soccorso, ad esempio indirizzando i pazienti alla rete di servizi socio-sanitari più opportuna sul territorio, o una razionalizzazione dei carichi di lavoro, un adeguamento delle risorse e una maggiore flessibilità degli organici “nei periodi di prevedibile iperafflusso”.
Mancano i medici di medicina d’urgenza
Dopo l’ultimo via libera da parte della Conferenza Stato-Regioni, la legge dovrà diventare realtà “ entro 18 mesi dalla pubblicazione del presente documento”, come si legge nel testo. Ma si dovranno anche fare i conti con le carenze di strutture e personale, a causa del turn over bloccato per anni. “Ora che sono stati riaperti i concorsi, mancano comunque specialisti in numero adeguato. Basti pensare che per la sola medicina d’urgenza, quella dei Pronto Soccorso, sono previsti solo 240/250 posti all’anno a fronte di un’esigenza di 1.700/1.800 specialisti. La conseguenza è che alcuni ospedali stanno facendo ricorso a cooperative che forniscono i medici su chiamata, come se si trattasse di un servizio di pulizie, di catering o sicurezza. Questi medici non sono dipendenti dell’ospedale e non rispondono al primario. D’altra parte alcuni concorsi per medicina d’urgenza vanno anche deserti, perché c’è poco appeal: ci sono turni e guardie che lasciano poco spazio, anche volendo, alla libera professione, e anche l’incentivo previsto dal nuovo contratto, riconosciuto per la prima volta, è davvero irrisorio. Quello che sarebbe il lavoro più eroico per un medico, salvare vite in emergenza, diventa mortificante” conclude Petrolati.