Si celebra il 19 ottobre il BRA Day, ossia la Giornata internazionale per la consapevolezza della ricostruzione mammaria. Un appuntamento importante per fare il punto sulla situazione anche in Italia.
Appuntamento online al BRA Day
La Giornata internazionale per la consapevolezza della ricostruzione mammaria, dunque, vedrà in contemporanea il BRA Day SICPRE 2022, con il titolo “La protagonista sei tu” , che avrà luogo il 19 ottobre dalle 10.30 alle 13.30 dalla sede di Padova, collegando tutti i centri di senologia che partecipano all’iniziativa, da Torino a Palermo, da Genova a Bologna e Roma.
Il link per l’iscrizione all’evento è https://www.sicpre.it/bra-day-2022-la-protagonista-sei-tu/
Protesi al seno: ancora poche le donne che accettano la ricostruzione
In base ai dati del Ministero della Salute, sono circa 55.000 le protesi mammarie vendute in media ogni anno (dati 2011-2021). Il 63% ha finalità estetiche, mentre nel 37% dei casi si tratta di interventi ricostruttivi dopo l’asportazione del seno per una malattia oncologica. Si stima che ogni anno circa 42mila pazienti ricevano un impianto. Di fronte a questi numeri, diventa sempre più importante ricorrere a interventi personalizzati e mirati, come confermano gli esperti della SICPRE, la Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva-rigenerativa ed Estetica, l’unica società di chirurgia plastica riconosciuta dal Ministero della Salute. «Oggi le donne sono più consapevoli, sono crollati tanti tabù» spiega il dottor Carlo Magliocca, coordinatore del BRA Day SICPRE 2022 e presidente del 71° Congresso Nazionale SICPRE. «Non ci sono preclusioni culturali verso la ricostruzione mammaria, anche se sicuramente l’intervento è meno considerato e meno eseguito al Sud, per un elemento squisitamente culturale. Anche da questo nasce l’esigenza del BRA Day, per aumentare ovunque l’informazione e la sensibilizzazione verso questo tipo di intervento».
Quali interventi di protesi al seno sono disponibili oggi
Al di là degli interventi con finalità estetica, sono quelli di ricostruzione dopo un tumore al seno sui quali ci si focalizza, partendo dal dato che questa patologia oncologica è la più frequente tra le donne, con un’incidenza di 1 caso su 9 nel corso della vita. Come ricorda la SICPRE, l’intervento di ricostruzione mammaria è a carico del Servizio Sanitario Nazionale, ma ancora oggi è un intervento poco richiesto dalle donne, nonostante possa permettere di superare la fase della malattia e tornare a una normalità. Ma quali sono gli interventi disponibili oggi? «Non esiste un intervento chirurgico ‘standard’, cioè un intervento indicato per tutte le ricostruzioni. Questo è l’aspetto da tenere a mente sempre. Ogni tumore della mammella è diverso da un altro, ogni donna è diversa e il chirurgo plastico (cioè chi fa la ricostruzione) e il chirurgo senologo (cioè il medico che esegue l’intervento demolitivo) devono, di concerto, programmare l’intervento chirurgico più adatto alla singola paziente. Oggi tutto questo – e molto di più – avviene nelle Breast Unit, unità multidisciplinari per la diagnosi e cura del tumore al seno dove sono contemporaneamente al lavoro oncologi, istologi, radioterapisti, radiologi e psicologi che, insieme al chirurgo senologo e al chirurgo plastico, si riuniscono prima dell’intervento e stabiliscono quale potrebbe essere il percorso idoneo sia per la cura della malattia che per l’ottimizzazione del risultato estetico» spiega Magliocca.
Protesi mammarie e protesi autologhe: differenze e indicazioni
Grazie ai continui progressi della chirurgia, gli interventi di ricostruzione possono avvenire durante l’intervento di rimozione del tumore, detto demolitivo, oppure in un secondo momento. I risultati estetici sono mediamente molto buoni, ma la scelta sul tipo di intervento può dipendere da alcuni fattori. «Sostanzialmente, nel caso di una mastectomia (cioè asportazione totale della mammella, lasciando o no i tessuti di rivestimento, a seconda dei casi), ci sono due tipi di ricostruzione della mammella. Una ricostruzione con protesi mammarie e una ricostruzione cosiddetta autologa, dove vengono utilizzati tessuti prelevati dalla stessa paziente, come la cute della regione addominale o quella del dorso o dell’interno della coscia.
Come sono oggi le protesi mammarie
Per quanto riguarda le protesi mammarie la ricerca ha fatto passi da gigante e ci fornisce protesi mammarie altamente performanti e sicure. «Le protesi mammarie oggi sul mercato sono dello stesso materiale di quelle commercializzate negli anni ’80 e ’90, il silicone, ma a differenza di quelle del passato sono in silicone coesivo, un po’ meno elastico ma in grado di conservare una forma più stabile, con un involucro esterno costituito da molti e diversi strati di silicone che ne permettono l’effetto barriera» prosegue l’esperto. «In caso di rottura della protesi, di conseguenza, il materiale non esce dalla protesi stessa. Anche per la ricostruzione autologa sono avvenuti importanti progressi, grazie allo sviluppo della microchirurgia: questa permette di trasferire i tessuti utili per la ricostruzione effettuando anastomosi (cioè collegamenti) molto precise tra i vasi sanguigni della sede ricevente e dei tessuti trasferiti, senza la necessità di dover utilizzare i muscoli sottostanti la cute. L’intervento, di conseguenza, è meno traumatico e di conseguenza il reinserimento nella vita sociale e lavorativa è più rapido» conferma Magliocca.
Le nuove tecniche: cos’è l’espansore cutaneo
Come chiarito, la ricostruzione della mammella è, generalmente, sincrona alla mastectomia, ossia si effettua immediatamente al termine dell’intervento oncologico, nello stesso intervento chirurgico. «Qualche volta però – avverte il presidente della SICPRE – non è possibile posizionare subito una protesi mammaria, o perché i tessuti non sono adatti o perché si sospetta che dopo il trattamento chirurgico la paziente debba eseguire una terapia oncologica importante, e soprattutto una radioterapia che “impoverisce” i tessuti locali, aumentando il rischio di incorrere in complicanze. In questi casi il chirurgo posiziona un espansore cutaneo, ossia un palloncino vuoto, sempre costituito da silicone, che viene progressivamente riempito di soluzione fisiologica dopo la completa cicatrizzazione della ferita. Questo palloncino, gonfiandosi, permette la rigenerazione della cute asportata durante la mastectomia, un po’ come succede in gravidanza quando il feto cresce e l’addome aumenta di volume. In questo caso la ricostruzione necessita di un po’ più di tempo per essere ultimata perché è necessario gonfiare questo espansore, generalmente tre o quattro mesi e dopo sostituirlo con la protesi».
Le criticità: tumore più aggressivo, diabete e fumo
Il dottor Carlo Migliocca non nasconde alcune criticità: «Alcuni tipi di tumore sono un po’ più aggressivi ed è necessario eseguire una chemioterapia o una radioterapia. Nel caso della radioterapia molte volte è più prudente posizionare un espansore cutaneo piuttosto che una protesi mammaria, e questo come detto allunga i tempi della ricostruzione. Ma un’altra criticità importante può essere data dal fatto che tutte le protesi mammarie con il tempo vanno incontro a usura e possono rompersi. Dovrebbero essere sostituite in un arco temporale compreso tra i 10 e i 12 anni. Questo vuol dire che la paziente dovrà ripetere l’intervento per cambiare la protesi mammaria».
Quando cambiare la protesi e i controlli da fare
Questo può accadere, comunque, sia per la chirurgia ricostruttiva sia per la chirurgia estetica perché le protesi utilizzate sono le stesse. «È importante, trascorsi i 10 anni, eseguire una risonanza magnetica ogni due anni per valutare lo stato delle protesi» chiarisce l’esperto, che prosegue: «Altre criticità possono essere dovute alle condizioni cliniche della paziente, a eventuali malattie concomitanti come il diabete, le patologie vascolari e soprattutto il fumo che, provocando un danno vascolare ai tessuti, può influenzare la guarigione dei tessuti stessi».
Meno tabù, più consapevolezza
Rispetto a qualche anno fa, però, oltre ai progressi nella medicina è cambiata la consapevolezza delle donne: «Oggi le donne sono più consapevoli, sono crollati tanti tabù» ripete l’esperto, che non nasconde qualche criticità maggiore nelle regioni del Sud Italia, pur sottolineando i progressi nelle tecniche, che dovrebbero rassicurare tutte le donne: «La chirurgia è cambiata perché sono cambiate le possibilità e i tempi della diagnosi. Ovunque la sanità italiana, dopo i 40 anni, permette lo screening mammografico ed ecografico per la prevenzione dei tumori della mammella. I mammografi di oggi sono strumenti altamente perfezionati. Questo permette una diagnosi precoce della malattia. Si possono individuare e trattare tumori di piccolissime dimensioni. Questo vuol dire un altissimo tasso di guarigione. La diagnosi precoce permette un intervento limitato sulla mammella, la cosiddetta quadrantectomia, che vuol dire rimuovere il tumore con pochissima ghiandola mammaria contigua, conservando la mammella. L’affinamento di questa tecnica permette ai chirurghi senologi, affiancati sempre dal chirurgo plastico, di poter ottenere un ottimo risultato chirurgico insieme a un ottimo risultato estetico. La prevenzione e la consapevolezza sono le armi vincenti contro questa malattia».